
PARIGI - Il premier Manuel Valls l’ha ripetuto ancora: «La Francia non ha alcuna intenzione di rinunciare all’organizzazione degli Europei di calcio», che si svolgeranno in dieci città dal 10 giugno al 10 luglio. Con finale allo Stade de France di Saint-Denis, quello in cui lo scorso 13 novembre tre kamikaze dello Stato islamico hanno cercato di entrare per farsi saltare in aria in mezzo alla folla (e non essendoci riusciti hanno azionato le loro cinture esplosive all’esterno dello stadio).
Certo, come dice Valls, «rinunciare alle manifestazioni sportive e culturali, alle occasioni di festa collettiva equivarrebbe ad alzare bandiera bianca di fronte alla minaccia del terrorismo e della violenza», ma gli Europei 2016 (e, sia pure in misura minore, il Tour de France che si svolgerà dal 2 al 24 luglio) sono ormai diventati un incubo per un Paese sotto pressione da ormai più di un anno. Da quei maledetti giorni di gennaio del 2015 degli attacchi a Charlie Hebdo e all’ipermercato kasher.
“«Rinunciare alle manifestazioni sportive equivarrebbe ad alzare bandiera bianca»”
Manuel Valls
Un Paese che vive da mesi in stato di emergenza (rinnovato proprio ieri un’ultima volta per altri due mesi, fino al 26 luglio) e le cui forze dell’ordine – polizia, gendarmeria, esercito – devono essere presenti contemporaneamente su innumerevoli fronti (la lotta al terrorismo, la sorveglianza dei siti a rischio, il controllo di manifestazioni sindacali dai risvolti spesso violenti, la vigilanza dei campi di rifugiati del Nord, a Calais e Roubaix) e sono chiamate a proseguire, ad accentuare ancora, il loro impegno.
A preoccupare non sono solo, e non tanto, gli stadi, che accoglieranno 2,5 milioni di tifosi (1,5 dei quali stranieri), perché si tratta di strutture tutto sommato relativamente semplici da controllare, una volta adottate le misure da codice rosso. I ventimila uomini delle forze dell’ordine che saranno schierati per l’occasione – coadiuvati dal personale delle tante società di security che grazie al terrorismo stanno facendo soldi a palate – dovrebbero essere in grado di garantirne la sicurezza.
Il problema vero sono le “fan zones”, cioè le aree all’aperto in cui i tifosi che non possono (o non vogliono) andare allo stadio potranno assistere alle partite grazie ai maxi schermi (e in cui ci saranno anche animazioni e spettacoli musicali). Saranno in grado di accogliere dalle 10mila alle 100mila persone (dalla più piccola, a Lens, alla più grande, al Champ de Mars a Parigi, sotto la Tour Eiffel) ed è previsto che saranno frequentate, nel corso del mese, da oltre 7 milioni di tifosi.
L’accesso sarà “controllato”, e verifiche verranno fatte continuamente, anche da agenti in borghese. Simulazioni di attacchi – anche chimici o batteriologici – sono state già realizzate e altre ne verranno fatte prima del 10 giugno. Ma com’è possibile, realisticamente, controllare simili spazi e simili flussi? Proprio la voce sicurezza ha peraltro fatto lievitare i costi di quella che a suo tempo era sembrata un’eccellente idea: i 12 milioni iniziali sono raddoppiati a oltre 24 milioni. L’Uefa ci metterà del suo (circa 4 milioni) e lo Stato sarà costretto a un intervento finanziario (circa 8 milioni), mentre il resto sarà a carico dei Comuni. Con il ricorso massiccio, ancora una volta, alle imprese private di security.
E poi ci sono i droni. Un incubo nell’incubo. In Francia non esiste l’obbligo di immatricolazione e chiunque (disponendo delle risorse per farlo, e certo alle grandi organizzazioni terroristiche non mancano) può comprarsene uno. L’allarme al riguardo era già scattato nell’autunno del 2014, quando si era registrato il sorvolo di alcune centrali nucleari da parte di droni che non sono mai stati rintracciati. I responsabili della sicurezza degli Europei assicurano che i dieci stadi e i 24 centri di allenamento delle squadre saranno dotati di un sofisticato sistema anti-droni, in grado di intercettarli e modificarne la direzione (certo non si possono colpire, con il rischio che cadano sulla gente). Ma è l’ennesima paura in vista di un appuntamento che dovrebbe essere soltanto una grande festa.
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