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Putin vince senza trionfare. Solo quattro partiti nella nuova Duma

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elezioni in russia

Putin vince senza trionfare. Solo quattro partiti nella nuova Duma

La conta dei voti dopo la chiusura dei seggi in Russia (EPA)
La conta dei voti dopo la chiusura dei seggi in Russia (EPA)

MOSCA - Affluenza bassissima, intorno al 40%, con un record negativo a Mosca e San Pietroburgo. Soltanto quattro partiti – quelli della Duma uscente – “promossi” nel nuovo Parlamento russo. E soprattutto, il primo tra loro confermato in testa, ma senza trionfare: Russia Unita, il partito del governo e di Vladimir Putin, supera la prova del voto intorno al 44% dei consensi. Un risultato meno brillante del famigerato 49,32% dell'inverno 2011, che scatenò proteste di massa perché poco credibile. Se i primi exit poll pubblicati alla chiusura dei seggi di Kaliningrad – la città più occidentale di Russia – saranno confermati, il Cremlino potrebbe avere più o meno il risultato che voleva.

Un primo posto ridimensionato ma meno controverso, e la protesta incanalata tra l'astensione e i partiti dell'opposizione “sistemica”, di fatto fedele al potere: i “liberaldemocratici di Vladimir Zhirinovskij (in realtà populisti e nazionalisti), che superano i comunisti e, secondo le prime proiezioni in linea di massima simili agli exit poll, volano dall'11,67% del 2011 al 18,39; i comunisti al 17,24%, in calo dal 19,19% del 2011; Russia Giusta ridimensionata dal 13,24 al 6,24%. Nulla da fare, anche qui come previsto, per l'opposizione vera.

Di buon umore, Vladimir Putin aveva votato in giornata a Mosca, nella sede dell'Accademia delle scienze, senza rinunciare a dimostrarsi anche nel giorno del voto tutto concentrato sul proprio dovere al servizio del Paese: «Ora vado al lavoro», ha risposto ai giornalisti correndo via. Nella notte, però, lo attendono al quartier generale di Russia Unita.

Lungo gli 11 fusi orari che dividono la Federazione Russa, la giornata elettorale era trascorsa in buona parte dei seggi un po' come aveva previsto ironizzando il quotidiano economico Rbk, «correttamente noiosa». L'obiettivo principale era far uscire dalle urne un voto pulito e inattaccabile, perché i risultati non venissero contestati e seguiti da proteste di massa come cinque anni fa. Nello stesso tempo, sotto il manto dell'onestà, la sfida era comunque garantire al partito di Vladimir Putin una conferma credibile, che non mettesse in discussione il sistema: la settima Duma dovrà comunque restare in mano a Edinaja Rossiia, Russia Unita, il partito del potere.

Non si può certo dire che l'operazione urne pulite sia riuscita in pieno: del resto nessuno, neppure Ella Pamfilova chiamata a presiedere la Commissione elettorale centrale, si illudeva che queste elezioni potessero risultare senza macchia. Così la giornata è stata costellata da denunce di brogli, arrivate da Rostov, Stavropol (Caucaso settentrionale), Barnaul (Siberia meridionale), da Mosca: file di soldati in attesa di votare in seggi dove non erano registrati, video di funzionari intenti a infilare pacchi di schede nelle urne, osservatori ostacolati, gente vista votare due volte.

Attenti a mettere le mani avanti, gli osservatori del Consiglio presidenziale per i diritti umani hanno confermato le violazioni, in attesa del verdetto degli osservatori internazionali dell'Osce e mentre Ella Pamfilova – rispettata attivista per i diritti umani, pronta a dimettersi se il voto si dimostrasse un fallimento – minacciava di annullare le elezioni nei seggi in cui i brogli verranno confermati.

Ma il risultato su cui contava il Cremlino si appoggia su misure meno visibili dei brogli – dalla copertura squilibrata dei media durante la campagna elettorale alle pressioni sui dipendenti delle amministrazioni provinciali, tese a forzare il voto di molti. Ma soprattutto, Russia Unita e Putin contavano sulla fedeltà incondizionata di elettori come Ljudmila, una pensionata di Perm che attribuisce al presidente russo la rinascita del Paese e la riconquista del benessere, la stabilità e la certezza della pensione per tanti come lei.

«Non abbiamo mai vissuto così bene – racconta dalla città industriale degli Urali, chiusa al mondo nell'era sovietica - basta guardare le case, le macchine, e non solo quelle dei ricchi. Per questo la gente appoggia Putin e si fida di lui. Malgrado le provocazioni contro Russia Unita, che si vedono soprattutto su internet, la gente sta iniziando a svegliarsi, a capire. Ha votato comunque per Russia Unita. Gli altri partiti piccoli non contano, nessuno si fida».

All'estremità opposta dello spettro elettorale, in un quartiere della fascia esterna di Mosca un insegnante, Ilja, ha scelto invece Yabloko: consapevole che il partito liberale di Grigorij Yavlinskij, assente dal Parlamento dagli anni 90 e all'1% nei sondaggi, potrebbe riuscire solo per miracolo a superare la soglia necessaria a entrare alla Duma, malgrado il tetto – una delle concessioni del Cremlino all'opposizione – sia stato abbassato dal 7 al 5% dei voti espressi.

«Yabloko è il solo partito che parla in positivo, e non è “contro” – spiega Ilja -. Ha un messaggio chiaro: per esempio, auspicando che Mosca torni ad appartenere alla gente, perché siano i moscoviti a decidere se vogliono piastrellare i marciapiedi oppure no». Secondo Ilja l'atteggiamento della gente verso Russia Unita sta cambiando, anche se molto lentamente: «I russi sono stanchi della corruzione. Io non spero che Yabloko possa entrare in Parlamento, ma se lo voto almeno ho la coscienza pulita».

Nelle liste di Yabloko c'è uno dei volti giovani della politica russa, Dmitrij Gudkov: di fatto l'unico esponente dell'opposizione nella Duma uscente. Nel quartiere dove vive Ilja, Gudkov ha il suo quartier generale, e nelle settimane della campagna elettorale passava in rassegna i cortili, metteva 30/40 sedie tra le altalene dei bambini per parlare con gli abitanti: «Putin – ripeteva - pensa solo alla politica internazionale e si dimentica dei redditi sempre più bassi della gente, dei prezzi dei generi alimentari sempre più alti».

Politici come Gudkov, costretti dalla mancanza di visibilità a livello nazionale a interagire con gli elettori quasi cercandoli a uno a uno, sono la speranza di chi aspetta un cambiamento. A dispetto dell'apatia di chi non ci crede più e non è andato a votare, «altri continuano a pensare che sia comunque importante essere parte del processo», spiega Nadezhda Azhgikhina, dell'Unione dei giornalisti russi. «La democrazia non è un dono che scende dal cielo – osserva – è da costruire, e noi siamo solo all'inizio. È importante avere voci diverse, e io spero che altri partiti ottengano una voce. Russia Unita avrà la maggioranza, ma questo non significa che gli altri falliranno».

Una persona che sa di lavorare per il lungo termine è Maria Baronova, candidata indipendente tra i 19 ammessi malgrado alle loro spalle ci sia il sostegno di Mikhail Khodorkovskij, l'ex oligarca del petrolio rimasto in carcere 13 anni per aver finanziato l'opposizione a Putin. Quattro anni fa Maria era finita sotto processo per aver partecipato alle manifestazioni antigovernative, ora percorre una strada tutta in salita verso la Duma inseguendo il sogno, spiega, «che tra dieci anni ci siano persone che possano prendere il Paese in mano. Persone che credono in un futuro democratico e positivo per la Russia».

Parole che Boris Nemtsov, forse il più carismatico tra i leader dell'opposizione, avrebbe condiviso: ma queste sono le prime elezioni russe senza di lui, che è stato ucciso il 27 febbraio 2015 sotto le mura del Cremlino. E in quel memoriale improvvisato, sul ponte che le autorità non hanno voluto intitolare a lui, davanti all'immagine di Nemtsov e ai mazzi di fiori anche nel giorno del voto non si ferma nessuno.

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