Nella partita che si sta intrecciando tra governo e parlamento sul cantiere della legge di bilancio la palla torna all’Economia. I tecnici sono al lavoro sulle «informazioni aggiuntive» da inviare a Camera e Senato nel tentativo di “convincere” deputati e senatori, e soprattutto i tecnici dell’Ufficio parlamentare di bilancio, sulla solidità delle previsioni di crescita all’1% scritte nella nota di aggiornamento al Def. L’esame finale in Aula della nota slitta quindi a mercoledì prossimo, il giorno dopo il ritorno atteso di Padoan in commissione per fornire di persona i chiarimenti del governo. «Il voto non è in discussione - chiarisce comunque Roberto Speranza, leader della minoranza Pd - ma serve chiarezza».
Dietro la complicata battaglia dei decimali sulle prospettive di crescita del Pil e del deficit si nascondono miliardi di euro (lo 0,1% del Pil ne vale 1,6), e dall’esito del confronto dipende l’avvio del percorso europeo della prossima legge di bilancio: entro il 17 (il termine ordinario del 15 cade di sabato) il governo deve mandare a Bruxelles il Documento programmatico di bilancio, cioè in pratica la griglia di numeri e misure su cui si articolerà la manovra 2017. Fra le ipotesi in campo c’è ora anche quella di partire senza il via libera dell’Ufficio parlamentare del bilancio, l’Authority guidata dall’economista Giuseppe Pisauro e prevista appunto dalle regole Ue sui conti pubblici.
L’Upb ad oggi ha prospettato la mancata «validazione» dei programmi governativi perché considera troppo alto l’effetto di crescita prodotto dal blocco delle clausole di salvaguardia e dalle altre misure in arrivo con la manovra, che secondo il governo dovrebbero portare la crescita dallo 0,6 all’1%. Le integrazioni in arrivo provano appunto a convincere il Parlamento della correttezza dei numeri governativi, offrendo maggiori dettagli sugli «ambiti di intervento» della manovra con una «sintetica descrizione degli effetti finanziari» di entrata e di spesa (così prevede l’articolo 10-bis della legge 196 sul bilancio dello Stato, riscritto dalla riforma approvata ad agosto). Resta da capire se questo basterà a superare le perplessità dei tecnici sulle chance di raggiungere l’1% di crescita nel 2017 mantenendo il deficit al 2%, al netto degli spazi aggiuntivi da agguantare in Europa. Ancora ieri il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha respinto l’idea di una limatura ulteriore della crescita, mentre sul deficit/Pil al 2% la discussione all’interno del governo è stata intensa già nei giorni che hanno preceduto la nota sul Def. «I numeri - ha confermato anche ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan intervenendo al convegno «Obbligati a crescere» organizzato dal Messaggero - sono basati sulla valutazione molto attenta degli impatti, non su fantasie né su aspettative irrealizzabili».
Fra i temi che torneranno al centro dell’esame ci sono le misure per il rilancio degli investimenti pubblici e privati, su cui ha insistito il titolare dell’Economia. Il rilancio degli investimenti privati, spiega il titolare dell’Economia, punta a far ripartire la produttività, che «è in diminuzione ed è l’indicatore più preoccupante, più del debito e dei crediti deteriorati delle banche». Nel pacchetto per rilanciare il credito, come confermato da ieri dal premier Matteo Renzi, ci saranno anche «900 milioni in più sul Fondo centrale di garanzia perché le banche tornino a fare prestiti» .
Sugli investimenti pubblici, che nel 2017-2018 dovrebbero attestarsi al 2,3% del Pil consolidando l’inversione di tendenza avviata nel 2015, la strada passa «dal miglioramento dei meccanismi di spesa», che si traduce anche in un nuovo intervento sulle regole di finanza pubblica. La spinta aggiuntiva agli investimenti in manovra dovrebbe valere intorno ai due miliardi, e una quota importante di questa dote (si parla del 50%, ma i numeri sono da definire) dovrebbe andare agli enti locali con il del «bonus» sul fondo pluriennale vincolato e con meccanismi per sbloccare gli avanzi di bilancio negli enti che hanno disponibilità ancora bloccate dai vincoli di finanza pubblica. «La debolezza della ripresa dipende soprattutto dai bassi investimenti», rilancia il vicedirettore di Bankitalia Fabio Panetta, spiegando che secondo le stime della banca centrale gli incentivi avviati quest’anno potrebbero «accrescere di due punti e mezzo percentuali l’accumulazione di capitale produttivo nell’arco di un biennio». Da Bankitalia inoltre l’invito ad «alleggerire le imposte sui fattori della produzione».