Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha compiuto ieri un’attesa visita presso le istituzioni europee a Bruxelles durante la quale ha sostenuto con forza le sue ragioni nella crisi siriana. Pur ribadendo che l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea rimane «una scelta strategica» dell’establishment turco, gli incontri hanno evidenziato incomprensioni tra Ankara e Bruxelles. Le parti hanno però deciso di creare un gruppo di lavoro con cui discutere dell’emergenza rifugiati.
Si sono moltiplicati nelle ultime settimane i motivi di screzio tra Europa e Turchia. Quest’ultima è un importante Paese di transito per migliaia di rifugiati in arrivo dalla Siria e dall’Iraq. In un incontro straordinario in settembre, i capi di Stato e di Governo dei Ventotto hanno sostenuto l’importanza di collaborare con Ankara per trovare il modo per arginare l’arrivo di rifugiati. Ieri il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha trasmesso il messaggio al suo interlocutore turco.
«È innegabile che l’Unione Europea debba meglio controllare le sue frontiere – ha spiegato Tusk in una dichiarazione congiunta alla stampa –. Ci aspettiamo che la Turchia faccia altrettanto». L’ex premier polacco ha poi aggiunto: «Dobbiamo frenare l’arrivo di migliaia di migranti in Europa. Non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno dell’aiuto della Turchia». Secondo gli ultimi dati, 630mila migranti sono entrati clandestinamente nell’Unione dall’inizio dell’anno.
Secondo Bruxelles, Ankara non starebbe facendo abbastanza per lottare contro le mafie locali che organizzano il trasferimento delle persone da Est verso Ovest. Viceversa, il governo turco - che il 1° novembre affronta difficili elezioni legislative - propone la nascita di una zona-cuscinetto in Siria. Questa ipotesi non piace a molti Paesi occidentali perché sembra essere il tentativo turco di frenare l’avanzata verso Ovest dei curdi, una comunità presente anche in Turchia, oltre che in Siria e in Iraq.
Erdogan ha ribadito ieri le richieste turche: oltre alla nascita di una zona-cuscinetto in Siria, il presidente ha chiesto più denaro per attrezzare le forze contrarie al regime siriano e il divieto di sorvolo alla frontiera turco-siriana. Proprio ieri, Ankara ha protestato per l’incursione di aerei russi in territorio turco. C’è di più, Erdogan ha criticato i partner occidentali: «Non ci possono essere terroristi buoni e terroristi cattivi. Mi auguro che gli europei dimostrino sensibilità su questo punto».
Il riferimento è una critica esplicita ai Paesi che fanno la guerra all’Isis ma difendono il PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan, un movimento che la Turchia considera alla stregua di un gruppo terroristico. Ciò detto, secondo un diplomatico a conoscenza del contenuto dei colloqui, Tusk ed Erdogan hanno deciso, nel tentativo di mantenere i canali aperti, di creare «un gruppo di lavoro di alto livello» per discutere di tutte le questioni sul tavolo (lotta ai trafficanti, controllo delle frontiere, zone-cuscinetto).
«Si tratta di un cambiamento di posizione – notava ieri il diplomatico –. Finora Ankara insisteva solo sulle zone-cuscinetto». Ciò detto, l’incontro ha mostrato le tensioni tra Europa e Turchia, a cui contribuisce una posizione europea contraddittoria. Per semplificare la selezione dei migranti in arrivo da Est, la Commissione europea ha proposto ai Ventotto di stilare una lista di Paesi sicuri, i cui cittadini non potrebbero chiedere asilo. Della lista fanno parte tutti i Paesi dell’allargamento, inclusa la Turchia.
La proposta legislativa, tuttavia, ha provocato una spaccatura tra i governi dell’Unione. Alcuni sono contrari alla presenza di Ankara nella lista, a causa dei dubbi sul rispetto dei diritti umani nel Paese. Altri invece sono favorevoli, fosse solo perché il Paese è candidato all’ingresso nell’Unione. Consapevole delle imbarazzanti spaccature europee, Erdogan ha voluto sottolineare in una dichiarazione alla stampa che l’adesione all’Unione rimane «una scelta strategica» della Turchia.