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Ecco i marchi cinesi che valgono più di McDonald’s e Lvmh

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La corsa di Pechino

Ecco i marchi cinesi che valgono più di McDonald’s e Lvmh

Una bottiglia di Kweichow Moutai in un supermercato di Pechino. (Bloomberg)
Una bottiglia di Kweichow Moutai in un supermercato di Pechino. (Bloomberg)

Ci sono marchi in Cina che valgono in Borsa più di multinazionali come McDonald's e Lvmh, holding del lusso francese di Luis Vuitton e dello champagne Moet Hennessy. In Cina si dice che capisci di essere arrivato nella città di Maotai quando ne senti l'odore. Pittoresco centro di 100mila abitanti nel sud-ovest del paese, ospita la più grande società produttrice di liquori al mondo, che ha raggiunto una capitalizzazione di mercato di 145 miliardi di dollari americani. Che vale di più della società dei Big Mac, simbolo dei fast food e della globalizzazione. Ma che nessuno – alzi la mano se ce n'è uno – da noi conosce.

La grappa Moutai va a ruba
La distilleria delle meraviglie cinese si chiama Kweichow Moutai. Nel paese dove si produce questa sorta di grappa per cui vanno pazzi i cinesi il profumo di soia e di aromi permea la strada principale. La “grappa” Moutai va letteralmente a ruba. I negozi lungo la strada principale, ogni giorno, offrono sempre la stessa fotografia: code di avventori che aspettano in fila, ordinati, di entrare. Ovunque siano disponibili bottiglie da comprare. Una bottiglia di Moutai baijiu costa 969 yuan, 150 dollari americani. E tutti arrivano qui per farne scorta. O per averne qualcuna da mostrare agli amici come un primato, simbolo di ricchezza e prosperità. Nel sito web aziendale appare spesso la dicitura “esaurito” sopra determinate annate. Sul sito di shopping Jd.com, una bottiglia di Moutai invecchiata 80 anni viene quotata 196mila yuan, più o meno 30mila dollari. O, se preferite, qualcosa come 4mila dollari a bicchierino.

Il brand vale più di McDonald’s
Un nettare alcolico per cui vanno pazzi i cinesi. E così il brand Moutai è arrivato a valere più di McDonald's. Che ha, in confronto, sull'intero globo terracqueo, dall'Alaska alla Nuova Zelanda, centinaia di migliaia di bandierine corrispondenti ad altrettanti fast food. Moutai, ormai, vale anche più di Diageo, il gruppo britannico che fino a poco tempo fa era il primo produttore mondiali di liquori. Gigante proprietario di marchi come Smirnoff, Johnnie Walker, Baileys e Guinness.

Tutti gli analisti continuano a mettere il bollino “buy” sul titolo di Moutai, che continua a volare. Lo scorso anno, rivela un report di Bernstein, i rivenditori di Moutai hanno guadagnato di più della società produttrice. Alzando i prezzi. Tanto la richiesta era alta. Con margini più alti di quelli della distilleria. E a dicembre, forse per questo, per la prima volta dal 2012, la società produttrice, a sua volta, ha rialzato i listini di vendita. Le previsioni per il 2018 parlano di un aumento ulteriore delle vendite. Tanta domanda. Con gli stock di prodotto limitati, soprattutto quello già distillato che sta invecchiando. Così i prezzi salgono, schizzano su. E le quotazioni della società seguono lo stesso andamento pazzo.

Cresce la classe media
La classe media cinese cresce: nel 2016 erano 4,7 milioni quelli con un reddito mensile superiore ai 25mila yuan, cioè 3.900 dollari. Saranno 16,2 milioni nel 2021 e 35 milioni nel 2026. E la nuova classe media cinese, che ha una capacità di spesa sempre maggiore e una propensione al consumo elevata, ama bere, e ama bere la grappa che si produce in questa cittadina sconosciuta come il suo prezioso liquore contenuto nella tradizionale e rassicurante – per i cinesi - piccola bottiglia rossa. Il risultato è la market cap di 145 miliardi di dollari per Moutai, che è anche la società con i maggiori utili di tutte tra quelle “grandi” in Borsa, con un margine Ebitda vicino all'80% e un aumento delle vendite previsto del 42% per il 2018. Moutai, numeri alla mano, è la migliore azienda per profittabilità tra le 90 società globali non finanziarie che compongono il ristretto club di chi supera i 100 miliardi di valore di Borsa.

Dopo di lei, sul podio globale per le migliori perfomance, al secondo e terzo posto, ci sono altri due marchi cinesi: Tencent e Alibaba. La prima non cinese, al quarto posto, è McDonald's per l'appunto, con un Ebitda di poco al di sotto del 40% e stime di vendita però in calo.

Tencent regina del digitale
Tencent è un'altra società delle meraviglie. Fa parte del settore hi-tech. Tencent è per i cinesi quello che sono per noi Google e Facebook messe assieme. Società di Shenzhen fondata nel 1998 da Ma Huateng e Zhang Zhidong - i Zuckerberg cinesi di questa storia - gestisce servizi internet, servizi di e-commerce, l’app cinese più diffusa di messaggistica istantanea (WeChat) e il social network più conosciuto, siti di giochi elettronici (per cui vanno pazzi i cinesi), alcuni tra i più grandi portali web cinesi e varie altre società di telefonia mobile.

Per l'anniversario dei vent'anni Tencent punta a superare il miliardo di utenti attivi mensili (è a quota 945 milioni). Qualche primato lo ha già raggiunto. In Borsa. Nel 2017 Tencent ha superato Facebook per valore di mercato. Ed è salita al terzo posto nella classifica delle prime cinque società mondiali per “market cap”, dietro solo a Google e Amazon. Tra le cosiddette “big five” dell'hi-tech globale, due ormai sono cinesi: Tencent e Alibaba, colosso dell'e-commerce di Jack Ma che qualche mese fa in occasione del “black friday” cinese è stata capace di fatturare 2 miliardi di dollari nel primo minuto di acquisti scontati.

I telefoni Xiaomi
Un altro brand stellare cinese è Xiaomi, produttore di telefonini. Due giorni fa, i dati di vendita in India hanno certificato che ha superato Samsung nelle vendite di smartphone nello sterminato subcontinente, un mercato con crescita a doppia percentuale. Per la prima volta dopo sei anni i coreani perdono il primato in India. Era già successo sul mercato cinese con i dati finali del 2017. Sempre con Xiaomi in testa. È successo ora in India. E stando alle previsioni di diversi analisti di settore non ci vorrà molto perché Xiaomi diventi il primo produttore mondiale. Un successo dettato da prodotti tecnologicamente all'avanguardia e una politica di prezzo molto aggressiva che ha spiazzato i player tradizionali. Xiaomi è entrata sul mercato indiano solo tre anni fa. E in soli tre anni da zero si è presa la leadership. Ora ha il 25% del mercato, contro il 23% di Samsung. Gli altri: Lenovo, Oppo e Vivo sono distanziati di molto (6% del mercato, anche se Bbk Electronics, che controlla Oppo, Vivo e OnePlus ,nel Q1 2017 è stata secondo produttore mondiale dopo Samsung). Apple è più dietro ancora.

Ora Xiaomi sta studiando di quotarsi in Borsa. Un'Ipo che al momento è valutata attorno ai 100 miliardi di dollari. Lo stesso valore al quale punta Saudi Aramco, primo produttore mondiale di greggio, per quotare il 5% del capitale in Borsa in quella che gli analisti del settore prevedono come la quotazione del secolo per valore. Non sarà l'unica “quotazione del secolo”, a questo punto, nel prossimo futuro.

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