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Il G-20: fermare alle origini le fonti di finanziamento Isis

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il g-20 in turchia

Il G-20: fermare alle origini le fonti di finanziamento Isis

ANTALYA - C'è «un legame forte» fra economia e sicurezza, ha detto ieri il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aprendo i lavori del G-20. Il dopo-Parigi comincia per il gruppo dei “grandi” con l'esame di un' economia mondiale in rallentamento e maggiori rischi al ribasso, ma anche con l'ennesimo tentativo di tagliare i fondi ai terroristi e l'impegno a ridurre povertà e disuguaglianze, viste come un terreno fertile per la diffusione dell'estremismo.

Ad Antalya, il G-20 prova per l'ennesima volta a ostruire i canali di finanziamento al terrorismo. Verranno aggiornate, per la prima volta dal 2012, le raccomandazioni del Gafi (Gruppo di azione finanziaria, o Fatf, nella sigla inglese), creato nel 1989 in funzionane anti-riciclaggio e indirizzato nell'ottobre del 2001, subito dopo gli attentati dell'11 settembre a New York, al tentativo di inaridire i flussi di denaro verso le organizzazioni terroristiche, un'iniziativa che finora ha avuto un successo limitato. L'accesso dell'Isis ai pozzi petroliferi dell'Iraq settentrionale rende questo compito ancora più complicato e passa anche da maggior trasparenza negli scambi di greggio, un mondo opaco dal quale arrivano oggi i principali finanziamenti ai terroristi.

Sul quadro dell'economia mondiale «purtroppo – ha affermato Erdogan – non abbiamo una performance forte. La crescita è in rallentamento, non abbiamo ancora superato del tutto gli effetti della crisi iniziata nel 2008». La discussione è stata come sempre introdotta dal direttore del Fondo monetario, Christine Lagarde. «L'incertezza è aumentata - ha detto ai leader - lo scenario globale risente di tre transizioni: la Federal Reserve si prepara a normalizzare la politica monetaria, mentre altre aree valutarie probabilmente continueranno ad allentarla, con la possibilità di maggior volatilità dei mercati; l'economia cinese sta vivendo una moderazione necessaria mentre riequilibra il suo modello di crescita, un compito che richiederà anni; il superciclo delle materie prime è alla fine. Inoltre, le migrazioni internazionali sono diventate una questione economica pressante». La signora Lagarde ha anche spiegato al G-20 che l'Fmi si prepara a includere lo yuan fra le sue monete di riserva, una decisione che verrà presa il 30 novembre prossimo e va incontro alle richieste di Pechino, ma anche alla mutata realtà dell'economia mondiale.

Resta il fatto che l'Fmi e l'Ocse hanno entrambe ribassato le loro previsioni ed è difficile dire da dove verrà la spinta alla crescita. Per il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, la risposta è chiara: «Abbiamo bisogno di una politica economica attiva, mettere soldi nelle tasche dei lavoratori, spingere la domanda», ha detto ai suoi colleghi. Posizione non unanime al G-20: trova senz'altro il consenso dell'Italia, ma non è certo condivisa dalla Germania.

L'altro fronte aperto è quello delle riforme strutturali: il piano d'azione di Brisbane, che conteneva una serie di impegni Paese per Paese, è stato attuato solo al 45%, ha ammesso Erdogan. L'obiettivo di dare una spinta addizionale alla crescita del 2% entro il 2018 è lontano. Intanto, il G-20 si pone un nuovo obiettivo: ridurre la disoccupazione giovanile del 15% entro il 2025. In Europa, però, ci sono progressi sulle riforme, ha rilevato il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, citando fra l'altro l'Italia e specialmente la riforma del mercato del lavoro.

Il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, ha ricordato ai partecipanti che difficilmente ci sarà crescita economica senza crescita del commercio e questa ha accusato una frenata brutale, in parte a causa di misure messe in atto dai Paesi riuniti ad Antalya.
Gli investimenti, l'unico strumento adatto a migliorare sia la domanda, sia l'offerta, e quindi in certo modo mettere d'accordo tutti, erano al centro dell'agenda fissata dai turchi, ma continuano a latitare. La Cina, che assumerà la presidenza del G-20 l'anno prossimo, si è impegnata a insistere e non a caso si è dotata di una banca ad hoc. Le imprese presenti al summit, con la formula ormai consueta del B-20, hanno ricordato ai leader che più investimenti richiedono regole e principi chiari, soprattutto nel settore delle infrastrutture. Le piccole e medie imprese, hanno lamentato, non hanno accesso sufficiente ai capitali necessari per contribuire a crescita globale e occupazione.

Sotto la spinta della Francia, spalleggiata da Stati Uniti e Germania, il G-20 dovrebbe produrre anche un impegno forte sui cambiamenti climatici per fare da battistrada alla conferenza Onu di Parigi di fine mese. Gli emergenti frenano. La discussione è continuata nella notte fra gli sherpa.

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