Nell’ultimo giorno di campagna elettorale in Indiana, lo Stato dove si gioca la nomination a candidato repubblicano per la Casa Bianca, Donald Trump ha puntato la retorica sull’odio per la Cina. Il miliardario ha accusato la seconda economia mondiale di «stuprare» gli Stati Uniti con la sua politica commerciale. Pechino, ha detto Trump, è responsabile «del più grande furto della storia del mondo».
Trump ha inoltre detto che la Cina manipola la sua moneta per rendere le esportazioni più competivive a danno degli Stati Uniti e dei lavoratori americani: «Non possiamo continuare a permettere alla Cina di stuprare il nostro Paese e questo è quello che stiamo facendo» ha dichiarato.
Il candidato repubblicano è tornato ai toni accesi per fare incetta di voti nello Stato nord-occidentale che martedì alle urne delle primarie mette in palio 57 delegati per la Convention. Se li vincesse tutti, Trump andrebbe a quota 1.012 che non è ancora la sicurezza matematica - per averla ne servirebbero 1.237 , la metà più uno del totale di 2.472 - ma la ragionevole certezza di ottenere la nomination. Infatti, con soli 225 delegati da conquistare a luglio alla convention di Cleveland in Ohio, la strada per il miliardario sarebbe più semplice. Entro il 7 giugno andranno alle primarie altri cinque Stati tra i quali la California.
Ma lo sfidante Ted Cruz ha disperatamente bisogno dei voti dell’Indiana per avere qualche chance di fermare la corsa di Trump. «La direzione della corsa presidenziale dipende davvero dall’Indiana» ha dichiarato il senatore texano. Che nei sondaggi, però, è 15 punti dietro il front-runner. «Se vinciamo l’Indiana è finita, ok?» ha ribattuto Trump durante un comizio domenica.
Le speranze del partito di fermare l’outsider si stanno riducendo di giorno in giorno. Anche molti dei delegati cosiddetti “unbound”, che a luglio saranno liberi di votare come credono, si stanno rassegnando all’idea di mettere nelle sue mani le chance del partito di riconquistare la Casa Bianca dopo otto anni. «Non mi associo alla campagna “tutti tranne Trump” bensì a quella “tutti tranne Hillary - ha detto al New York Times Jim Poolman, delegato del Nord Dakota - ancora tante cose possono succedere prima di Cleveland. Cercherò di mantenere l’impegno a votare Cruz ma bisogna essere pragmatici».
Martedì anche i democratici vanno alle urne in Indiana e Clinton ha un lieve vantaggio, 50% contro il 46% sul rivale Bernie Sanders. La strada dell’ex segretario di Stato sembra più in discesa anche se l’espondente liberal ha detto che potrebbe ancora guadagnare la nomination se riuscisse a concincere centinaia di superdelgati a cambiare idea alla convention di Filadelfia, a luglio.
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