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Dossier | N. (none) articoli Le inchieste di Fiume di denaro

Amsterdam regno delle multinazionali: «Made in Olanda» perfino gli spaghetti alla bolognese

Nessuna guida turistica vi porterà mai a Prins Bernhardplein 200, a circa quattro chilometri dal centro di Amsterdam, eppure in questo palazzo in vetro e cemento, batte il cuore di 2.812 società che provengono da tutto il mondo, Italia compresa.
Ti aspetteresti un brulicare di persone, impiegati, clienti, fornitori e al limite anche impianti produttivi ma non c'è nulla di tutto questo. Di fronte ai vetri specchiati ci sono solo centinaia di biciclette che però appartengono ai dipendenti della Intertrust che qui ha la sua sede.

GUARDA IL VIDEO - «Made in Olanda» anche gli spaghetti alla bolognese e i coni gelato
Intertrust è un colosso della creazione e domiciliazione di società. Non solo. I suoi esperti si occupano di tutto ciò di cui una attività ha bisogno: formazione, assistenza legale, contabilità e amministrazione, transazioni finanziarie, proprietà intellettuale, compliance e servizi di tesoreria.
Se ciascuna delle 2.812 società, alcune delle quali sono dei veri e propri colossi internazionali, avesse anche solo qualche decina di dipendenti non basterebbe un intero quartiere di Amsterdam per ospitarli.

Intertrust è l'emblema di un paese dove ci sono circa 15mila società utilizzate soltanto per far transitare sulla carta flussi finanziari e pagare meno tasse possibili nel proprio paese. Attraverso i loro uffici passano ogni anno 4.500 miliardi di euro, secondo gli ultimi calcoli del governo olandese. La maggior parte sono società “bucalettere”, prive di personale e di una reale attività nei Paesi Bassi. Dunque qui non ci sono solo le società delle grandi rock star come U2, Rolling Stones e Ad/Dc, arrivate in Olanda solo per motivi fiscali, ma anche e soprattutto i big dell'impresa e della finanza.

Il crocevia degli investimenti esteri
Nel 2009 l'80% delle entrate e il 76% delle uscite degli investimenti stranieri passava attraverso società “bucalettere”. Quattro anni dopo, nel 2013, le percentuali sono rispettivamente salite all'83% e al 78%. È sempre il rapporto Oxfam a dirlo. E a confermarlo, nell'ottobre di quest'anno, è giunto un rapporto del Parlamento europeo sulle società “scudo” (shell companies), che ha preso come indicatore lo stock degli investimenti esteri diretti in relazione al Prodotto interno lordo dei paesi dell'Unione europea. Gli investimenti esteri in Olanda sono pari a più di cinque volte il Pil.

IL CONFRONTO FISCALE TRA ITALIA E OLANDA

Come se non bastasse, l'ultima conferma - questa volta addirittura messa nero su bianco - è datata 6 novembre 2018 ed è firmata dal ministero delle Finanze olandese. In un rapporto inviato al Parlamento si legge nei Paesi Bassi esistono circa 15mila società finanziarie speciali (spesso note come società “bucalettere”) attraverso le quali passano circa 4.500 miliardi di euro all'anno. Soltanto una piccola percentuale di questo importo è soggetto a tassazione: appena 199 miliardi.
I Paesi Bassi si confermano dunque una calamita di società provenienti da tutto il mondo e in particolare di multinazionali, soprattutto degli Usa. Basti pensare che - secondo il rapporto “Offshore shell games 2017” dei due istituti di ricerca statunitensi Itep e Us Pirg - più della metà delle società della classifica Fortune 500 ha almeno una filiale nei Paesi Bassi, la percentuale più alta prima di paesi come Singapore, Hong Kong e Lussemburgo, dove il fisco è particolarmente amico delle imprese.

Informazioni con il contagocce
Non è dunque un caso che - per il rapporto 2017 coordinato da Eurodad - sono soltanto due i paesi che non hanno fornito alla Commissione europea i dati sugli accordi di tax ruling stipulati con le singole società: Austria e Olanda. Nel 2015 i Paesi Bassi hanno però stipulato 235 contratti unilaterali, bilaterali o multilaterali. Erano 203 l'anno precedente. In questa speciale classifica, due soli paesi precedono l'Olanda: il Lussemburgo e il Belgio, rispettivamente con 519 e 396 accordi. Per rendere l'idea della distanza, nel 2015 l'Italia aveva stipulato 61 contratti.
Senza rendersene conto ogni consumatore partecipa, in qualunque parte del globo, al grande exploit dell'Olanda che nel 2019 prevede di aumentare il Pil del 2,5% e di portare il tasso di disoccupazione al 3,5%, come riportato nell'ultima legge finanziaria del governo dell'Aja. Che siano scarpe, dentifrici, auto, acquisti o ricerche su internet, tutto porta in un modo o nell'altro ad Amsterdam, Rotterdam, L'Aja, Leida e alle città olandesi.

Due sedi per eBay, 16 per Uber
Basta attraversare la Amstelplein e proprio di fronte al palazzo della Intertrust si può toccare con mano la capillare presenza delle multinazionali a stelle e strisce nei Paesi Bassi. In un edificio che ospita anche una società editoriale si nasconde, tra le altre, la presenza di due filiali eBay, la piattaforma digitale di commercio elettronico. Ancora pochi metri e si raggiunge il quartier generale di Uber, la società di San Francisco che in molti paesi ha messo in crisi i taxi tradizionali mettendo in contatto attraverso una app autisti e viaggiatori. In questo palazzo di vetro e acciaio sono ben 16 le società che fanno capo Uber, la tra quali Uber Filippine e Uber Pacific. A Baarn, un paese in provincia di Utrecht che conta appena 24mila abitanti e sorge a 35 da Amsterdam c'è addirittura la sede di Uber Yachting, che gestisce la app per ricchi diportisti che hanno voglia di girare il mondo in mare.

Cinque piani per Google
I piedi non bastano più. Bisogna prendere la metropolitana per raggiungere la sede di Google nel cuore del quartiere finanziario di Zuidas, un distretto in piena crescita che entro la fine del prossimo anno ospiterà anche la sede dell'Agenzia europea del farmaco.

All'interno della Vinoly Tower, progettata dall'archistar uruguaiano Rafael Vinoly Beceiro, Google occupa ben cinque piani con le sue società. Qui c'è il motore del meccanismo che ha consentito alla società di Mountain View di pagare imposte irrisorie nei paesi europei a fronte di incassi miliardari. Lo schema era chiamato “Double Irish with a Dutch Sandwich” e faceva transitare i pagamenti di ogni acquirente attraverso due società irlandesi e una olandese per poi far confluire gli incassi nelle Bermuda.

Da Nike un calcio al fisco
A 30 chilometri da Amsterdam una nuova tappa. A Hilversum, una cittadina di 89mila abitanti un anonimo complesso ospita 26 società della Nike, brand statunitense dello sport e tempo libero. Nell'elenco figurano Nike Chile, Nike Uk, Nike Asia, la holding europea, Nike India e Nike Canada. Che ci fanno in Olanda, a migliaia di chilometri di distanza, società che dovrebbero gestire gli affari della Nike nei rispettivi paesi? La risposta è sempre una: l'enorme vantaggio fiscale, che vede nella Nike Innovate uno snodo importante.
La proprietà del logo “swoosh” è stata trasferita nel 2014 dalla controllata della Nike nelle isole Bermuda alla filiale olandese Nike Innovate, che è domiciliata nello stesso edificio di Hilversum. Nel 2016 alla Nike Innovate è arrivato oltre un miliardo di dollari di diritti per il marchio. Questo schema fiscale è stato studiato dalla Appleby, lo studio legale delle Bermuda al centro dello scandalo dei Paradise Papers.
La Nike Innovate ha una particolare forma giuridica - Cv dall'olandese commanditaire vennootschap - utilizzata in modo massiccio soprattutto dalle multinazionali per pagare poche tasse. Le Cv sono equiparabili alle società in accomandita semplice e si tramutano spesso in “fantasmi fiscali” invisibili all'erario perché i partner che costituiscono la società possono risiedere all'estero. In questo caso non pagano le imposte in Olanda, che presuppone che le paghino in madrepatria, ma nemmeno nel loro paese, che a sua volta presume che le tasse vengano versate nei Paesi Bassi.

La lobby a stelle e strisce
Le multinazionali americane hanno un punto di forza straordinario ma invisibile ad Amsterdam nella Camera di commercio americana in Olanda, i cui uffici sono ospitati a poche centinaia di metri da piazza Dam in un palazzo dove la società Spaces affitta uffici chiavi in mano. Non ci sono insegne della Camera di commercio sulla facciata dell'edificio, sul sito internet non è indicato l'indirizzo ma soltanto un numero di telefono, un'email e una cassetta postale dove si può scrivere. Alla richiesta del Sole 24 Ore di incontrare il segretario generale della Camera la risposta è stata laconica: non aveva tempo per incontrare la stampa.
La Camera di commercio americana è un centro di potere che opera dietro le quinte, come testimonia il caso dell'abolizione della tassa sui dividendi prevista dal governo dell'Aja e che avrebbe avvantaggiato le multinazionali per circa due miliardi di euro di imposte in meno. Nel corso delle trattative sulla norma poi abbandonata il ruolo della Camera di commercio non è mai venuto alla luce ma la sua influenza nei confronti del governo si è fatta sentire.

Fiat e Tesla, due stili diversi
Due periferie di Amsterdam raccontano due storie accomunate dalle quattro ruote. Vicino allo Stadium Arena, dove giocano la nazionale di calci olandese e l'Ajax, che è la squadra della capitale, compare quella che sembra un'enorme concessionaria della Tesla In effetti è una concessionaria, però al suo interno c'è il domicilio fiscale di quattro società della casa automobilistica americana fondata da Elon Musk e specializzata in auto elettriche.
Sempre nella zona sud di Amsterdam, ma a distanza di otto chilometri, sorge il palazzo della Loyens & Loeff, uno studio legale internazionale con filiali in tutto il mondo. Null lascia pensare che proprio qui, il 1° aprile 2014, è nata la Fiat Automobiles Nv, poi diventata Fca. non c'è nessuna indicazione che richiama la presenza della casa automobilistica che pure ha qui la sua sede legale mondiale. Tutti gli atti che contano si svolgono qui, per esempio l'ultima assemblea degli azionisti, convocata proprio negli uffici della Loyens & Loeff il 7 settembre 2018. Il domicilio fiscale di Fiat Chrysler Automobiles è invece a Londra.

Dai mobili ai gelati
Ad Amsterdam ti imbatti anche senza volerlo nei quartier generali delle multinazionali, tante sono le società che qui fanno base per motivi fiscali. Ma anche a Leida, 40 chimoletri da Amsterdam, proprio dietro la stazione ci sono gli uffici di Ikea. Non quelli che si possono incontrare in qualunque città all'interno dei centri commerciali. Qui c'è il cuore di Ikea, svedese nel Dna ma olandese nel portafoglio. All'interno del palazzo, oltre alla capogruppo Ingka Holding, ci sono altre cinque società del gruppo, compresa quella che gestisce le foreste che Ikea possiede in Romania e nei paesi baltici.
Altri 30 chilometri verso sud e ci si ritrova a Rotterdam, città che deve al porto molti dei suoi traffici economici. qui c'è la sede della Unilever, la multinazionale anglo-olandese che produce generi di largo consumo, dai dentifrici agli spaghetti, passando per gelati e detersivi. Unilever aveva deciso di abbandonare la sede di Londra e di fare di Rotterdam l'unico quartier generale. La decisione era spinta dal progetto di legge del governo dell'Aja che prevedeva l'abolizione delle imposte sui dividendi, con un risparmio complessivo per tutte le multinazionali di due miliardi di euro.
Dopo le proteste dei sindacati e dell'opposizione, il progetto di legge è stato ritirato, per le imprese c'è stata comunque una riduzione della tassazione, ma questo non è bastato a fare di Rotterdam la sede unica della Unilever.
Multinazionali ricche, meno servizi per la società
Il viaggio del Sole 24 Ore si conclude da dove era partito e con la voce di Thijs Roovers, maestro alla scuola elementare Leonardo da Vinci di Amsterdam e sindacalista. Roovers è stato tra gli animatori della protesta del 2 ottobre scorso contro la riforma proposta dal governo, che ha visto scendere in strada insegnanti, personale della sanità e dipendenti pubblici vestiti rigorosamente di nero, perché è di quel colore che vedono il futuro del proprio paese dopo il taglio di decine di miliardi al welfare negli ultimi anni a beneficio delle multinazionali.

I grandi gruppi che da tutto il mondo si precipitano in Olanda per motivi fiscali sono da anni oggetto di studio dei ricercatori di Somo, una organizzazione non governativa che studia gli effetti sulla società delle politiche delle multnazionali.
Jasper von Teeffelen, ricercatore di Somo, Arnold Merkies, ex deputato e oggi coordinatore di Tax Justice Network in Olanda, e Francis Weyzig, ricercatore di Oxfam Novib, spiegano cosa sta accadendo da anni nel loro paese a causa dello strapotere dei colossi imprenditoriali americani e non solo.

«L'Olanda - spiegano - non è un vero paradiso fiscale ma è un facilitatore di sistemi fiscali aggressivi che fanno perno sui Paesi Bassi. È un punto di passaggio per imprese che non avrebbero nessun altro motivo, se non quello fiscale, per aprire un ufficio da queste parti». I tre ricercatori aggiungono che, per questioni di prestigio internazionale e di immagine, apparentemente l'Olanda fa di tutto per scoraggiare politiche fiscali aggressive in casa propria ma in realtà, in ambito internazionale, fa di tutto per ritardare riforme di equità fiscale e sociale.

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