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La Ue difende Airbnb, Uber e gli altri: divieti solo in casi estremi

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Linee guida SULLA SHARING ECONOMY

La Ue difende Airbnb, Uber e gli altri: divieti solo in casi estremi

  • –dal nostro corrispondente

BRUXELLES - In un contesto nel quale protezionismo e corporativismo tendono a rafforzarsi, almeno in alcuni paesi, la Commissione europea ha pubblicato stamani nuove linee-guida nel delicato campo dell’economia partecipativa (sharing economy in inglese). Bruxelles mette in guardia contro ostacoli e barriere a un settore in forte crescita, rappresentato da Uber, Airbnb o BlaBlaCar e che nel 2015 avrebbe generato nell’Unione reddito lordo per 28 miliardi di euro.

«Coloro che offrono servizi dovrebbero essere obbligati a ottenere autorizzazioni o licenze solo quando strettamente necessarie per raggiungere obiettivi rilevanti di pubblico interesse», si legge nella documentazione.«La messa al bando di una attività dovrebbe essere una misura di ultima istanza. Piattaforme non dovrebbero essere obbligate a chiedere autorizzazioni o licenze quando si limitano a essere intermediari tra il consumatore e chi offre il servizio». La presa di posizione giunge mentre nuove società stanno avendo grande difficoltà nel mettere radici.

In Francia, i tassisti hanno scioperato più volte per protestare contro Uber, che offre attraverso il lavoro di privati cittadini il trasporto di persone. In Svezia, la stessa azienda ha deciso di sospendere il servizio a metà maggio in attesa di regole più chiare e trasparenti. Ostacoli sono emersi anche in Germania, Spagna e Italia (dove è in discussione una proposta legislativa sull’economia partecipativa).

Nelle sue linee-guida, non di per sé vincolanti, la Commissione afferma che i governi devono trovare un giusto equilibrio tra il rispetto della libera iniziativa economica e la necessità di proteggere i consumatori. Sul fronte fiscale, l’esecutivo comunitario ammette indirettamente la difficoltà a imporre tasse e imposte a una attività nell’economia partecipativa, e chiede quindi alle piattaforme che offrono un servizio tra privati cittadini di «cooperare pienamente con le autorità nazionali».

Con la sua pubblicazione di oggi, la Commissione ha un doppio obiettivo: evitare protezionismo nazionale e garantire regole uniformi a livello europeo. Secondo le stime comunitarie, il reddito lordo dell’economia partecipativa è quasi raddoppiato nel 2015 rispetto al 2014. Un sondaggio Eurobarometro afferma che un europeo su sei è già cliente di una società attiva in questo settore. Oltre il 5% della popolazione europea offre un servizio in questo campo.

“Nelle sue linee-guida, non di per sé vincolanti, la Commissione afferma che i governi devono trovare un giusto equilibrio tra il rispetto della libera iniziativa economica e la necessità di proteggere i consumatori”

 

Di recente, la Corte europea di Giustizia è stata adita da un giudice spagnolo che vuole sapere se Uber è una società attiva nei trasporti o nel digitale. Dalla scelta potrebbe dipendere, al netto delle linee-guida pubblicate oggi, quali regole vanno applicate: quelle più restrittive del settore della mobilità o quelle più liberali dell’economia elettronica. Proprio nelle ultime ore è emerso che il Fondo pubblico d’investimento dell’Arabia Saudita ha investito 3,5 miliardi di dollari nella società californiana.

IL GIRO D'AFFARI
I ricavi netti, 3.600 milioni di euro, le transazioni totali, 28.100 milioni di euro. (Fonte: PwC consulting)

Secondo stime comunitarie vi sono tuttora nell'Unione circa 5.500 professioni regolamentate, nonostante il tentativo di liberalizzare l’economia in molti paesi. L’economia partecipativa è un fenomeno interessante. Non solo è una delle conseguenze del grande mondo di Internet. Mette in crisi alcune professioni, chiamate a ripensarsi, ma è anche il riflesso di una società che a causa della crisi economica cerca altre attività e fonti di reddito.

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