Mondo

Putin si avvia a dominare la settima Duma

  • Abbonati
  • Accedi
ELEZIONI IN RUSSIA

Putin si avvia a dominare la settima Duma

Putin (Epa)
Putin (Epa)

Il conteggio dei voti nella notte ha consentito a Russia Unita di allungare notevolmente le distanze: con l'80% dei voti scrutinati, il partito di Vladimir Putin si avvia a dominare la settima Duma, il nuovo Parlamento eletto domenica, con il 54,28% del voto di lista, mentre nei collegi uninominali, che assegnano metà dei 450 seggi, i candidati del partito hanno già conquistato ben 203 dei 255 confronti. Nel 2011, la percentuale conquistata da Russia Unita era stata del 49,32 per cento.

E già domenica sera, nel quartier generale del partito, Putin ha potuto dichiarare vittoria, interpretando il voto come un segno di fiducia da parte della popolazione e di desiderio di stabilità. Il presidente russo dovrà però tenere conto del crollo dell'affluenza, dal 60% del 2011 al 47,5% di ieri, con record negativi a Mosca e Pietroburgo: conferma dell'apatia e della rassegnazione degli elettori che cinque anni fa, di fronte a elezioni che ritenevano screditate dai brogli, erano scesi per strada.

I RISULTATI DELLE ELEZIONI DELLA DUMA
2016: 94% dei voti scrutinati (Fonte: Central Election Commission of the Russian Federation)

Al centro della protesta, la classe media delle grandi città che chiedeva di avere più voce: questa volta molti hanno preferito semplicemente non votare. Mentre il voto di protesta che, sulla scia della crisi, da politica si è fatta più economica, continua a confluire nei cosiddetti partiti dell'opposizione “sistemica”, in realtà fedeli al Cremlino. Tre i partiti ammessi alla Duma oltre a Russia Unita: i comunisti secondi al 13,61% e i populisti/nazionalisti a un soffio, 13,37. Ultima a superare la soglia del 5% Russia Giusta, 6,17% mentre come previsto, nessuno dei veri partiti di opposizione ce l'ha fatta.

Un voto che si era voluto il più corretto possibile, per non essere contestato, è stato invece macchiato da diverse denunce di violazioni, che la Commissione elettorale centrale ha promesso di verificare. Nel pomeriggio il verdetto degli osservatori internazionali che hanno però disertato i seggi della Crimea, rientrata nella Federazione Russa nel 2014 senza il riconoscimento di gran parte della comunità internazionale.
Non si può certo dire che l'operazione urne pulite sia riuscita in pieno: del resto nessuno, neppure Ella Pamfilova chiamata a presiedere la Commissione elettorale centrale, si illudeva che queste elezioni potessero risultare senza macchia. Così la giornata di domenica è stata costellata da denunce di brogli, arrivate da Rostov, Stavropol (Caucaso settentrionale), Barnaul (Siberia meridionale), da Mosca: file di soldati in attesa di votare in seggi dove non erano registrati, video di funzionari intenti a infilare pacchi di schede nelle urne, osservatori ostacolati, gente vista votare due volte. Attenti a mettere le mani avanti, gli osservatori del Consiglio presidenziale per i diritti umani hanno confermato le violazioni, mentre Ella Pamfilova – rispettata attivista per i diritti umani, pronta a dimettersi se la correttezza del voto si dimostrasse un fallimento – minacciava di annullare le elezioni nei seggi in cui i brogli verranno confermati.

Ma il risultato su cui contava il Cremlino si appoggia su misure meno visibili dei brogli – dalla copertura squilibrata dei media in campagna elettorale alle pressioni sui dipendenti delle amministrazioni provinciali, volte a forzare il voto. Ma soprattutto, Russia Unita e Putin contavano sulla fedeltà incondizionata di elettori come Ljudmila, una pensionata di Perm che attribuisce al presidente russo la rinascita del Paese e la riconquista del benessere, la stabilità e la certezza della pensione per tanti come lei. «Non abbiamo mai vissuto così bene – racconta dalla città industriale degli Urali, chiusa al mondo nell'era sovietica -, basta guardare le case, le macchine, e non solo quelle dei ricchi. Per questo la gente appoggia Putin e si fida di lui. Malgrado le provocazioni contro Russia Unita, che si vedono soprattutto su internet, la gente sta iniziando a svegliarsi, a capire. Ha votato comunque per Russia Unita. Gli altri partiti piccoli non contano, nessuno si fida».

All'estremità opposta dello spettro elettorale, in un quartiere della fascia esterna di Mosca un insegnante, Ilja, ha scelto invece Yabloko: consapevole che il partito liberale di Grigorij Yavlinskij, assente dal Parlamento dagli anni 90 e all'1% nei sondaggi, sarebbe riuscito solo per miracolo a superare la soglia necessaria a entrare alla Duma: e infatti Yabloko si è fermato all'1,77%. «Yabloko è il solo partito che parla in positivo, e non è “contro” – spiega Ilja -. Ha un messaggio chiaro: per esempio, auspicando che Mosca torni ad appartenere alla gente, perché siano i moscoviti a decidere se vogliono piastrellare i marciapiedi oppure no». Secondo Ilja l'atteggiamento della gente verso Russia Unita sta cambiando, anche se molto lentamente: «I russi sono stanchi della corruzione. Io non spero che Yabloko possa entrare in Parlamento, ma se lo voto almeno ho la coscienza pulita».

IL PIL RUSSO DURANTE L’ERA PUTIN
Dati in miliardi di dollari (Fonte: Worldbank)

Nelle liste di Yabloko c'era uno dei volti giovani della politica russa, Dmitrij Gudkov: di fatto l'unico esponente dell'opposizione nella Duma uscente. Nel quartiere dove vive Ilja, nelle settimane della campagna elettorale Gudkov passava in rassegna i cortili, metteva 30/40 sedie tra le altalene per parlare con gli abitanti: »Putin – ripeteva - pensa solo alla politica internazionale e si dimentica dei redditi sempre più bassi della gente, dei prezzi dei generi alimentari sempre più alti».

Politici come lui, costretti dalla mancanza di visibilità a livello nazionale a interagire con gli elettori quasi cercandoli a uno a uno, sono la speranza di chi aspetta un cambiamento. A dispetto dell'apatia di chi non ci crede più e non è andato a votare, «altri continuano a pensare che sia comunque importante essere parte del processo», spiega Nadezhda Azhgikhina, dell'Unione dei giornalisti russi. «La democrazia non è un dono che scende dal cielo – osserva – è da costruire, e noi siamo solo all'inizio. E' importante avere voci diverse, e io spero che altri partiti ottengano una voce. Russia Unita avrà la maggioranza, ma questo non significa che gli altri falliranno».

Una persona che sa di lavorare per il lungo termine è Maria Baronova, candidata indipendente tra i 19 ammessi malgrado alle loro spalle ci sia il sostegno di Mikhail Khodorkovskij, l'ex oligarca del petrolio rimasto in carcere 13 anni per aver finanziato l'opposizione a Putin. Quattro anni fa Maria era finita sotto processo per aver partecipato alle manifestazioni antigovernative, ora percorre una strada tutta in salita verso la Duma inseguendo il sogno, spiega, che tra dieci anni ci siano persone che possano prendere il Paese in mano. Persone che credono in un futuro democratico e positivo per la Russia. Parole che Boris Nemtsov, forse il più carismatico tra i leader dell'opposizione, avrebbe condiviso: ma queste sono le prime elezioni russe senza di lui, che è stato ucciso il 27 febbraio 2015 sotto le mura del Cremlino. E anche nel giorno del voto davanti a quel memoriale improvvisato, sul ponte che le autorità non hanno voluto intitolare a lui, davanti ai mazzi di fiori e all'immagine di Nemtsov non si ferma nessuno.

© Riproduzione riservata