È solo accaduto quel che era scritto da molto tempo: re Salman dimette il principe ereditario e nipote Mohammed bin Nayef, e promuove al suo posto il figlio Mohammed bin Salman che fino a ieri era il vice principe ereditario. La linea di successione nella casa degli al-Saud non cambia solo per una questione di sangue all'interno di una famiglia composta da oltre 7mila principi costosi e ambiziosi: si adatta alla realtà dei poteri nel regno dell'Arabia Saudita.
Il nuovo principe ereditario, Mohammed figlio di Salman, è il ministro della Difesa, il responsabile supremo delle riforme economiche che in pochi anni dovrebbero liberare il primo produttore di petrolio al mondo dalla “prigione” degli idrocarburi, il titolare della disastrosa guerra nello Yemen e dell'agenda siriana.
Per decenni l'Arabia Saudita aveva mantenuto un profilo politico quasi evanescente: la sua saggia diplomazia guidata da Saud al-Faisal attenuava i problemi della regione e i suoi petroldollari compravano i più riottosi. Da tre anni la diarchia Salman-Mohammed (il figlio, non il nipote) hanno trasformato l'Arabia Saudita in una potenza assertiva e aggressiva. Se prima il regno negava di avere qualsiasi ambizione, ora con le armi, il denaro e Donald Trump afferma le sue nuove ambizioni geopolitiche.
A parte la carica di principe ereditario, in questo ultimo anno era difficile capire quali poteri avesse invece Mohammed bin Nayef: un volto e un profilo praticamente scomparsi dalle cerimonie ufficiali come dal centro del potere saudita.
Anche al grande vertice sunnita “contro il terrorismo” del mese scorso a Riad, benedetto dalla presenza di Donald Trump, il principe ereditario era praticamente invisibile. Trionfava invece alle spalle del re e dell'ospite americano, la figura imponente nel fisico come nei poteri politici di Mohammed figlio di Salman.
In quell'occasione Trump aveva affidato all'Arabia Saudita il compito di guidare il Medio Oriente ed è possibile che il monarca abbia interpretato questa investitura come un via libera per accelerare il cambiamento di successione.
Qualcosa di simile all'improvvisa decisione di isolare il Qatar, nel tentativo di costringerlo ad allinearsi ai voleri sauditi: una scelta presa pochi giorni dopo il vertice di Riad e rivelatasi sbagliata. L'Iran che era il bersaglio originale dell'azione contro il Qatar, è diventato ancora più potente, mentre il Consiglio di cooperazione del Golfo e l'intero fronte sunnita sono più divisi di prima. Pochi Paesi arabi e musulmani hanno aderito al boicottaggio contro il Qatar.
Il cambio di successione dinastica saudita sarebbe accaduto comunque prima o poi. Il sostegno di Trump al nuovo ruolo regionale saudita ha probabilmente accelerato la decisione. Ma come l'azione contro il vicino emirato della famiglia al-Thani, anche la promozione di Mohammed bin Salman nasconde qualche pericolo. Il re è molto anziano e malato e suo figlio, poco più che trentenne, potrebbe non avere il tempo sufficiente per affermare il suo diritto dinastico di fronte ai molti cugini e parenti non meno ambiziosi. Nominando prima suo nipote e ora il figlio, Salman aveva interrotto la regola secondo la quale successore di Abdul Aziz al-Saud, il fondatore del regno, sarebbe stato il più anziano dei suoi figli: uno dopo l'altro tra la ventina di maschi generati da Abdul Aziz.
Il cambiamento era stato approvato da una commissione di saggi: il primo come la seconda tuttavia non avevano una veste ufficiale e definitiva. In sostanza, finita la generazione dei figli del fondatore del regno, una nuova regola per la successione non è mai stata sperimentata e potrebbe essere contestata da altri pretendenti. Il Paese che dovrebbe stabilizzare il Medio Oriente dopo averne fomentato il caos – insieme a tanti altri – ha debolezze interne che potrebbero vanificarne il ruolo di taumaturgo regionale.
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