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Ecco come Bruxelles può mettere alle strette la Gran Bretagna

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la trattativa

Ecco come Bruxelles può mettere alle strette la Gran Bretagna

Foto Space24
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La chiave per costringere la Gran Bretagna a non trascinare troppo a lungo i tempi di attivazione del diritto di recesso in base art. 50 del Trattato è nel Trattato stesso. È l’articolo 4 che al paragrafo 3 stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di «facilitare l’Unione nell’adempimento dei suoi compiti» e di «astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione». In virtù del «principio di leale cooperazione» sancito dal Trattato, dunque, le istituzioni comunitarie possono obbligare la Gran Bretagna a non perdere tempo e a notificare la richiesta di uscire dall’Unione «il giorno dopo» la presa d’atto del parlamento britannico dell’esito del referendum del 23 giugno. Davanti alla Corte di Giustizia sono passate decine e decine di cause nei confronti degli Stati membri per violazione di questi principio a cui il Regno Unito non può sottrarsi.

Se Londra non procede è a rischio di sanzioni che - secondo alcune interpretazioni - possono arrivare anche all’esclusione dalle riunioni del Consiglio. L’Italia ha tutto l’interesse a ridurne al minimo la fase di incertezza in cui l’Unione è stata catapultata dal voto britannico. Prolungare i tempi è molto rischioso, come dimostra la reazione dei mercati finanziari, in particolare in Borsa sui titoli bancari (il debito pubblico è protetto dall’ombrello della Bce).

Forse sono solo congetture, ma non si può escludere il rischio che alla fine dell’indispensabile e profondo riassetto imposto all’Unione europea dall’uscita della Gran Bretagna, l’Italia si ritrovi esclusa dal club ristretto a guida tedesca che da tempo aleggia sui destini dell’Europa.

Anche in questi giorni del dopo-Brexit, non sono sfuggiti alcuni segnali di ambiguità. Per esempio, tutta la comunicazione “tecnica” della Commissione Ue è stata gestita da funzioanri tedeschi, dal servizio del portavoce al servizio giuridico. Ciò ha rischiato di provocare una distorsione delle informazioni. Per esempio nessun accenno nei breafing ufficiali e off-the-record è stato fatto all’articolo 4 del Trattato, così come non si è parlato dell’interpretazione più vincolante dell’articolo 50 sui tempi di notifica della decisione di un paese di lasciare l’Unione. L’articolo 50 non stabilisce tempi di per la notifica e su questo, come è noto, Londra sta cercando di giocare.

Guarda caso, tra i leader Ue è stata proprio Angela Merkel ad usare i toni più concilianti su questo nodo cruciale. In realtà, sostengono esperti di diritto comunitario, non è stato detto che in base all'articolo 50 Londra non può rinviare a suo piacimento la data di notifica alla Ue ma «deve» farlo subito dopo aver assolto gli obblighi costituzionali, cioè la presa d'atto del Parlamento britannico. In termini di trattato, significa che la notifica deve avvenire “il giorno dopo”. Non è previsto un termine perché non c’è nessun margine.


C’è poi un altro aspetto non secondario sui negoziati tra la Ue e la Gran Bretagna. Il “negoziatore ufficiale” nominato immediatamente dal presidente del Consiglio europeo, il polacco Tusk, non ha alcun potere e non ha alcun ruolo a norma di trattati. La trattativa con la Gran Bretagna è un negoziato “normale” e in quanto tale è affidato alla Commissione europea che poi sottopone il risultato al voto del Consiglio dei ministri degli Esteri e non al Consiglio europeo (i primi ministri). La differenza è sostanziale perché il primo decide a maggioranza qualificata mentre il secondo deve decidere all’unanimità quindi basta un paese membro per bocciare l’accordo e accrescere l’incertezza.

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