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Così Mosca ha beffato gli Stati Uniti con i suoi hacker

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Così Mosca ha beffato gli Stati Uniti con i suoi hacker

Putin e Obama (Ap)
Putin e Obama (Ap)

NEW YORK - Un’inquietante inchiesta del New York Times aggiunge agghiaccianti dettagli alle notizie che riguardano le operazioni di hackeraggio russo sui computer del partito democratico e anticipa che entro il 20 di gennaio, prima dell'uscita di scena di Barack Obama potranno esserci imbarazzanti rivelazioni su Mosca, incluse informazioni su rapporti e contributi di oligarchi russi e Vladimir Putin. Secondo la ricostruzione del New York Times, che offre uno spaccato di nomi e comunicazioni via email, il primo avvertimento su una possibile intrusione di hacker russi nei computer del partito democratico risale al settembre del 2015 quando l'agente speciale dell'Fbi Adrian Hawkins chiama il Comitato Nazionale del partito democratico, chiede di parlare con qualcuno addetto alla sicurezza dei computer per denunciare gravissime attività di hackeraggio russo nei computer del partito: una importante istituzione americana poteva essere esposta a un cyberattacco devastante.

Dopo essere stato messo in contatto con un “help desk” generico Hawkins rivela a Yared Tamene, un consulente informatico esterno ignaro di procedure e tecniche del cyberterrorismo, che il gruppo dietro le operazioni di hackeraggio è pericolosissimo, chiamato in gergo The Dukes e invita a prendere misure difensive immediate. La reazione di Tamene? «Credevo fosse uno scherzo». E per settimane non informa nessuno.

Poi l'agente richiama con messaggi ancora più allarmanti, ma l'intera faccenda viene gestita a livelli “junior”, con distacco e poca professionalità. E prima che i democratici si rendano conto del pericolo e della portata delle operazioni di spionaggio passano sette mesi. A quel punto è troppo tardi. La tecnica? Un funzionario del partito, diciamo John Podesta, riceve una email da Google che lo avverte, la sua password è stata hackerata, lo invita a cambiarla subito collegandosi a un server centrale. Peccato che se il destinatario segue le istruzioni di fatto consegni le chiavi di accesso alle sue email agli stessi intrusi!

Gli hacker si moltiplicano. Intervengono Cozy Bear, Fancy Bear e Guccifer2 che la Cia ritiene siano direttamente legati ai servizi russi e al Cremlino,. Gli inquirenti americani diramano messaggi pubblici denunciando i nomi. Su queste pagine riportiamo le denunce, il mondo intero ne parla, ma ormai è troppo tardi. E si capisce presto che Mosca non vuole solo fare spionaggio ma vuole usare pubblicamente le informazioni. Usando Wikileaks i russi diramano devastanti informazioni sui democratici. Un esempio? Debbie Wasserman scrive una email che definisce il giudizio di Hillary Clinton “subottimale”. Un'altra email conferma che il partito fa preferenze per Hillary a svantaggio di Bernie Sanders, cosa che spacca i democratici.

La gravità della situazione è tale che quattro senatori hanno formato una commissione bipartisan per avviare un'inchiesta autonoma contro il parere del presidente eletto Donald Trump, che ha finora negato la veridicità delle rivelazioni. La posizione del presidente eletto pone un problema guardando in avanti, perché saranno i suoi uomini a guidare le agenzie preposte al controspionaggio. E la sua reazione è molto personalizzata, istintiva, ritiene che le rivelazioni di questi giorni mettano in dubbio la sua forza elettorale e contrattacca, offeso nell'orgoglio.

Di certo, dopo mesi di scoop di Wikileaks, coperture giornalistiche, polemiche interne agli Stati Uniti, accuse contro la Russia di interferenza nelle elezioni americane, comincia ad emergere un quadro molto preciso di quello che è successo. Ma emerge anche un quadro preoccupante dell'inefficenza dell'FBI, che usa il telefono chiamando il centralino del partito democratico invece di allertare i vertici; dei funzionari del partito democratico che non reagiscono; della ritrosia dell'amministrazione Obama a intervenire con prontezza.

Una rivelazione? Obama prende da parte Putin all'ultimo G20 e lo avverte a non continuare altrimenti vi saranno ritorsioni americane, ma poi sceglie di pubblicizzare nulla. Emerge soprattutto la spregiudicatezza di Mosca, che per la prima volta usa informazioni riservate, normalmente destinate agli archivi del controspionaggio, per modificare le posizioni dell'opinione pubblica. Emerge anche la straordinaria capacità russa di muoversi nell'ombra, e addirittura di usare a suo vantaggio gli strumenti che dovrebbero essere garanti della trasparenza del processo democratico, i servizi, i partiti e i funzionari dei partiti, la rete e i media, che ignari diffondevano le notizie raccolte dagli hackers convinti di fare un servizio pubblico.

Come ammette lo stesso New York Times nell'articolo di questa mattina: «Siamo stati usati». Nel frattempo la pentrazione russa dei server si è ormai estesa a molte altre istituzioni americane ed europee. In Germania ad esempio dove l'anno prossimo ci saranno importanti elezioni.

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