Oggi in Russia è un giorno come tanti. «Spiegatemi, cosa c’è da celebrare?», chiede il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. Nel 2005 la celebrazione della rivoluzione d’Ottobre è stata sfrattata dal 7 al 4 novembre, sostituita con il “Giorno dell’unità nazionale” in memoria della cacciata di polacchi e lituani per mano di Kuzma Minin e Dmitrij Pozharskij, il mercante e il principe che liberarono il Paese molto prima dei bolscevichi, nel novembre 1612.
Sono pochissimi a ricordarselo. Ma Vladimir Putin, più in sintonia con i Romanov che con Lenin, diffida di qualunque accenno di protesta, figurarsi celebrare il termine “rivoluzione”. Il governo attuale ha preso il posto di quello sovietico in modo legale, ma è a disagio sulle proprie origini. Preferisce restare ambiguo e prendere ciò che gli serve della storia dell’Urss - a partire dalla sconfitta del nazismo; tentare una condanna non troppo drastica delle repressioni senza demonizzare Stalin; e andare direttamente a riallacciarsi all’impero zarista. Più della storia contano la stabilità (del regime), l’unità nazionale. «La Russia - dice Putin - non è iniziata nel 1917, né nel 1991. Abbiamo un’unica storia ininterrotta».
Eppure, se il 7 novembre 1917 i bolscevichi si impadronirono del Palazzo d’Inverno a Pietrogrado quasi di soppiatto, i giorni e gli anni successivi stravolsero radicalmente la Russia: la sua società, la guerra, l’economia, l’impero, il rapporto con il mondo. Le conseguenze di tutto questo, ha ammesso Putin, sono «complesse», ma «dovrebbero essere lasciate agli esperti». Così, mentre il Cremlino resta in silenzio, il centenario dell’Ottobre si è moltiplicato in dibattiti, mostre fotografiche, conferenze, rievocazioni.
«La rivoluzione - scrive lo studioso Maksim Trudoljubov - è il certificato di nascita della Russia moderna. Ricordare le origini dello Stato russo sarebbe un atto di onestà». Così abbiamo pensato di lasciare la parola alla gente. Figli della rivoluzione, russi e cittadini delle repubbliche ex sovietiche il cui destino è comunque passato in qualche modo da quel 7 novembre. Abbiamo chiesto loro un ricordo, o una storia, una riflessione. La loro risposta tradisce il desiderio di parlarne: disponibile e appassionata, indica un quadro pieno di contraddizioni, di ombre più che di luci, punti di vista diversi sul significato dell’Ottobre, interrogativi e dubbi. C’è chi è nostalgico e chi scrolla le spalle, davanti a un Paese che, cent’anni dopo, non è ancora riuscito a fare i conti con il proprio passato. Sono voci di una rivoluzione irrisolta.
Pavel, 39 anni, manager, Mosca/Parigi:«Non abbiamo ancora imparato a essere liberi»
La rivoluzione del 1917 per me è un fatto molto lontano e nello stesso tempo costantemente presente nella mia vita. Sono nato nell’Urss, ma gli anni della mia formazione li ho vissuti in un periodo cruciale, la perestrojka: nel 1985 ho iniziato la scuola, e ho lasciato la Russia nel 1997. Ho attraversato il cambiamento di atteggiamento verso quei fatti: dallo status di avvenimento principale nella storia dell’Urss alla definizione di questo periodo come la catastrofe principale della Russia. Per me è uno dei cicli della storia, l’esperimento socialista che al posto della libertà ha condotto a una mancanza di responsabilità verso la popolazione, ancora maggiore che nel secolo XIX, e a una terribile dittatura. Mi sembra che questo periodo non si sia ancora concluso nella Russia contemporanea: non abbiamo ancora imparato a essere liberi, viviamo ancora nel mito della lotta permanente contro tutto il mondo.
Per la Russia reale la rivoluzione è finora un avvenimento non compreso e non accettato. Posso fare un confronto con la Rivoluzione francese: anche quella è stata un grande sovvertimento per la Francia e l'Europa, e ha provocato numerose vittime. Ma oggi l’atteggiamento nei suoi confronti è più distaccato, perché si è cercato di desacralizzare questo periodo e di stabilire un rapporto oggettivo, smettendo di manipolare le opinioni e i ricordi. È un fatto storico. Il 1917 in Russia non lo è ancora diventato: è ancora troppo soggettivo, troppo personale, troppo vivo.
Spero che il centenario della Rivoluzione aiuti ad andare oltre. Mi sembra che la continua riscrittura della storia freni lo sviluppo del Paese. Il fatto che la festività del 7 novembre sia stata sostituita con un’altra creata artificialmente - il Giorno dell’unità nazionale - dimostra che si sta cercando di cancellare questa data, espellerla dalle date importanti della storia russa. A me sembra che l’anniversario dovrebbe essere l’occasione per discutere che influenza e che eredità ha lasciato nella società contemporanea. Invece di chiacchierare sul destino del mausoleo di Lenin. Mi sembra che le autorità non desiderino, anzi temano di ricordare questi fatti, come se lo spettro della rivoluzione incombesse sulla Russia di oggi. Ma perché il fantasma scompaia per sempre, a mio parere è necessario arrivare a una concretizzazione del processo storico che ha condotto agli avvenimenti dell’Ottobre 1917, e a quelli che seguirono.
Alsù, 50 anni, insegnante, Mosca:«Per noi una ferita per tre generazioni»
Mia nonna ai tempi della rivoluzione stava a Kazan: dopo l’esproprio dei bolscevichi fu privata del suo piccolo negozietto e rimase senza mezzi. All’inizio degli anni 20 nel bacino del Volga scoppiò la fame, lei la soffrì appieno. Nello stesso periodo il nonno di mio marito, invece, in Lettonia andava a cavallo per i boschi inseguendo i “nemici della rivoluzione” durante la guerra civile. Quindi la rivoluzione ha lasciato una ferita in tre generazioni della mia famiglia. Non posso fare a meno di vederla come una tragedia che divise il popolo.
Marianna, studentessa, Pietroburgo/Roma:«L’avvenimento più contradditorio del XX secolo»
È improbabile che nella storia del XX secolo sia avvenuto qualcosa di più contraddittorio e fatale della rivoluzione d’Ottobre. È stata un avvenimento che ha innescato un meccanismo di guerra civile, totalitarismo e repressione, oppure la liberazione di un popolo oppresso? È curioso che l’anniversario quasi non venga celebrato, mentre gli studiosi spesso confondono i nomi e le date, e la contraddittorietà delle valutazioni dei fatti storici non li aiuta a formulare una propria opinione. Oggi, cent’anni dopo, è più importante che mai conoscere e studiare la storia della rivoluzione sulla base delle testimonianze e dei documenti dell’epoca, e non delle tortuose interpretazioni di questo o quello.
Oleg, 44 anni, avvocato, Mosca: «L’anno in cui la Russia ha trovato una voce»
La rivoluzione d’Ottobre è stata il risultato della reazione della società ai processi in corso in Russia. Parte della società non era soddisfatta né della propria condizione, né del ruolo ricoperto nella gerarchia sociale. Rimasta sostanzialmente silenziosa fino al 1905, dimostrò quella che ora viene definita una posizione civica. Prima di allora, mai nella storia della Russia le grandi masse della popolazione si erano attivate su un piano nazionale, né avevano espresso il proprio malcontento (non si può tenere conto di manifestazioni locali del tipo della rivolta di Pugaciov). Da questo punto di vista, la rivoluzione d’Ottobre è stata e resta un caso unico. Una pietra miliare per ricordare a tutti che la Russia non sarebbe più stata un Paese abitato da persone senza voce.
Io separo in modo netto la rivoluzione d’Ottobre dai fatti che l’hanno seguita:e se il terrore rivoluzionario si colloca in qualche modo in una logica di lotta per i diritti di una determinata classe, i fatti iniziati negli anni 30 e il terrore che li ha accompagnati a mio giudizio sono manifestazioni di un ordine reazionario, di un ritorno a un potere centralizzato (in piena contraddizione con quello a cui chiamava la rivoluzione con uno slogan come “tutto il potere ai Soviet!”) e della soppressione del pluralismo delle opinioni. In nessun caso è lecito confondere con la rivoluzione d’Ottobre questi fatti negativi che le sono seguiti.
E tuttavia, con mio profondo dispiacere il potere attuale fa di tutto per mettere sullo stesso piano la rivoluzione e i fatti successivi, in realtà controrivoluzionari.Sono lontano dall’idealizzare l’Ottobre, sanguinoso quanto la rivoluzione francese. Ma non posso non notare che in Francia ricordano la loro rivoluzione e le danno il dovuto, mentre la nostra in Russia viene demonizzata. È possibile che questa semplificazione dello scenario, in cui si dimenticano le conquiste della rivoluzione (basti ricordare che la Russia ha introdotto, primo Paese al mondo, il suffragio universale, ponendo uomini e donne sullo stesso piano) abbia lo scopo di proteggere la Russia da ulteriori “scossoni alla barca”, per non dire di più.
Da qui la soppressione della festa del 7 novembre. Ma anche il trasferimento a un’altra festività, il 4 novembre, non ha cancellato dalla memoria della gente il novembre come mese di celebrazione proprio della rivoluzione d’Ottobre. Per questo il 4 novembre, ribattezzato Giorno dell’unità nazionale, io non ho ricordato tanto Minin e Pozharskij, che liberarono Mosca dai polacchi (quei due li noto già ogni volta che passo davanti al loro monumento sulla piazza Rossa), ma piuttosto una fase unica nella storia della Russia. Non c’erano champagne e buffet, ma vi assicuro che nel weekend, con gli amici, ho parlato proprio di politica.
Pavel, 15 anni, studente, Mosca:«Lenin? Un nome troppo lontano»
Rivoluzione d’Ottobre? Mai sentito parlare. Un mio amico dice che ogni rivoluzione è abbattimento del potere. Il nome di Lenin? Non mi è nuovo, ma è troppo lontano e legato a qualcosa che è successo troppo tempo fa.
Nikolaj, 39 anni, ingegnere, San Pietroburgo:«Non furono i bolscevichi a rovesciare lo zar»
Nella Russia di oggi la rivoluzione d’Ottobre è uno degli avvenimenti meno studiati. In epoca sovietica venne offuscata dalla Grande guerra patriottica, mentre ora il partito al potere è di fatto in opposizione al bolscevismo. Per questo non ci sono studi obiettivi di quegli anni, e per questo nella coscienza popolare spunta una gran quantità di miti falsi sulla rivoluzione, accettati in Occidente. Per esempio: nel 1917 le rivoluzioni furono due. In febbraio il sistema di governo passò dalla monarchia alla repubblica parlamentare, sul modello di altre rivoluzioni in Europa. E solo in ottobre il partito bolscevico ha preso il potere. Ma ha dovuto difenderlo con le armi. Quindi non sono stati i bolscevichi a rovesciare lo zar. Inoltre, non solo avevano la supremazia militare, ma anche politica.
Mark, 55 anni, interprete e politologo, Mosca:«Smettiamo di riscrivere la storia»
Della cancellazione della festività del 7 novembre, sostituita con la Giornata dell’unità nazionale del 4 penso tutto il male possibile. Mi spiego. Quando ero ragazzo, in Italia, a scuola il 4 novembre era festivo. Era la vittoria italiana nella Grande guerra (così si chiamava la Prima, quando ancora non c’era bisogno di numerarle). Ed erano ancora vivi taluni combattenti di quella guerra, da cui ora ci separa un secolo. Pian piano sono andati via, e il 4 novembre ha smesso di essere festivo.
Il fatto è che, che siano ricorrenze laiche o religiose, ci sono dei periodi in cui l’uomo ha bisogno di “staccare”, in tutte le culture: agli inizi di novembre possono essere i morti, i santi o la rivoluzione d’Ottobre; se Natale si fa a dicembre bene, ma se, per il calendario giuliano, coincide con la Befana di quello gregoriano, va bene lo stesso; a febbraio può essere carnevale o le forze armate russe (e ancor prima sovietiche, fin dal 1918); l’8 marzo, per fortuna, in Russia è ancora tale; e ad aprile-maggio possono essere le due Pasque (cattolica e ortodossa), ma anche la Liberazione italiana del 25 aprile, la festa del lavoro il 1° maggio (ridicolo trasformarla in “festa della primavera”, spero di non dover ricordare i tragici avvenimenti a seguito dei quali questa ricorrenza fu istituita) e la vittoria sovietica nella Grande guerra patriottica (la Seconda guerra mondiale), senza la quale, per dirla con Mario Monicelli, oggi parleremmo tutti tedesco; la festa della Repubblica in Italia il 2 giugno, ma della Costituzione in Russia il 12 giugno.
“Senza la rivoluzione d’Ottobre probabilmente non avremmo avuto il voto alle donne, e soprattutto negli anni 40 sarebbe andata ben (mal) diversamente”
Ecco, torniamo al 4 novembre: Giorno dell’unità in Russia, ma in realtà è la cacciata degli invasori polacchi e lituani nel... 1612. Mi pare un po’ tirata per i capelli. La Storia (con la “esse” maiuscola) non conosce “se” e “ma”, eppure senza la rivoluzione d’Ottobre probabilmente non avremmo il voto alle donne e soprattutto negli anni 40 sarebbe andata ben (mal) diversamente. In ultima analisi, in tutto il mondo, bisognerebbe smetterla di riscrivere periodicamente la storia a seconda della contingenza e delle convenienze del potentato di turno.
Viktoria, 61 anni, fotogiornalista, Mosca: «Basta sangue in Russia»
Ritengo che la rivoluzione d’Ottobre sia stata l’avvenimento più tragico in tutta la storia della Russia. E anche per il destino di altri popoli. Tutto quello che l’Unione Sovietica ha raggiunto con crudeltà, maltrattamenti, umiliazioni del suo stesso popolo, lavoro di schiavi, gli altri Paesi l’hanno ottenuto attraverso un libero sviluppo che nell’Urss non era possibile. Lenin era un essere mostruoso, che ha dimostrato cosa può succedere quando il fine giustifica i mezzi. Stalin ha solo sviluppato questo insegnamento e questa direzione, portandoli a un assurdo sanguinoso. Purtroppo, la Russia non ha imparato dai propri errori: il “fine che giustifica i mezzi” continua anche oggi a essere una dottrina centrale. Per me la lezione principale della rivoluzione è che in Russia non è più lecito ottenere qualcosa con il sangue: viviamo nel sangue già da cento anni, dobbiamo lavarlo via. E non aggiungerne di nuovo.
Leonid, 59 anni, traduttore, interprete e insegnante, Mosca: «Un disastro totale»
Penso che la rivoluzione sia stata un disastro totale per la Russia, e che non abbia dato al Paese niente di positivo, solo disgrazie e guai. È evidente che qualcosa andava cambiato nella vita sociale e politica, ma non in maniera così radicale e violenta, che comportò la distruzione di ogni istituto democratico e la rimozione di tutti i partiti politici, tranne quello bolscevico. Il famigerato “terrore rosso” tolse la vita a moltissime persone colpevoli solo di non essere d’accordo con il nuovo potere o, peggio ancora, di appartenere a uno strato sociale “sbagliato”, come sacerdoti, nobili e contadini più o meno benestanti.
L’assassinio della famiglia dello zar è stato un delitto tremendo. Che cosa, allora, fece sì che la rivoluzione riuscisse a spazzare via ogni resistenza, compreso il “movimento bianco” durante la Guerra civile, che cosa permise al nuovo potere di non perdere il dominio del Paese? Non sono domande facili, tanti studiosi e intellettuali eminenti provarono a rispondere... Secondo me, la vittoria dei bolscevichi è dovuta ad alcuni fattori: agli slogan semplici ed efficienti (mai realizzati), come “la terra ai contadini, le fabbriche agli operai”; all’intimidazione costante e feroce della popolazione, alla disunione fra le forze in opposizione al regime, alle illusioni di alcuni intellettuali, secondo cui il nuovo potere era in grado di consolidare e rafforzare il Paese.
Dei tempi sovietici ricordo che il 7 novembre è sempre stata una grande festa, qualcuno partecipava alla sfilata che attraversava la Piazza Rossa (come mio padre), ci si divertiva tanto, gli amici si riunivano, si bevevano vini georgiani, cognac armeni e vodka, si mangiavano varie prelibatezze, procurate in maniera non sempre corrispondente alla morale comunista...Oggi invece non mi sono accorto di alcuna forma di celebrazione dell’anniversario, proposta dal governo. Ma io non guardo la tv quasi mai.
Elena, 47 anni, Pietroburgo/Milano:«L’orgoglio di venire da Leningrado»
Sono nata a Leningrado, la città che oggi porta il nome di San Pietroburgo. Fino a quasi 20 anni ho praticato il tennis a livello agonistico. Ho viaggiato tanto e ho visitato, grazie ai fondi che arrivavano dallo Stato per i bambini, tutte le ex-repubbliche sovietiche, oggi Stati indipendenti. Mi ricordo che la parola “Leningrado” suonava come qualcosa di mistico e magico per le persone che incontravo in ogni angolo dell’allora Unione Sovietica. Percepivo ovunque una simpatia particolare per noi. La mia città nativa è stata la più amata nell’Urss per la sua storia singolare e tragica, la resistenza triennale all’assedio disumano dei nazisti, la bellezza imperiale, i musei e i teatri. E per la gente, naturalmente, che abitava a Leningrado! I miei genitori sono ingegneri, hanno lavorato tanto per tirare su la nostra famiglia.
Lo Stato sovietico offriva parecchio a livello sociale, e certe cose di una volta non le vedi proprio nella Russia moderna, come, ad esempio, corsi gratuiti di sport, musica, teatro. La vita nell’Urss è stata bella per molti motivi, ma anche difficile e travagliata per i nostri genitori e nonni. Grazie alla mia famiglia, io e mia sorella siamo cresciute in un ambiente sano e pieno di amore, siamo cresciute in una città unica e fantastica, piena di vita e di cose belle. Ma mi rendo conto che per tante, tantissime persone non è stato cosi. Ecco perché non si arriverà mai a un giudizio unico ed universale sulla vita nell’Unione Sovietica che, bisogna ricordarlo per capire meglio la nostra storia, aveva quasi 250 milioni di abitanti.
Ermitage, 100 anni dell'Ottobre rosso: la Rivoluzione iniziò qui
Svetlana, 57 anni, pensionata, Mosca:l’incrociatore Aurora e le code per gli iPhone
Sulla rivoluzione d’Ottobre nel corso della mia vita ho accumulato opinioni diverse e contraddittorie. Nei ricordi di bambina era simile a una favola - la città, le bandiere colorate, le orchestre nelle piazze, i fuochi d’artificio, e a casa i dolci, gli ospiti e i mazzi di crisantemi. Ricordi simili, probabilmente, all’entusiasmo infantile di qualunque bimbo inglese, per esempio, la vigilia di Natale,le ghirlande sulla porta e i dolci sulla tavola. Più tardi mi sono resa conto che alla tavola imbandita la rivoluzione non veniva praticamente menzionata, mentre papà portava i fiori alla mamma per una ragione personale e gioiosa, nota solo a loro due. Alla radio suonavano le marce, i reportage e i servizi su come la festa veniva celebrata nell’immenso territorio della nostra grande Patria. La sera, l’immancabile concerto degli artisti più famosi. Nulla di strano: era la festa nazionale più importante.
Nei dieci anni di scuola elementare tornavamo costantemente sulla storia della rivoluzione. Nelle prime classi era una storia leggendaria di come il proletariato avesse sconfitto gli speculatori, mentre nelle classi superiori la storia veniva accompagnata all’analisi. Alla fine, tutti questi sforzi educativi condussero a una domanda: la rivoluzione era inevitabile? Cosa sarebbe successo se non ci fosse stata? Per diverse ragioni, allora non trovai risposta. Per me la rivoluzione era un fatto planetario, legato alla nascita dell’Urss, di uno Stato che aveva tutte le chance di diventare impero. In sé,l’idea rivoluzionaria di creare una società senza classi non era male.Non smette di stupirmi come il sogno di costruire un modello simile - rivelatosi poi irrealizzabile - si sia impadronito delle menti di milioni di persone affamate. Questa predisposizione idealistica nelle masse popolari per me resta un mistero.
#1917live: @Aurora_1917 refused to set out to sea - it remains in #Petrograd. http://bit.ly/2hgRorm #Project1917 #PushkinHouse
Nella descrizione degli eventi rivoluzionari si fa sempre riferimento ai tiri a salve dell’incrociatore Aurora, che diedero il segnale per l’assalto al Palazzo d’Inverno: l’inizio della rivoluzione. Oggi, in qualunque città del mondo, neppure decine di tiri smuoverebbero per un minuto la gente in coda per comprarsi un iPhone. La società consumistica ha inghiottito ogni sogno idealistico, affidando il futuro luminoso all'ultimo gadget che hai in tasca. In questi ultimi anni, malgrado abbia letto, ascoltato e guardato tanto sulla rivoluzione, non ho potuto comprenderla fino in fondo. Ma sono sicura che la rivoluzione ha racchiuso in sé un enorme potenziale per la costruzione di una nuova forma sociale umana. Sprecato in modo irresponsabile e imperdonabile.
Khatuna, 44 anni, traduttrice, Tbilisi (Georgia): «I giorni delle parate e dei chewing gum»
Ci portavano “na marshirovki” (alle prove), ai primi di novembre. Dovevamo marciare in migliaia, a colonne, con la camicia bianca e il fazzoletto rosso al collo, davanti alla tribuna allestita in piazza. Su e giù, su e giù, minimo 5-6 vasche ogni giorno. E salutavamo la tribuna vuota che il giorno della parata si sarebbe riempita dai capi del partito. A noi ragazzini piaceva pure, intanto perché saltava qualche lezione e poi in quei giorni nella zona bazzicavano le zingare a vendere i chewing gum. Non si trovavano, nell’Unione Sovietica, le gomme da masticare, solo le zingare le avevano. Non ho mai capito perché non si trovassero, né tantomeno dove le trovassero le zingare. Mi ricordo anche i nomi: Pedro e Donald Gum. Le zingare urlavano però a modo loro: Pedro-Donaldo-Pedro-Donaldo! Per noi Pedro e Donaldo erano la cosa più lussuosa del mondo. Una volta chiesi a mio padre perché 7 novembre se la rivoluzione era d’Ottobre e lui mi spiegò quel gran casino dei calendari. Mi ricordo di non averci capito granché, ma alla fine non me ne fregava neanche più di tanto.
Anna, 32 anni, storica, Mosca: «Il potere attuale l’ha velata nel silenzio»
Ancora oggi la rivoluzione è un evento senza valutazioni precise e ponderate. Questa mancanza si dimostra nella posizione del governo attuale: l’assenza di una celebrazione ufficiale, lo smarrimento totale su come la dobbiamo commemorare. Qualche anno fa la storica festa nazionale (7 novembre o 25 ottobre del vecchio calendario) è stata cancellata, e ci si è inventati un’altra festa improvvisata, che non ha quasi nessun valore storico. Lo smarrimento o anzi l’indifferenza si sente anche tra la gente comune – pochi hanno veramente notato la sostituzione delle date o hanno capito il perché. Pochi oggi capiscono che il governo della Russia è l’eredità dell’Unione Sovietica, che sono le stesse persone; ed è almeno stupefacente che questo potere cerchi di associarsi con la storia della Russia dello zar. In questa confusione la rivoluzione rimane quasi persa, velata dal silenzio. Per quanto sia stata disastrosa, pur sempre rimane una delle poche azioni civiche di cui il popolo russo nella sua storia è stato capace. E dev’essere commemorata per questo, non per la distruzione o il dolore che ha portato.
Peep, 52 anni, chirurgo, Tallinn: «In Estonia non siamo pronti per una riconciliazione»
Credo che la mia riflessione sull’eredità della rivoluzione russa possa riflettere non solo l’esperienza nazionale estone, ma anche quella dell’intera regione occupata dal prodotto di questa rivoluzione proletaria. Con questa rivoluzione il leader dei bolscevichi, Lenin, ha fondato insieme ai propri seguaci uno Stato sovietico diretto da un clan di persone prive di istruzione, intente ad abolire tutto ciò a cui aspirava la gente: istruzione, proprietà fiorenti di singoli e famiglie, la libertà di parola, una letteratura libera...queste aspirazioni non erano l’obiettivo dello Stato sovietico. Al contrario, la monarchia russa - che aveva molti limiti - è stata sostituita dopo la rivoluzione dalla guerra e da un gran numero di gulag, dall’eliminazione di persone istruite e produttive. Il terrore dell’Unione Sovietica e di Stalin, risultato della rivoluzione, ha coinvolto milioni di persone in questa regione.
Lo Stato sovietico ha allargato i propri confini e alla fine ha occupato mezza Europa per più di metà del XX secolo. Solo dopo la caduta del muro di Berlino e il ritorno all’indipendenza, nel 1991, l’Estonia ha potuto iniziare a mettersi il passato alle spalle. E tuttavia non credo che la gente sia pronta a riconciliarsi con alcuna iniziativa politica che apprezzi l’eredità della rivoluzione del ‘17. Anche quando mi sforzo di cercare un aspetto positivo della rivoluzione, non ci riesco. Al contrario, in Estonia la gente torna a ricordare la distruzione, l’esilio o la detenzione delle famiglie, le proprietà nazionalizzate, il terrore e gli amici o i parenti assassinati. In Estonia dopo la rivoluzione il 10% della popolazione è stato esiliato, imprigionato nei gulag, o ucciso. Questa eredità della rivoluzione del 1917 coinvolgerà l’Estonia per sempre.
Aleksandr, 33 anni, dirigente, Mosca/Bergamo:«Quel barattolo con la scritta “veleno”»
L’americano John Reed, sepolto presso le mura del Cremlino, ha espresso molto bene ciò che sconvolse il mondo in 10 giorni, cento anni fa. Chi altro se non lui può ricordare l’ascesa del comunismo , che ancora oggi in Cina ci dimostra che la formula applicata non è solo e=mc2? Io affido il mio ricordo della Rivoluzione a uno scritto di Petr Struve, politico ed economista: «Non senza una ragione viviamo in un manicomio. In questo momento la Russia assomiglia a una vendita all’asta, nella quale l’anima russa viene venduta al miglior offerente. Subiamo l’influenza di gente spudorata, chiassosa, gente che emette ogni tipo di cambiale nella ferma intenzione di non rimborsarle. Il bolscevismo è l’unione tra il veleno internazionalista e la vecchia vodka russa. Con questa terribile brodaglia il popolo russo viene ubriacato da un ammasso di fanatici incorreggibili, giovani e vecchi, appoggiati da un nugolo di agenti tedeschi. È davvero tempo di rinchiudere questa bevanda velenosa in un barattolo, e piazzarci sopra, in osservanza a tutte le regole della farmaceutica, un teschio e la scritta “veleno”».
1/ #1917LIVE Just a quick review of the day as sit in #Smolny. In #Petrograd; today, The street-cars were running on the Nevsky, men, women
Katia, 35 anni, insegnante, Voronezh/Roma«La Russia vuole dimenticare la storia»
Come tutto quello che è legato al sangue e alla violenza, per me una rivoluzione è semplicemente una cosa terribile e dolorosa! Per quanto riguarda la rivoluzione del 1917, a mio parere la cosa più terribile è stata che abbia portato a una tremenda guerra civile, fratello contro fratello, figlio contro padre. Su questo tema mi piace tanto il romanzo “Il placido Don”. Malgrado sia stato terribile, questo è un fatto storico che non si deve dimenticare, deve essere una lezione per il Paese e per la gente...Ma in Russia purtroppo vogliono dimenticare la storia, passare a un nuovo sistema e non voltarsi indietro.
Asta, 40 anni, fashion buyer, Kaunas:«Dalla Lituania, Mosca era grande e lontana»
Sono lituana e vivevo a Kaunas, che era l’antica capitale del Granducato di Lituania, e Mosca era grande e lontana. Le parate nella Piazza Rossa che vedevo in televisione sono ricordi costanti della mia infanzia. Così come le parate a scuola. Erano attività ricorrenti e molto normali. Non credo che da bambini però ne comprendessimo il significato. In fondo, ricordo che i motivi di quei festeggiamenti non erano nemmeno spiegati in dettaglio. Eravamo bambini ed eravamo felici di partecipare ad una festa. Solo crescendo, ho poi avuto la consapevolezza del significato storico della rivoluzione d’Ottobre.
Elena, casalinga, Cipro:«Non è stata una rivoluzione, ma un golpe»
Ho chiesto un pensiero sulla rivoluzione agli altri miei conoscenti che vivono qui...ma siamo tutti “fuoriusciti” dalla Russia, sovok con mentalità sovietica, per così dire. Evghenija, 36 anni, insegnante, vive a Paphos: «Della rivoluzione non penso nulla, in generale. Dal corso di storia a scuola ricordo che si parlava di questo argomento. Ma ora non mi riguarda in nessun modo, non ci penso». Suo marito Pavel, 49 anni, musicista e compositore: «Se non ci fosse stata la rivoluzione, sarebbe stato meglio. Per la gente e per il Paese». Cortino, certo: ma è comunque interessante sapere cosa pensa la gente. Mia figlia Lida ha 12 anni, della rivoluzione non sa nulla. Mio marito Mikhail, 50 anni, imprenditore: «Non è stata una rivoluzione, ma un colpo di Stato. Un golpe sanguinoso e una tragedia immensa per la Russia». Io sono d’accordo con lui.
Natalia, 34 anni, assistente di volo, Mosca:«Inopportuno celebrare una data di sangue»
Poco tempo fa ho visto in metrò uno con una maglietta nera e la scritta: “100 anni della Rivoluzione russa”, e ho pensato, «davvero prende questo anniversario come una festa? o è un’espressione di protesta? o semplicemente un modo per attirare l’attenzione? A me il pensiero della rivoluzione fa pensare alla poesia dell’”età d’argento” (a cavallo tra il XIX e il XX secolo, ndt), in particolare al poema “I dodici” di Aleksandr Blok. Un’epoca triste di speranze ingiustificate per molti, convinti che il nuovo regime avrebbe cambiato la vita in meglio. Mentre la gente semplice è rimasta delusa una volta di più nelle sue speranze. Io non considero affidabile la politica dell’ultimo imperatore russo, che ha condotto alla rivoluzione, ma il barbaro sterminio della famiglia imperiale e di molte persone sgradite al governo rivoluzionario non rendono opportuno celebrare una data di sangue. «Da un muro a un portone Una fune si stende. Sulla fune un telone: “Tutti i poteri alla Costituente!” Una vecchietta non sa cosa vuol dire, né lo potrà mai capire. Perché tanti stracci? Perché quei grandi cartelli? Meglio farne fasce ché son nudi i nostri ragazzi, sono scalzi i nostri monelli» «Amarezza amara, oh, vivere è bello! Carabina austriaca, sdruci nel mantello! Per la rabbia del borghese bruceremo ogni paese ed in fiamme andrà la terra: Dio proteggi questa guerra!” A.Blok, I dodici (traduzione di Renato Poggioli)
Irakli, 29 anni, storico, Kutaisi (Georgia):«L’Ottobre nei vecchi libri di storia»
Ottobre 1917 per me è sempre stato associato ai libri sovietici di storia, brochures e mappe ingiallite, tutta quella roba che trovavo ammucchiata in casa mia e leggevo in quelle lunghe serate senza elettricità degli anni 90, da ragazzo. Leggevo ma non mi lasciava la sensazione che si trattasse di un sapere datato, rimasto nel passato.
Serghej, 39 anni, storico, Mosca:«Perché non posso ringraziare la rivoluzione»
Potrei ringraziare la rivoluzione d’Ottobre per il fatto stesso di esistere: sembra difficile che mio nonno, figlio di uno spazzino e che non ha fatto la scuola, potesse diventare ricercatore e incontrare mia nonna – discendente di famiglia di preti e nobili. Potrei ringraziare la rivoluzione per questa casa da dove ora scrivo, con la vista sui tetti e i campanili di Mosca in un bel rione di Baumanskaja – era una casa avuta gratis dallo Stato – anche se in realtà mio nonno ha messo su i mattoni, insieme ad altri docenti e studenti, per costruirla. Potrei ringraziare la rivoluzione per la tesi di laurea - poesia Majakovskij - e l’architettura di Mosca sovietica in generale, che mi ha sempre ispirato fino a creare Velonotte Academy, e scrivere guide. Potrei elencare molte altre ragioni. Ma non voglio ringraziare Rivoluzione. Quella fredda sera del 25 ottobre a Pietrogrado non ha risolto i problemi della Vecchia Russia; la vita nell’Urss fu governata dall’intolleranza, dalla povertà, dal disprezzo dei diritti da parte del potere - sempre pieno di paura di perderlo.
Nadezhda, 57 anni, giornalista, Mosca:«Il potere teme il proprio riflesso nella storia»
Il centenario delle rivoluzioni russe è qualcosa che noi (noi abitanti della Russia e le autorità che cercano di governare il Paese) finora non possiamo capire e ammettere come parte della storia del nostro Paese, come fatto che ha davvero cambiato il mondo. Come se la società e il potere temessero di guardare in profondità la storia e scorgervi il proprio riflesso. Nel corso della mia vita la versione ufficiale degli avvenimenti del 1917 e degli anni successivi è cambiata radicalmente. Oggi una posizione ufficiale non c’è. E questo, indubbiamente, è positivo. L’anniversario dà alla società la possibilità di analizzare il proprio sviluppo, di ascoltare l’opinione degli storici, di provare a comprendere se stessi.
“Dovrà esserci un pentimento. Una presa di coscienza. Solo la società può costringere il potere a farlo.”
L’Associazione degli storici della società russa ha tenuto una conferenza stampa sulla ricerca internazionale “Il giubileo della ricostruzione”: mostrava che la società russa è spaccata e non si sforza di accettare e riconoscere il proprio passato, sforzandosi di dare valutazioni contrapposte della storia, ma anche al presente. L’interrogativo principale, a mio avviso, riguarda il diritto alla violenza nel nome di una grande causa. Non ha avuto risposta, finora. Non si è verificato finora un pentimento per i crimini del regime verso la gente, i cittadini. Invece il potere - zarista, sovietico, staliniano - è stato romanticizzato. Oppure, la vera realizzazione del socialismo - l’uguaglianza - viene negata.
Dovrà esserci un pentimento. Una presa di coscienza. E anche il riconoscimento della dignità umana e dei diritti dell’uomo come valore supremo. Solo la società può costringere il potere a farlo. Bisogna discutere, ci vuole un grande dibattito. Ha bisogno di tempo. Tempo fa parlavamo con un’amica, la famosa giornalista-ricercatrice Yulia Kalinina. Lei ha detto che la rivoluzione riflette l’antico interrogativo: la Russia è Europa o no? Il dibattito continua anche oggi. Da qui l’odio e le spaccature nella Russia di oggi. Mi sembra che sia possibile superarle: parlando di più, credendo nei valori della democrazia e dell’umanesimo, di cui hanno sempre vissuto la grande letteratura e la cultura russe.
Galina, 53 anni, traduttrice, Mosca:«I pionieri, mio padre, il Palazzo d’Inverno»
La rivoluzione d’Ottobre per me comincia con la mia infanzia quando nel Museo della Rivoluzione ci fu la solenne cerimonia della mia iscrizione ai pionieri. La scena dell’assalto al Palazzo d’Inverno tanto mi si era impressa nella memoria guardando diversi film sulla rivoluzione, che mi è tornata in mente durante il golpe del 1991 quando mi trovavo a Leningrado nel museo dell’Ermitage. Allora nella mia testa ripercorsi tutti gli avvenimenti rivoluzionari. Varie volte alle manifestazioni del 7 novembre mio padre mi prese con sé quando faceva il volontario per mantenere l’ordine pubblico. L’atmosfera era di festa, mi ricordo che ero allegra e divertita. Non cambierei nulla nella storia se non altro perché in una sua piega diversa sarei potuta non nascere.
Armed revolt in Petrograd has begun! Swift & harsh measures will cut insurgency at knees. More troops needed in the city! #1917LIVE
Tatiana, 63 anni, interprete, Mosca:«Sono gli stranieri a voler ricordare»
La rivoluzione d’Ottobre non è un tema che mi ispira entusiasmo. I giovani non vogliono riflettere su quell’evento e per me prima era una verità incontrovertibile, un assioma che nessuno metteva in discussione. Ora invece metti tutto in dubbio perché la verità non la conosci né la conoscerai mai. Secondo me la questione della rivoluzione sta più a cuore agli stranieri mentre i russi cercano di non ricordarla e di cancellarla dai loro pensieri.
Irina, 31 anni, Tbilisi (Georgia):«I mei dubbi sulla principessa Anastasia»
«Bello non partecipare più alle parate». Ogni tanto lo dice ancora mia madre e ricorda come, ogni 7 novembre, gli insegnanti fossero costretti a marciare sulla piazza principale della città per festeggiare la vittoria sullo zarismo. «Chissà che fine avrebbe fatto la principessa Anastasia?», mi chiedevo io sentendola.
Galina, 76 anni, professoressa, Mosca:«La rivoluzione? meglio guardare al futuro»
Non me ne importa niente. Non fa parte neanche un po’ della mia vita. Non voglio guardare indietro, non voglio pensare al passato, preferisco guardare al futuro.
Tatiana, 89 anni, pensionata, Mosca:«Non ne vedevo i lati negativi»
Non ricordo gli anni ’30 del secolo scorso che erano gli anni più difficili e duri dopo la rivoluzione. Sono cresciuta nei tempi in cui la società si basava già sui valori della guerra appena terminata, sul patriottismo. Nel complesso amo quei tempi, si poteva studiare. La rivoluzione già allora ci sembrava un fatto assai lontano anche se ce la inculcavano nella testa a ogni occasione. Spesso e volentieri durante le ricorrenze rivoluzionarie alle lezioni sia a scuola che all’università venivano invitati partecipanti alla rivoluzione o testimoni oculari degli eventi. Ma aveva toccato e riguardato da vicino solo i miei genitori. Sono una persona felice e contenta di aver vissuto durante il potere sovietico. Non ne scorgevo i lati negativi. Mi ha dato moltissimo.
Semion, 55 anni, pittore, Mosca:«Giustizia e umanità, concetti illusori»
Posso dire il punto di vista di un uomo qualunque. Quegli avvenimenti e le loro conseguenze ci dimostrano quanto manchi di equilibrio la nostra apparente “stabilità”. E come una concatenazione di eventi, esternamente non legati l’uno all’altro, portino a conseguenze imprevedibili. Abbiamo visto, una volta di più, come le ambizioni di singole persone, le loro pur nobili intenzioni, conducano invece a effetti terribili e irreversibili. Tuttora non riusciamo a capire dove fu la logica degli avvenimenti storici e dove, invece, una catena di casi fortuiti. È caratteristico che il culto dello zar degenerò in culto del “vate”. La rivoluzione, oppure quello che si definisce con questa parola, ha provocato la morte di milioni di persone. E tutt’oggi ci sono persone che lo giustificano. Quell’avvenimento, secondo me, dimostrò l’illusorietà dei concetti come giustizia e umanità. Ha fatto tornare la Russia nello stato dei fenomeni della natura dove non esiste il binomio “buono-cattivo”.
Denis, 33 anni, manager, Mosca:«Non abbiamo imparato niente dalla storia»
Non sono un profondo conoscitore della storia russa. Conosco solo il principale susseguirsi degli eventi che portarono alla rivoluzione e alla formazione dell’Urss. Ma sono appunto solo avvenimenti, vaghi, senza particolari delle cause e degli effetti, senza un atteggiamento personale. La rivoluzione oggi sono piuttosto le magliette con i simboli sovietici e con Lenin: comici, grotteschi. Sono vecchi film ingenui e più spesso comici sulla guerra tra i rossi e i bianchi. Nella coscienza delle masse, ma nemmeno nella mia, non c’è purtroppo la consapevolezza che la rivoluzione e la successiva guerra civile abbiano un rapporto diretto, immediato con il giorno di oggi. Quando a causa delle proprie convinzioni una persona era pronta a uccidere il suo vicino.
Può darsi che qualcuno a un certo punto abbia tratto delle conclusioni ma nella coscienza collettiva non c’è la comprensione degli errori (e dei probabili meriti) di questo periodo della storia russa. A mio parere è questo il problema principale dei russi che vivono oggi. Ogni volta loro pestano lo stesso rastrello (commettono lo stesso errore) perché la storia non insegna loro niente. O meglio la storia non deve insegnare, essa succede e basta. Ma la gente nella sua maggioranza non impara per pigrizia e per un certo infantilismo. Il risultato è che, come cento anni fa, il mugik russo aspetta fino all’ultimo e poi scoppia la rivolta, come scriveva Pushkin, insensata e spietata. Poi si trova un leader perspicace che “cavalca” la rivolta, promette cambiamenti a destra e a manca, il popolo gli dà retta ciecamente e... tutto da capo.
Levan, 64 anni, filologo, Tbilisi (Georgia):«Gulag, censura, ipocrisia»
L’Ottobre 1917 è stato una tragedia globale seguita dallo sterminio fisico e morale dei migliori uomini e donne dell’Impero russo, dalla nascita dell’“homo sovieticus”, dalla frantumazione della società in denunciatori (spie? informatori?), carnefici e vittime; seguita dai gulag, dalla censura, dall’ipocrisia.
Olga, 44 anni, impiegata, Voronezh:«Per me è ancora un giorno di festa»
Appartengo alla generazione di coloro che tutt’oggi considerano il 7 novembre un giorno di festa. Perché siamo nati in Urss, perché portavamo con trepidazione sul petto la stellina degli ottobrini, perché aspiravamo sinceramente a ottenere il diritto di portare poi il fazzoletto rosso dei pionieri e avere la tessera del Komsomol. E fare di tutto per avvicinare il nostro bellissimo futuro al futuro del nostro bel Paese. L’ideologia generava la volontà di compiere atti eroici, imprese straordinarie nella gloria delle conquiste dell’Ottobre. Io poi sono nata il 29 ottobre, giorno della fondazione della Gioventù Comunista, il Komsomol. E anche a distanza di tanti anni mi sento dire il giorno del mio compleanno: «Atleta, komsomoliana, semplicemente una bellezza» (citazione tratta da un film sovietico). La gente ricorda i film di quegli anni, i libri, la rivista Ogoniok... Si dice che il tempo cancelli tutte le reminiscenze negative lasciando nella memoria solo le cose buone. Ora si può sentire molto su quanto violenti furono gli anni dell’affermazione dell’Urss, su come era difficile la vita in quei tempi, sulla paura che tutti provavano. Sì, lo sapevamo dai nostri cari, amici, conoscenti. Ma NOI siamo figli di questo PAESE. La sua storia è la nostra storia.
Anna, 19 anni, studentessa, Mosca:«Una svolta senza frutti seri»
La rivoluzione d’Ottobre fu un altro momento di svolta nella storia della Russia. Il Paese rimase diviso e fu un ennesimo tentativo di cambiare il destino del popolo che da secoli viveva sotto la frusta dell’assolutismo. La rivoluzione consentì alla gente di tentare di cambiare la vita ma non portò frutti seri.
Elena, 32 anni, musicista, Mosca:«Nicola II, un sovrano debole e abulico»
Vedo la rivoluzione come qualsiasi altro avvenimento del mio Paese. Certamente fu un momento di svolta nel destino della Russia. Un ennesimo ribaltamento del potere come quello cui stiamo assistendo ora. A mio avviso, Nicola II era un sovrano debole e abulico. Il suo entourage e i suoi consiglieri invece non seppero reagire per tempo alla situazione. E il potere fu conquistato da persone più forti. Cominciò la spartizione della proprietà. Ma non posso neppure dire che dopo il loro avvento la Russia divenne prospera. Gli anni 20 furono molto duri per il Paese. Come sempre del resto. Però il popolo russo è molto paziente e perciò cerca di sopravvivere in situazioni così difficili.
#1917live An unofficial meeting of the Military #RevolutionaryCommittee opens at #Smolny. http://bit.ly/2lZkJZ5 #Project1917 #PushkinHouse
Elizaveta, 24 anni, fotogiornalista, Bruxelles:«Inizio promettente, seguito fallimentare»
Ho 24 anni, ma finora non ho un rapporto univoco con la rivoluzione del 1917: per me è uno degli avvenimenti più contraddittori nella storia del mio Paese. Quando mi immagino al posto delle persone oppresse dal regime zarista (la maggioranza), quando penso alle basi sociali, crudeli e ingiuste, dello zarismo, mi sembra che anch’io mi sarei unita ai rivoluzionari, e li avrei appoggiati. D’altra parte, i bolscevichi hanno distrutto un tale patrimonio culturale nel nostro Paese, hanno ucciso così tante persone degne che mi si sbriciola il cuore quando immagino gli avvenimenti della rivoluzione e la repressione che è seguita. Ogni rivoluzione è prima di tutto un fiume di sangue, una moltitudine di morti innocenti. E tuttavia anche il regime zarista ha provocato una moltitudine di vittime. È complicato dire di più….
Oggi, valutando le azioni del regime comunista russo, durato quasi 50 anni, il mio approccio alla rivoluzione è negativo. Penso che l’inizio sia stato promettente, il seguito fallimentare. Più di tutto io personalmente detesto la repressione del pensiero, della libertà di parola, la censura sui libri, i divieti sui viaggi. Hanno rubato ad alcune generazioni una quantità inesauribile di possibilità: si potrebbe anche dire che le abbiano private della loro vita.
Yaryna, 31 anni, giornalista, Kiev:«Dopo cent’anni, aggrediti di nuovo»
Si cancellano i nomi delle vie e delle piazze. Il viale dei 40 anni della Rivoluzione di Ottobre diventa viale Holosiivskyi, il viale della Stella Rossa diventa viale Lobanovskyi, celebre allenatore della Dynamo Kiev, il vicolo di Lenin diventa vicolo Ossinniy (Autunnale). Non si sentono più le canzoni dei concerti in onore della rivoluzione ascoltati da mia mamma da piccola, le statue di Lenin cadono una dopo l’altra nelle grosse e piccole città ucraine. La “decomunistizzazione” in Ucraina sta andando per la sua, anche se inusuale, strada. Il Paese vuole dimenticare, spezzare le catene di un crudo passato durato quasi 70 anni. A volte la rabbia e la libertà conquistata non permettono di fermarci un attimo per capire e studiare cosa era successo davvero.
La storia dell’Ucraina dell’inizio del XX secolo nei libri di scuola prima del 1989 era ridotta ai due capitoli in fondo al libro che ovviamente nessuno aveva tempo di studiare alla fine dell’anno scolastico. E ora, a cent’anni dalla rivoluzione, quando in pratica dobbiamo metterci a scrivere la nuova storia del nostro Paese dedicandole un libro intero e non solo due capitoli, ci ritroviamo nella stessa situazione di dover difendere i suoi confini e la sua identità contro lo stesso aggressore che viene dal Nord.
Maria, 37 anni, Mosca:«Il ritratto di Lenin sulle magliette: bene così»
Sono contenta che il tema della rivoluzione sia diventato di moda. Stampano sulle magliette il ritratto di Lenin, eroe dei fumetti e delle battute. Siamo dunque già passati oltre la fase degli entusiasmi, oltre quella delle discussioni su questa pagina della storia nazionale, siamo pronti ad andare oltre. Penso che non faremo più una seconda rivoluzione come questa. Ed è bene che ci siamo già perdonati la prima.
Daria, 27 anni, insegnante, San Pietroburgo:«Un esperimento da non ripetere»
In nessun Paese è mai stato condotto un esperimento simile. Mi sembra che la Russia abbia superato benissimo la rivoluzione e le sue conseguenze. Ma per favore, non ripetiamola!
Aleksandra, 38 filologa, Mosca:«Era la nostra bella fiaba su un mondo migliore»
Mi sembra che nessun altro fatto della nostra storia sia legato a così tante belle leggende. Certo, si è detto e scritto tanto sulla Grande guerra patriottica, ma quella era soprattutto la nostra tragedia comune. Mentre in quello che fin dall’infanzia raccontavano a me e ai miei coetanei sulla rivoluzione, la parte tragica restava sempre in secondo piano. Nei libri, nei racconti, nelle canzoni e nei film accanto ai quali è cresciuta la nostra generazione, a compiere la rivoluzione erano persone buone, che avevano deciso di costruire un mondo nuovo, giusto, equo, in cui l’uomo non veniva sfruttato dall’uomo. Ora che sono adulta, mi è chiaro quanto questo fosse finzione. Ma non cambierei questi insegnamenti per un crudo realismo. Era semplicemente la nostra bella fiaba su un mondo migliore.
Ivan, 40 anni, manager, San Pietroburgo:«Non sarei quello che sono»
Il mio parere sulla rivoluzione oggi è piuttosto negativo per il nostro Paese, anche se capisco che, se non ci fosse stata, io non sarei quello che sono.
Maria, 18 anni, studentessa a Mosca, turkmena:«In Turkmenistan non l’abbiamo studiata»
Purtroppo a scuola abbiamo studiato solo la storia del nostro Paese. So che nell’ottobre 1917 ci fu una rivoluzione ma la sua sostanza mi sfugge. Adesso stiamo studiando la storia della Russia all’università, ma non siamo per ora arrivati a quel periodo.
Polina, 30 anni, linguista, Mosca:«Tre fratelli divisi per sempre»
Nella famiglia del mio bisnonno paterno c’erano tre fratelli, contadini agiati in Siberia con una grande fattoria. Uno sposò la causa bolscevica e diventò comunista, un altro per protesta lasciò la famiglia e scomparve senza mai farsi più vivo. Il terzo fratello alla fine degli anni 20 abbandonò la vita in campagna ormai depredato e fuggì in Canada. Così ora ho parenti in Canada, ma la famiglia dei nostri avi rimase divisa per sempre.
Ekaterina, 58 anni, infermiera volontaria, Mosca:«La carità verso il prossimo sta rinascendo»
Spesso torno a pensare alla rivoluzione, alla Russia che abbiamo perduto. Tante cose rigettate oggi riaffiorano. La carità, la beneficienza, il bisogno di assistere il prossimo. Si creano fondazioni, è stata ripristinata la festa del Fiore Bianco in cui si raccolgono mezzi per aiutare persone e progetti concreti. Il vuoto ideologico viene pian piano riempito da un contenuto religioso. A provocare la rivoluzione fu per lo più la perdita della spiritualità. Si credette che fosse la scienza la forza motrice del progresso, mentre la religione veniva considerata un freno allo sviluppo. Una secolare fede cristiana venne frantumata, ma oggi da un infimo residuo di appena il 5% delle chiese e del 2% del clero il pensiero ortodosso sta rinascendo. Tra i volontari che si impegnano negli ospedali, negli ospizi e nelle chiese, la stragrande maggioranza sono i giovani.
Anna, 32 anni, storica dell’arte, Mosca/Roma:«Sono ancora vivi i parenti di vittime e carnefici»
Nel suo centesimo anniversario la Rivoluzione del 1917 ancora divide. Non ce n’è un’idea solida, sedimentata. L’immagine del 1917 è ancora fatta di opinioni sparse e giudizi contraddittori che spesso sembrano piuttosto luoghi comuni. Per diverse persone - conservatori, neoliberali, credenti – è una pagina scomoda, non voluta, della storia. Per la società moderna è troppo associata ai ricordi polverosi degli ultimi tempi dell’Unione Sovietica, ai monumenti a Lenin tutti uguali, ai poster propagandistici sbiaditi, alle code ai negozi vuoti. Non mancano i discorsi sulla grandezza della Russia zarista, su come sarebbe stato il Paese se il 1917 non fosse accaduto. Nello stesso tempo (e spesso da parte delle stesse persone) si sentono le voci nostalgiche dell’altro campo che rimpiangono l’Urss, la società delle pari opportunità, dell’istruzione aperta a tutti, la sanità gratuita, la disoccupazione assente. Ancora non sono esaurienti le indagini sul terrore causato dalla rivoluzione, che giunse all’apice durante le purghe staliniane. Sono ancora vivi i parenti più prossimi delle vittime e dei carnefici.
L’ultimo zar Nicola II è santificato mentre le spoglie di Lenin restano ancora di fronte al muro del Cremlino. Nonostante accese polemiche, molti sono d’accordo che il mausoleo non si demolisca (almeno ora): fa parte del paesaggio della memorie di tante persone ed è un capolavoro dell’insigne architetto Aleksej Sciusev. Ecco, se possiamo dichiarare che la Rivoluzione sia morta nel senso ideologico, rimane comunque viva nelle immagini: nella pittura, nell’architettura, nel cinema, in tutto quel fenomeno artistico che ha fatto sorgere lasciando un tangibile impatto su tanti artisti nel mondo. Malevich, Tatlin, Eisenstein, Melnikov, Leonidov non sono solo singoli artisti ma anche dei simboli. Senza quell’arte (come senza la rivoluzione stessa) il mondo sarebbe stato sicuramente diverso. Tra gli eventi celebrativi vorrei menzionare la mostra “Un certo 1917” alla Galleria Tretyakov di Mosca, che ha ricostruito il panorama artistico dell’anno della rivoluzione, mettendo in evidenza la vita tra quotidianità e battaglie riflessa nel ricco e variegato linguaggio delle tendenze e delle personalità di cento anni fa.
Evghenij, 17 anni, studente, Mosca:«L’Urss, il Paese migliore di tutti»
Il mio atteggiamento verso la rivoluzione è positivo perché si formò l’Urss, un grande Paese con sanità e istruzione gratuite, con tanti posti di lavoro e molte agevolazioni. Il migliore Paese tra tutti quelli che siano mai esistiti.
Galina, 66 anni, insegnante, Mosca: «Senza la rivoluzione sarei rimasta analfabeta»
La rivoluzione per me fu un miracolo e l’ho sempre presente. Provengo da una famiglia contadina che viveva alla periferia dell’impero russo e se non fosse successa la rivoluzione sarei rimasta un’analfabeta sfruttata dal padrone.
Anna, 18 anni, studentessa, Mosca:«L’uccisione dello zar, la cosa più orribile»
La rivoluzione del 1917 fu troppo violenta e atroce. Il popolo russo non era pronto a mutamenti così bruschi. L’uccisione della famiglia dello zar fu per me la cosa più orribile. Ho compassione per le figlie e per lo zarevich Aleksej. Prima della rivoluzione il popolo aveva una comunanza, la fede in Dio, nello zar, mentre il nuovo potere strappò quella fede e ciò fece male allo sviluppo del Paese.
Georgy, 46 anni, giornalista sportivo, Mosca/Milano: «Orgoglioso di venire dall’Urss»
Sono orgoglioso di essere nato nell’Urss, o meglio nel CCCP, come si scrive in cirillico. La sigla CCCP è qualcosa di sacrosanto per me, grazie alle mie radici e alle radici della famiglia di mia moglie. Quando da piccolo o adolescente vedevo in televisione i nostri atleti di varie discipline con le maglie CCCP, che sputavano non solo sudore ma anche il sangue per il proprio Paese, mi tornavano in mente i nostri nonni e bisnonni che si sacrificavano per la Patria sui campi della Seconda guerra mondiale, ma anche prima e anche dopo, e non solo nel contesto militare. L’Urss non c’è più da quasi 30 anni, ma la mia riconoscenza e la mia stima verso le generazioni sovietiche sono eterne, me le porterò dietro per sempre. Sono stati anche i miei bisnonni, i miei nonni, i miei genitori, ognuno a modo suo e al posto suo, a fare onestamente la storia dell’Urss, piena di gloria e di sacrifici, di vittorie e di tragedie. E quando sento ancora oggi suonare l’inno sovietico, quello che nel tempo è stato ereditato dalla Federazione Russa, mi vengono i brividi, come ai tempi dell’Urss. Sono orgoglioso di essere nato nel CCCP !
Svetlana, 44 anni, assistente sociale, Novoselytsa (Ucraina): «Nel bene o nel male, è la mia storia»
Io penso che sia un bene che ci sia stata la rivoluzione, prima il divario tra poveri e ricchi era troppo grande. Con il comunismo ho vissuto bene...beh, benino. Certo, non ci potevamo aspettare che Stalin facesse quello che ha fatto. Ma poi, dopo Brezhnev, improvvisamente è crollato tutto, ed è andata sempre peggio. Sono orgogliosa di essere nata nell’Unione Sovietica: nel bene e nel male, è stata una storia. La mia.
Artiom, 26 anni, manager, Mosca:«Il comunismo, un successo per l’economia»
Gli avvenimenti rivoluzionari hanno reso possibile la formazione dell’Urss, una potenza mondiale. Inoltre, il concetto del “comunismo”, sebbene fosse stato formulato prima, mi fa venire associazioni proprio con l’Urss dove l’ordinamento comunista portò a successi nell’economia.
Olga, 30 anni, biologa, Mosca:«L’Urss ci ha dato casa, istruzione e sanità»
Penso che la rivoluzione del 1917 fosse inevitabile in quanto la Russia zarista si era esaurita e non era competitiva nel mondo in rapida trasformazione di inizio 900. Come appare chiaro ora, anche l’Unione Sovietica si è rivelata una forma scialba e improduttiva di assetto statale e anche la sua epoca si è conclusa con eventi rivoluzionari. Tuttavia sono convinta che il livello di vita ma anche l’esistenza stessa della mia famiglia e di chi mi sta intorno sono diventati possibili solo grazie all’ordinamento sovietico, in particolare all’istruzione, all’abitazione e alla sanità accessibili.
Elena, 60 anni, storica, Mosca:«La vittoria sul nazismo, il risultato più grande»
La rivoluzione d’Ottobre del 1917 fu un avvenimento di significato mondiale. I bolscevichi seppero ristabilire un impero (sia pure “rosso”, l’Urss), sfruttarono abilmente le idee del collettivismo, dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della fraternità universale umana dei lavoratori. I frutti di ogni rovesciamento rivoluzionario si possono valutare obiettivamente più o meno a distanza di un quarto di secolo dopo l’accaduto. Da questo punto di vista la vittoria dell’Unione Sovietica sulla Germania hitleriana (che usava praticamente l’intero potenziale militare-industriale dei Paesi europei) è stato il principale risultato della rivoluzione d’Ottobre e dell’arrivo al potere del partito comunista.
Anastasia, 17 anni, studentessa, Mosca:«Metodi selvaggi, ma sicurezza del domani»
La rivoluzione in Russia fu un fatto inevitabile perché la gente era stanca della guerra e dell’iperinflazione. I bolscevichi arrivati al potere cominciarono a mano a mano a riportare il Paese ai livelli precedenti. Talvolta i metodi dei comunisti erano selvaggi ma grazie al governo sovietico il popolo ha avuto la sicurezza del domani.
Arsenij, 18 anni, studente, Mosca:«Il nostro Stato non vuole imparare la lezione»
Penso che all’inizio del secolo scorso il nostro Paese avesse bisogno di una rivoluzione o almeno di un cambiamento nella pesante vita del popolo e in virtù di ciò il conflitto non si poteva evitare. Ma lo spargimento del sangue dovuto forse alla mentalità dell’uomo russo fu un male. Il russo può ma non vuole risolvere i problemi nel modo pacifico. Mi sembra che uno Stato debba imparare dai propri errori, ma il nostro non impara. Perciò tutto si potrebbe ripetere.
Kristina, 18 anni, studentessa, Evpatorija (Crimea): «I bolscevichi affossarono la Russia»
La rivoluzione d’Ottobre del 1917 influì sulla situazione politica nel Paese avendo abbattuto il governo provvisorio e instaurato il potere dei bolscevichi guidati da Lenin. Essi fecero sprofondare la Russia in una grande crisi e peggiorarono i rapporti sociali.
Irina, 17 anni, studentessa, Mosca:«Più pregi che difetti»
La rivoluzione ebbe più pregi che difetti. Da un lato portò via le vite di molte persone innocenti, dall’altro inflisse un colpo al dominio dei latifondisti e dei capitalisti. L’essenziale è che la Russia si trasformò da un Paese agrario in potenza industriale. La popolazione smise di essere divisa in ceti. Crebbe l’alfabetismo della popolazione. Si instaurò la parità degli individui nei redditi e nelle opportunità.
Anna, 18 anni, studentessa, Mosca:«Ci resta uno Stato sereno e forte»
La rivoluzione d’ottobre fu un momento di svolta nella storia della Russia. Fu la prima imponente guerra civile che condusse a un cardinale cambiamento dell’assetto statale e della vita del popolo. Ma nonostante gli atti sanguinosi dei bolscevichi, oggi abbiamo uno Stato sereno e forte.
Kirill, 17 anni, studente, Mosca:«Il modo più giusto di abbattere il potere»
La mia opinione sulla rivoluzione è positiva perché è il modo più giusto per abbattere l’ordine costituito. In Russia molto prima del 1917 si erano create le premesse per una rivoluzione. La rivoluzione ebbe un’influenza positiva sul popolo russo e sullo Stato nel suo complesso trasformando un impero indebolito e in decadenza in uno Stato d’avanguardia.
Irina, 46 anni, insegnante, Minsk:«In Bielorussia il 7 novembre è ancora festa»
Sono nata nel 1971, nella seconda metà del ventesimo secolo. Ricordo bene come, da piccola, avevo forse 5-6 anni, andavo con i miei genitori, con le sorelle, ancora più piccole di me, con i nonni a partecipare alla parata. Faceva freddo, e per noi piccoli, era una festa, un divertimento (anche se per i grandi era una cosa obbligatoria, a cui dovevano partecipare tutti), con la musica, le bandiere , i fiori e tutto il resto. Forse perciò non la vedo male neanche adesso, nonostante le critiche pesanti e le polemiche sull’argomento. Bisogna festeggiare o no l’Ottobre e l’anniversario della rivoluzione? Anche i miei nonni e bisnonni hanno sofferto tanto, hanno perso tutto ciò che avevano, dovevano sopravvivere e ci sono riusciti (non tutti però).
Stamattina mia figlia Giulia, che ha 22 anni e vive adesso nel mio Paese, in Bielorussia, dove il 7 novembre è ancora una festa statale, mi ha detto che è la cosa più sbagliata festeggiare un evento che ha portato tanto male a tante persone. Io invece, riflettendo, credo (da ex-sovietica) che dopo un secolo è diventato non più un giorno di festa della rivoluzione, come la vedeva il partito comunista in Unione Sovietica. Per me è un giorno da cui è partita una nuova epoca non solo per noi, che abbiamo vissuto tutto questo, ma anche per tutto il mondo. È nata una grande potenza mondiale, l’Urss di cui noi, nati lì, facciamo ancora parte. Tante persone credevano nel futuro migliore e cercavano di fare di tutto per raggiungere il sogno, soprattutto le generazioni prima della mia. Io sono orgogliosa perché sono nata lì, tutte le feste sovietiche sono le mie feste, anche se, in realtà, non festeggio niente. Ma lo spirito lo sento. Auguri per il 7 Novembre!
Olga, 78 anni, insegnante, Mosca:«È il mio DNA sovietico che mi dà la forza»
Dove trovo ancora le energie per insegnare all’università statale di Mosca la lingua birmana? Sarà il mio DNA sovietico che mi fa lavorare ancora, mi piace rimanere in contatto con i giovani, saper trasmettere certe cose che altri insegnavano a me 60 anni fa. Quello che mi dà sempre le forze è il fatto che sono a fare le mie lezioni sempre li, nel palazzo storico di fronte al Cremlino, come ai tempi dell’Unione Sovietica quando erano ancora vivi i miei genitori che non hanno mai voluto aderire al partito comunista, e quando mio marito era pieno di energie: lui sì che era un comunista convinto, che non mai digerito la fine dell'URSS.
Gli studenti di oggi sanno poco di quegli anni, quando io ero studente all’università statale di Leningrado. Uno dei miei tanti bei ricordi di quell’epoca sono i film italiani che andavamo a vedere al cinema. C’è sempre stata simpatia fra l’Urss e l’Italia, anche se nella Seconda guerra mondiale l’Italia stava dall’altra parte.
Lenin's voice in Petrograd (History of Italy #EnzoBiagi @ilmessaggeroit) #WW1fromItaly
Quell’Urss e la Russia moderna sono due Paesi molto diversi: la morte dell’Unione Sovietica ha segnato tante, tantissime cose. Nello stesso tempo mio papà, nato prima della Rivoluzione d’Ottobre, mi diceva che anche nel 1917 tante cose cambiarono in modo brutale in poco tempo. La Russia, l’Urss ha sempre sofferto tanto, evidentemente è nel nostro destino. Ma ogni volta la Russia ha saputo risollevarsi. E io spero che i nostri giovani di oggi, i miei studenti sapranno affrontare la vita con dignità come facevano i miei genitori e i miei nonni sia dopo che prima della rivoluzione. E come ha fatto fino all’ultimo mio marito Valery, che ha lottato con la sua malattia incurabile onorando lo spirito di quelle generazioni che fecero dell’Urss uno dei Paesi più forti mai esistiti nella storia moderna.
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