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Juncker: «Senza flessibilità 19 miliardi in meno per l’Italia»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES – Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha colto l'occasione di un discorso stamani a Bruxelles dinanzi al Comitato economico e sociale europeo per difendere le sue scelte di politica economica, e in particolare l'applicazione del Patto di Stabilità e di Crescita, criticata da più parti. L'uomo politico ha anche deplorato l'atteggiamento di molti paesi dell'Est che si rifiutano di accogliere rifugiati per motivi di religione.

“Non è vero” che la Commissione europea “ha trasformato in patto di flessibilità il Patto di Stabilità e Crescita”, ha affermato l'ex premier lussemburghese. Ciò detto, “è vero che abbiamo introdotto elementi di flessibilità: le regole non sono stupide”. Inoltre, “le cifre dimostrano che la situazione di bilancio è migliore rispetto agli anni scorsi e che il Patto funziona”, ha aggiunto Juncker, ricordando la riduzione del deficit e l'aumento dell'occupazione.

La presa di posizione giunge dopo che governi nel Nord Europa hanno criticato alcune decisioni prese dalla Commissione, perché troppo discrezionali. Bruxelles ha optato tra le altre cose per dare più tempo alla Spagna, al Portogallo e alla Francia per riportare in carreggiata i loro conti pubblici. Quanto all'Italia, nel 2016 la Commissione ha concesso al paese particolari margini di flessibilità, che non sono stati apprezzati in alcuni ambienti politici tedeschi, olandesi o finlandesi.

Nel difendere la sua strategia di politica economica, il presidente Juncker ha notato che in media il deficit pubblico nella zona euro è sceso, dal 6,3 nel 2009 all'1,9% nel 2015 del PIL. Proprio riguardo all'Italia, Juncker ha voluto ricordare che i margini di manovra concessi al paese pesano per un totale di 19 miliardi di euro. Nel ricordare che “questa Commissione ha aggiunto molti elementi di flessibilità al Patto di Stabilità”, l'ex premier ha ribadito che “l'Italia è il Paese che ne ha beneficiato più di tutti”.

Entro il 15 ottobre, i paesi membri devono presentare il loro progetto di bilancio per il 2017. Secondo le regole europee, l'Italia non ha diritto di godere anche l'anno prossimo di nuovi margini di flessibilità. A Bratislava all'inizio del mese, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan lo ha ammesso pubblicamente. Ciò detto, il premier Matteo Renzi ha spiegato altrettanto pubblicamente che l'Italia intende comunque chiedere alla Commissione maggiore libertà di manovra.
In questo momento, le prese di posizione a Roma e Bruxelles sono schermaglie pubbliche. Nei fatti, la trattativa è aperta.

Sul fronte dell'immigrazione, il presidente Juncker ha criticato come non mai i paesi dell'Est che non vogliono accogliere rifugiati. “Credo (…) che la ripartizione dei rifugiati si debba fare in modo solidale. Ci sono paesi che lo fanno, mentre altri dicono che essendo paesi cristiani non vogliono i musulmani. E' un ragionamento inaccettabile”. Il principio del ricollocamento in tutta Europa dei rifugiati in arrivo dal Vicino Oriente stenta a decollare: 4.140 persone sono state ricollocate dalla Grecia, e 1.156 dall'Italia, su un totale di 160mila previsto nel 2015-2017. Crescono i dubbi sul futuro del ricollocamento. Mentre i paesi dell'Est chiedono che l'Unione applichi una “solidarietà flessibile”, stamani lo stesso Juncker ha ammorbidito la sua posizione: “La solidarietà – ha detto - deve essere volontaria. Alcuni accolgono rifugiati. Altri monitorano i confini”.

“Ammiro molto l'Italia e la Grecia” – ha poi precisato Juncker sempre sulla delicatissima questione dell'emergenza rifugiati - per quanto fanno nel gestire il fenomeno dei richiedenti asilo”, ma “sull'immigrazione l'Italia fa meglio della Grecia perché salva migliaia di vite al giorno”. Ha poi aggiunto che le navi messe a disposizione dai paesi europei “salvano i naufraghi e li trasportano tutti in Italia, lasciando agli italiani il compito di accoglierli, nutrirli e sistemarli”.

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