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DAZI E INVESTIMENTI

Trump condanna Harley Davidson e minaccia una «Big Tax» per chi sposta la produzione all’estero

Il simbolo della Harley-Davidson, finito
Il simbolo della Harley-Davidson, finito

NEW YORK - Donald Trump smonta bruscamente di sella dalla Harley-Davidson. In un bombardamento di tweet il Presidente ha reagito furiosamente alla decisione dell'iconica azienda americana di trasferire all'estero una parte della produzione - ancora da definire con esattezza - in modo da evitare in particolare l'impatto dei dazi europei scattati in risposta alle sezioni statunitensi su acciaio e alluminio. «Sarà tassata come nessuna azienda lo è mai stata», ha tuonato Trump affermando che ogni tentativo di reimportare le moto negli Usa sarà stroncato da nuove imposte.

Trump non ha lesinato assalti a Harley, sfoderando e mischiando accuse di tradimento a lavoratori e consumatori, affronti all'orgoglio nazionale e più prosaiche critiche ai dirigenti per l'utilizzo di “scuse” infondate.
«Una Harley-Davidson non dovrebbe essere mai costruita in un altro Paese! I suoi dipendenti e clienti sono già molto irati. Se si trasferiscono, state attenti. Sarà l'inizio della fine. Si arrendono, abbandonano la lotta. La loro aura sarà sparita per sempre e verranno tassati come non mai». Ancora: “Big Tax”, ha minacciato. Non è chiaro se intenda riferirsi a una speciale sanzione contro aziende che spostano all'estero la produzione - da lui proposta in campagna elettorale ma mai varata e ostacolata dal Congresso - oppure ad un ricorso ai dazi unilaterali che sta imponendo sull'import da diverse nazioni.

Trump ha messo sotto accusa apertamente i vertici del gruppo, che l'anno scorso aveva invece ospitato alla Casa Bianca con cinque motociclette vantandone l'esempio di made in Amwerica. «Quest'anno Harley-Davidson aveva già detto che avrebbe spostato operazioni dal suo impianto a Kansas City verso la Tailandia. Molto prima dell'annuncio dei dazi. Quindi usano semplicemente le barriere tariffarie/guerre commerciali come una scusa».

L'azienda ieri ha indicato che i dazi europei la costringeranno a traslocare alcune attività produttive per proteggere le sue vendite nel Vecchio continente senza dover aumentare i prezzi. Potrebbe non essere la sola, ma il peso simbolico del gruppo ha pochi paralleli. Harley, che ormai conta sulle vendite internazionali per le prospettive future davanti all'invecchiamento dei centauri americani, era gia' stata danneggiata dagli stessi dazi di Trump sull'import di acciaio e alluminio da paesi alleati, che hanno causato un ricaro delle sue materie prime. L'impianto in Tailandia menzionato da Trump era stato inoltre programmato da molto tempo, destinato a servire una clientela in crescita in Asia e a puntare sulla Cina.

Trump ha anche rilanciato su nuovi dazi in arrivo, oltre che contro la Cina, proprio contro l'Europa e in particolare sull'auto. In un altro tweet mattutino ha assicurato che «stiamo finendo il nostro studio sulle auto dalla Ue, nel senso che per lungo tempo si sono avvantaggiati degli Stati Uniti sotto forma di barriere commerciali e dazi. Alla fine tutto verra' appianato e non ci vorrà molto». Trump ha minacciato dazi del 20% contro le vetture importate dall'Europa. L'Europa ha dazi medi del 10% su vetture estere, contro il 2,5% americano, ma gli Usa hanno dazi del 25% sugli Suv, la loro vera produzione domestica. Molte grandi case europee hanno inoltre enormi attivita' produttive direttamente negli Stati Uniti e catene di forniture e produzione globali che verrebbero rischierebbero di essere traumatizzate da nuove barriere.

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