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Fed, vincono le colombe: rinviato il rialzo dei tassi. E…

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Fed, vincono le colombe: rinviato il rialzo dei tassi. E l’euro vola

Il rialzo tanto atteso non è arrivato. La Federal Reserve ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro al minimo storico dello 0-0,25 per cento. I Fed Funds, i tassi di riferimento fissati dalla Banca centrale americana, sono inchiodati a questo livello da oltre sei anni. L’ultimo rialzo dei tassi risale al 29 giugno 2006, quando il costo del denaro fu portato dal 5 al 5,25%: sembra un’altra era geologica.

Il Fomc, il Comitato che decide sulla politica monetaria, precisa nel comunicato che «sarà appropriato alzare i tassi quando si saranno visti ulteriori progressi nel mercato del lavoro e quando l’inflazione sarà tornata verso il suo obiettivo di medio termine del 2%». Una formula già usata nei mesi scorsi per lasciare intendere che la Fed non ha fretta di alzare il costo del denaro. Le prospettive economiche, afferma il comunicato, sono «bilanciate» ma il Comitato «sta monitorando gli sviluppi all’estero», un chiaro riferimento ai timori di rallentamento dell’economia mondiale e in particolare dei Paesi emergenti.

La decisione è stata presa a larghissima maggioranza, con 9 voti a favore e solo uno contrario: quello di Jeffrey M. Lacker, che avrebbe preferito alzare il costo del denaro di 25 punti base. Prima di oggi, per cinque volte di fila le riunioni della Fed avevano visto tutti d'accordo. Le colombe, guidate dalla presidente Janet Yellen, hanno comunque vinto nettamente.

Immediata la reazione del mercato dei cambi, con l’euro che ha toccato quota 1,14 sul dollaro, in rialzo di oltre un punto percentuale. Sull’obbligazionario, tornano gli acquisti sui titoli di Stato americani, con i rendimenti dei decennali in calo di 10 punti base al 2,19% e quelli biennali in discesa di 13 punti base allo 0,68 per cento. Alla vigilia della riunione, i future sui tassi Usa indicavano solo un 23% di probabilità di un rialzo odierno, in netto calo rispetto al 45% di un mese fa. Hanno avuto ragione.

La Fed ha anche diffuso le nuove previsioni economiche: ha ritoccato al rialzo le stime sulla crescita dell'anno in corso ma tagliato quelle per il 2016. Per il 2015, la Banca centrale americana attende ora una crescita del prodotto interno lordo al 2,1% (a giugno aveva indicato un +1,9%). Quest'anno il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 5%, meno del 5,3% previsto a giugno. Per quanto riguarda il 2016, la Fed ha tagliato le stime sul Pil al 2,3%, ma ha migliorato quelle sulla disoccupazione al 4,8 per cento. Il tasso di inflazione è invece visto all’1,4% quest’anno, all’1,7% nel 2016 e all’1,9% nel 2017, con una revisione al rialzo dello 0,1% per il 2015 e al ribasso dello 0,1% per i due anni successivi. Per altri due anni insomma l’inflazione non toccherà quel 2% fissato come obiettivo.

Il governatore Janet Yellen, nella conferenza stampa iniziata alle 20.30, spiega come la Fed sia preoccupata dagli ultimi sviluppi dell’economia globale: «La ripresa ha progredito a sufficienza - ha detto - ci sono ragioni per alzare i tassi ora e ne abbiamo discusso ma alla luce delle incertezze estere e dell'inflazione più bassa, abbiamo deciso di aspettare. La preoccupazione per la Cina e i mercati emergenti ha portato volatilità sui mercati e, date le significative interconnessioni tra gli Usa e il resto del mondo, la situazione va osservata con attenzione». La grande maggioranza degli esponenti della Banca centrale americana si aspetta comunque un rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, ha aggiunto Yellen, sottolineando, come già aveva fatto a luglio, che «l’importanza del primo aumento dei tassi di interesse non deve essere esagerata» perché «la politica monetaria dovrebbe restare molto accomodante per un certo periodo di tempo dopo il primo rialzo». Un aumento alla prossima riunione del 27-28 ottobre (che non è seguita da conferenza stampa), «resta una possibilità», ha concluso la Yellen.

Fed, mano tesa ai Paesi emergenti (analisi di Riccardo Sorrentino)

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