In molti Paesi le elezioni sono diventate una roulette. Negli Usa Donald Trump ha vinto per 77mila voti, meno dello 0,1% dei votanti. In Francia domenica succederà la stessa cosa. Il passaggio al secondo turno sarà deciso da un numero esiguo di elettori. Al momento la situazione è incertissima. A dar credito ai sondaggi di questi ultimi giorni può succedere di tutto. Solo il candidato del partito socialista, Hamon, sembra tagliato fuori dal ballottaggio. La maggior parte dei sondaggi dà ancora davanti Le Pen e Macron, entrambi sopra il 20 per cento.
Ma sia Fillon che Mélenchon hanno ancora possibilità concrete di arrivare primo o secondo e quindi guadagnarsi il passaggio al secondo turno. In queste condizioni non si può fare alcuna previsione attendibile. Come dicevamo: può succedere di tutto. La cosa che si può fare però è esplorare i dati. Non quelli delle intenzioni di voto che sono i più labili, ma quelli sulle preferenze degli elettori sui temi più rilevanti della campagna elettorale.
Questo per cercare di capire due cose da cui in ultima analisi dipenderà l’esito del voto: quali sono le questioni più salienti della politica francese e chi tra i candidati maggiori è più in sintonia con gli elettori su queste questioni, tanto da essere considerato più credibile per affrontarle.
È quello che il Cise ha fatto con un sondaggio ad hoc effettuato tra la fine di marzo e i primi di aprile.
I dati raccolti spiegano molto dell’incertezza che domina la politica francese oggi. Una volta c’era la dimensione sinistra-destra a strutturare gli atteggiamenti dei francesi nei confronti dei partiti e a orientare il loro voto. Adesso non è più così. L’immigrazione da una parte e l’Europa dall’altra hanno cambiato lo spazio della politica in Francia, e non solo lì. Sono temi trasversali. Eppure destra e sinistra non sono scomparse. Ci sono questioni importanti per i francesi che sono ancora classificabili come di sinistra e di destra. Questo spazio politico a più dimensioni è una sfida complicata da gestire per tutti ed è la ragione principale della volatilità del voto e della imprevedibilità dell’esito elettorale.
Prendiamo il caso della Le Pen. I nostri dati dicono che i temi su cui i francesi sono maggiormente d’accordo sono la limitazione dell’immigrazione (79%) – tema solitamente di destra - e la difesa della legislazione attuale sull’aborto (81%), tema di sinistra. Il primo ha un livello di priorità elevato per un maggior numero di elettori (63%) contro il 53%. Ma non è questa differenza a colpirci. Quanto il fatto che da una parte il 67% dei sostenitori del radicale di sinistra Mélenchon è favorevole a limitare l’immigrazione e dall’altra il 75% dei sostenitori della Le Pen non vogliono cambiare la legge sull’aborto e addirittura l’84% vorrebbero legalizzare l’eutanasia (altro tema di sinistra). L’unico ad avere una posizione ideologicamente “coerente” è Hamon, che forse non a caso è il candidato meno competitivo.
Di questi tempi è l’abilità a combinare in maniera credibile posizioni ideologicamente differenziate il fattore decisivo per vincere le elezioni in Francia, come altrove. Su questo la Le Pen ha un netto vantaggio competitivo sui suoi rivali. Non solo il tema dell’immigrazione domina l’agenda politica, ma su questo tema la sua credibilità è di gran lunga superiore a quella degli altri candidati.
Il 50% dei francesi la giudica credibile contro il 12% che pensa la stessa cosa di Fillon, che pure su questa dimensione si colloca al secondo posto, ma con un distacco di ben 38 punti. Per non parlare di Macron che su questa questione è credibile solo per il 7% dei francesi. Per lui questo dato rappresenta un problema in generale, vista la salienza complessiva del tema, ma anche perché il 70% di coloro che dicono di volerlo votare vogliono ridurre il numero dei rifugiati. Forse è anche questo il motivo per cui in molti sondaggi il sostegno a Macron viene valutato come più incerto, più qualitativamente labile, rispetto a quello per la Le Pen e Fillon.
Nel quadro delineato dai nostri dati l’Europa occupa una posizione particolare. La grande maggioranza dei francesi vuole restare nell’Ue e non vuole uscire dall’euro. Le percentuali sono su entrambe le questioni sopra il 60. Il tema però ha una priorità inferiore rispetto a quello dell’immigrazione. Questo è un vantaggio per la Le Pen, ma non basta a compensare il fatto che, a fronte dei 77% dei suoi elettori che vorrebbero uscire dall’Ue, c’è il 62% dei francesi che vogliono restarci.
Contrariamente a quanto molti pensano, proprio l’Europa (insieme ai temi eticamente sensibili) potrebbe essere la questione decisiva al ballottaggio per impedire la vittoria della Le Pen, chiunque sia il suo sfidante. Macron, che su questo tema ha una buona credibilità, lo ha capito. Il suo problema è che deve avvicinarsi maggiormente alle posizioni dei francesi (e anche dei suoi elettori) sulla questione dell’immigrazione. Un problema che hanno anche altri leader di partiti moderati europei.
Domenica si vedrà quali candidati avranno messo insieme il pacchetto di politiche più convincente per passare al secondo turno. E il 7 maggio si saprà il nome del prossimo presidente francese. Oggi la sola cosa certa che si può dire è che se Marine Le Pen andrà al ballottaggio l’esito non sarà quello che ha visto soccombere il padre contro Chirac nelle presidenziali del 2002. Allora finì 82% a 18% a favore di Chirac.
La Francia è cambiata. La versione francese della conventio ad excludendum non funziona più come in passato. Chi vuole vincere il 7 maggio dovrà farlo convincendo i francesi di essere il candidato più credibile per affrontare i problemi che li preoccupano maggiormente e non solo presentandosi come il candidato “contro”. Le rendite di posizione non ci sono più. Neanche a Parigi.
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