Alla mezzanotte di venerdì, ora di Washington, scattano i dazi statunitensi per 34 miliardi di dollari sui beni importati dalla Cina. Pechino, per voce del ministro del Commercio cinese, mette in guardia sugli effetti delle mosse americane assicurando che Pechino reagirà all'istante contro la stretta all'import 'made in China', assicurando che risponderà con analoghe misure (alle 12 ora di Pechino, per via del fuso orario). Se non è guerra aperta, poco ci manca. Nel mirino c’è il processo globale di produzione e distribuzione di merci e servizi, che negli ultimi decenni ha contribuito a garantire crescita economica , pur tra conseguenti squilibri e ridefinizione della mappa economica globale.
Le mosse di Trump
Le tensioni internazionali sul commercio stanno conoscendo un’escalation sempre più insidiosa, sotto la regia di Donald Trump. Dopo il via alla prima tranche dei dazi imposti dagli Usa sull’import dalla Cina, Trump potrebbe alzare l’asticella fino a colpire un valore equivalente a 400 miliardi di dollari di beni in arrivo dal gigante asiatico. Ma non è tutto, anzi. Di mezzo ci sono anche le rivalse dell’Europa contro le tariffe sulla propria industria dell’auto, i piani (quasi) segreti di Trump per l’uscita dal Wto, gli accordi commerciali a rischio. Vediamo quali sono le incognite che pesano di più sulla World Trade War, la guerra mondiale del commercio nell’aria da mesi.
Usa-Cina, arrivano i superdazi
Il fronte più caldo è quello fra Washington e Pechino. Il 6 luglio debutta la prima tra che di dazi americani contro la Cina, destinata a colpire 818 prodotti per un valore complessivo di 34 miliardi di dollari. Nelle settimane successive il paniere di beni sovratassati si allargherà ad altri segmenti di merce, portando il valore totale di import interessato a 50 miliardi di dollari. Se la Cina risponderà con misure analoghe, Trump è intenzionato a far lievitare il totale di beni colpiti fino a un valore di 450 miliardi di dollari, cifra che equivale praticamente a bloccare - di fatto - tutto l’export della Cina negli Usa (che viaggia intorno a una cifra vicina ai 500 miliardi di dollari, con un surplus rispetto agli Usa di circa 375 miliardi). Ma ci sono alcune cattive notizie in arrivo per l’inquilino della Casa Bianca.
L’effetto domino
Anche se i titoli cinesi hanno inaugurato questo lunedì con una delle peggiori performance borsistiche degli ultimi tre anni, non sarebbero i listini cinesi a soffrire di più in caso di conflitto. Un’analisi di Bloomberg rivela che i crolli sul mercato della guerra dei dazi provocherebbero perdite più ingenti proprio agli Stati Uniti, visto che la Cina gode di un «magnifico isolamento» rispetto alle azioni scambiate sulle principali piazze finanziarie mondiali.
Non è solo la Cina a rispondere alle aggressioni commerciali di Trump. La Commissione europea, a quanto rivela il Financial Times, ha inviato a Washington un warning (avvertimento) dove si prefigurano dazi per 300 miliardi di dollari di beni Usa in risposta all’ultima minaccia di Trump: “tariffe” del 25% sulle auto europee, con un impatto stimato di 45 miliardi di euro sull’industria del Vecchio continente. La cifra indicata dalla Commissione equivale, grosso modo, all’export europeo verso gli Usa di vetture e componentistica dell’auto. La misura di Trump ha già scatenato le ire dei produttori, inclusi i marchi del tutto statunitensi come General Motors. La tedesca Bmw, che esporta il 70% dei suoi veicoli da uno stabilimento del Sud Carolina, ha paventato robusti tagli all’occupazione locale.
Il difficile equilibrio
Le cancellerie lavorano tuttavia per cercare soluzioni pragmatiche: dopo aver minacciato tariffe su circa 300 miliardi di dollari di importazioni dall'America, l’Unione europea potrebbe sfidare il presidente Donald Trump a intavolare un negoziato «plurilaterale» per abbattere i dazi sulle auto. L'iniziativa trova una sponda a Berlino, dove il pressing dei grandi marchi tedeschi sull'ambasciatore Usa ha ottenuto una prima apertura. E mentre Angela Merkel mette in guardia contro i rischi di un’escalation, la Cina invita l'Europa a una alleanza contro gli Stati Uniti.
Il divorzio (?) da Wto e il Nafta in sospeso
Quando non è impegnato a confliggere con singoli paesi, Trump entra in rotta di collisione con gli organismi sovranazionali. Il sito americano Axios ha visionato un disegno di legge che consentirebbe a Trump di aggirare i principi-cardine della World trade organization, l’organizzazione del commercio mondiale. In breve, l’inquilino della Casa Bianca si auto-attribuirebbe la facoltà di scavalcare le regole di «the most favored nations (i paesi non possono fissare dazi diversi per paesi diversi al di fuori degli accordi di libero commercio, ndr)» e «Bound tariff rates (i massimali che possono essere accordati sui dazi, ndr)».
Il tutto senza passare dal consenso del Congresso, né ovviamente dagli accordi internazionali. In precedenza lo stesso Axios aveva parlato di propositi di divorzio tout-court dalla Wto, smentiti poi come una «fake news» dal Tesoro americano. Sono invece sicure le ritrosie di Trump nel rinnovare il Nafta, l’accordo di libero scambio con Canada e Messico in scadenza in autunno. Un colpo che si sommerebbe a quello inferto all’accordo nucleare con l'Iran, la Trans-Pacific Partnership e l'accordo di Parigi sul clima.
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