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Sull’economia turca allarme instabilità

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LA CRISI IN TURCHIA

Sull’economia turca allarme instabilità

Un blindato della polizia disperde le forze antigovernative dal primo ponte di Istanbul, in un’immagine di sabato scorso (Reuters)
Un blindato della polizia disperde le forze antigovernative dal primo ponte di Istanbul, in un’immagine di sabato scorso (Reuters)

Il dopo-golpe sul Bosforo vede una borsa di Istanbul in caduta libera a - 7%, i Credit default swap in rialzo e la banca d’affari Goldman Sachs che porta la previsione a tre mesi sul cambio lira-dollaro in rialzo a 3,10 «a causa di un elevato rischio politico con riflessi per l’economia».
Non solo. Le banche turche hanno 120 miliardi di dollari di debiti nei confronti di istituti di credito stranieri e istituzioni non bancarie, una massa di pagherò che avranno bisogno di essere rinnovati, segnala la Bri, la Banca dei regolamenti internazionali.

I Cds sui bond turchi a cinque anni sono balzati da 218 a 242 punti base, segno evidente del nervosimo degli investitori sul futuro del Paese e del surriscaldamento del rischio geo-politico. Anche l’agenzia di rating Fitch è intervenuta affermando che il tentativo di colpo di Stato in Turchia «ha messo in evidenza i rischi politici» del paese sul Bosforo e la sua stabilità. Ma a preoccupare l’agenzia di rating è la dura risposta ai drammatici eventi di venerdì che potrebbe «tradursi in forte pressione sul rating del debito sovrano». Fitch punta il dito sugli arresti di massa che «potrebbero mettere ulteriori tensioni sull’architettura istituzionale e aumentare formalmente i poteri della presidenza». Alla lunga questa instabilità potrebbe mettere in discussione l’attuale rating BBB-, se il governo dovesse minare il sistema di «pesi e contrappesi e di ridurre le possibilità di riforme economiche strutturali».

Certo la borsa di Istanbul è crollata per effetto dell’instabilità politica del Paese, perdendo il 7%, ma la lira turca ha recuperato dopo essere scesa ai minimi storici: il cambio lira/dollaro da 3,04 è passato a 2,97 dollari e il cambio sull’euro a 3,29 dopo la perdita del 4,8% di venerdì (3,34).
Reazioni emotive destinate a svanire a breve? Non pare proprio. A preoccupare anche la banca britannica Hsbc è l’aumento del rischio che potrebbe allontanare gli investitori stranieri e il fatto che le riserve in valuta depositati nei forzieri della banca centrale turca siano di circa 100 miliardi di dollari, ma le riserve nette in valuta sono solo intorno a 30 miliardi di dollari, dato che tiene conto delle passività potenziali dell’istituto centrale. Troppo poco per sostenere la lira se il mercato dovesse perdere fiducia nel paese e cercare lidi più sicuri nella classica fuga verso la qualità. Ma c’è di più. «Gli investitori stranieri attualmente detengono circa il 22% del mercato obbligazionario sovrano della Turchia. Quindi se i fondi istituzionali stranieri dovessero decidere di ridurre la loro esposizione agli asset turchi a causa dell’aumento del rischio politico questo potrebbe portare a una fuga del paese», ha scritto in un report fresco di inchiostro la banca Hsbc ieri.

Che la Turchia sia sotto osservazione da parte dei mercati non è certo una novità. L’economia turca, con un Pil di 780 miliardi di dollari annui, ha ricevuto 16 miliardi di euro di investimenti diretti stranieri nei primi cinque mesi dell’anno, ma secondo dati Bloomberg, ben 13,5 miliardi sono stati investimenti finanziari a breve, i più rapidi a fuggire come lepri in caso di instabilità politica in vista. Per questo il vice primo ministro, Mehemt Simsek, ex bancghiere di Merrill Lynch, ha escluso interventi sul mercato dei cambi nel corso di una conference call durata due ore e mezza e tenuta in tutta fretta domenica pomeriggio con 560 investitori istituzionali ed analisti per convincerli che il tentato golpe non avrà conseguenze sui consumi domestici pur ammettendo che al momento non è chiaro se la Turchia riuscirà a raggiungere l’obiettivo di crescita del 4,5% di quest’anno. Il calo delle presenze turistiche, a meno 30% ad aprile rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, dopo gli scontri con Israele e Russia (ora rientrati dopo la ripresa delle relazioni con Tel Aviv e il disgelo con Putin) dovrebbe ridurre di mezzo punto la crescita.

Più ottimista l’analista di Ubs Serhan Gok, secondo cui il quadro dei mercati turchi dovrebbe stabilizzarsi rapidamente e l’epurazione che il governo ha immediatamente lanciato, non solo nelle forze armate ma anche nella magistratura, potrebbe rafforzare il potere di Erdogan. Stabilità dunque ma a quale prezzo? La Banca centrale aveva tagliato il tasso overnight di 175 punti da marzo, ma nella riunione odierna se va bene non verranno alzati. Il quadro è cambiato drammaticamente.

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