DAI NOSTRI INVIATI
AMSTERDAM - Canta che ti passa. Chissà se anche a voi è capitato di superare con una bella cantata preoccupazioni e timori
di una giornata storta. Di sicuro a musicisti e rock band internazionali come Rolling Stones, U2, Ac/Dc, e chissà a quanti
altri mai usciti allo scoperto, cantare fa passare la paura del Fisco. Ma a una condizione: che la società o le scatole societarie
che gestiscono diritti e royalties delle rock band straniere siano registrate in Olanda.
C’è un luogo nel centro di Amsterdam che i turisti non conoscono ma che spiega meglio di ogni altro la grande attrazione delle
rock star per i placidi canali olandesi. Al numero 566 di Herengracht, una delle vie più costose della città , sono domiciliate
ben 93 società e qui c’è il cuore finanziario di due delle rock band più celebri della storia: gli U2 e i Rolling Stones.
Irlandesi i primi, britannici i secondi ma entrambi con identiche passioni: l’Olanda, Amsterdam, il numero 566 di Herengracht
e un manager di 53 anni, Johannes Nicolaas Favié, per gli amici Jan. Favié è l’uomo che custodisce il portafoglio di Bono
Vox, Mick Jagger e compagni. Sebbene dal vivo abbiano poche volte suonato poche volte insieme, in questo edificio di mattoni
rossi, invece, condividono quasi tutto. Compresa la passione per il fisco leggero dei Paesi Bassi, che esenta da qualsiasi
tassa le royalties in uscita dal paese.
GUARDA IL VIDEO/Amsterdam, paradiso fiscale delle rock band
L’Olanda, insomma, non è una calamita soltanto per le multinazionali. Anche alcuni tra i più importanti aristi internazionali
l’hanno scelta come patria di adozione.
Una fiduciaria per «schermare» Bono e compagni
Con un incasso di 54,4 milioni di dollari nel 2017, gli U2 sono la band del momento. Domenica 7 ottobre il loro concerto allo
Ziggo Dome di Amsterdam - solo 7 chilometri da Herengracht - è stato un successo. Poi la band è volata a Milano: quattro date
al Forum di Assago (11, 12, 15 e 16 ottobre), tutte sold out.
Nel corso della prima serata, quando sulle note della loro celebre canzone Get out of your own way sul maxi schermo si è andato componendo dalle singole bandiere degli Stati membri, quella dell’Ue con il cerchio a 12 stelle,
i fan in delirio, come del resto in tutti gli altri concerti del tour degli U2 per il disco Songs of experience, hanno applaudito. L’Europa unita è una gran bella cosa per gli U2, che il 10 ottobre a Bruxelles lo hanno ribadito, attraverso
la voce del leader Bono, al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani. Ancor più bella se ti consente, legittimamente,
di far battere il tuo cuore in patria, oltre che a Bruxelles, e proteggere il tuo portafoglio in Olanda.
In Irlanda Bono e compagni controllano una società fondata il 24 marzo 1981 con il nome di Irish Stereo Production Export Limited, poi modificato in Not Us Limited. I loro nomi non compaiono nell’atto costitutivo, e non appaiono nemmeno nell’altra società controllata dalla Not Us Limited, la U2 Limited, registrata il 19 aprile 1990 a Dublino con un capitale di 100mila sterline irlandesi. Una fiduciaria, la Pearse Trust Nominees, scherma le identità di Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen, i componenti della band.
La U2 Limited approda ad Amsterdam il 1° giugno 2006 e da allora è gestita da Jan Fiavé. Cosa ci facciano gli U2 nella cittÃ
olandese se lo chiedono i deputati della commissione d’inchiesta sui paradisi fiscali del Parlamento olandese che il 12 giugno
2017 convocano Fiavé, incuriositi dal fatto che il manager gestisca nei suoi uffici di Herengracht le società di due delle
band più famose del mondo.
Where the streets have no name, cantano gli U2 in una delle loro più fortunate canzoni. Qui, invece, il nome della strada c’è, eccome: Herengracht 566.
Fiavé spiega agli incuriositi parlamentari che la U2 Limited è una società irlandese domiciliata anche in Olanda, che «gestisce
i diritti di registrazione e i diritti connessi» degli U2. E che tra Not Us e U2 Limited «c’è una relazione madre-figlia».
Precisa di essere amministratore della U2 Limited e di non avere nessuna informazione sull’altra società irlandese della rock
band.
Dalle scarse informazioni che si ricavano dall’ultimo bilancio della U2 Limited depositato in Irlanda, relativo al 2015, emerge
che la società aveva in quell’anno 9 dipendenti: 5 «amministrativi» e 4 «artisti» (i componenti della band?). Che possedeva
liquidità per quasi 7 milioni di euro, debiti per 2 milioni e registrava una perdita di 386mila euro.
«Solo recentemente ho cominciato a ripensare la mia idea di casa - ha affermato Bono lo scorso 10 ottobre in visita al Parlamento
europeo –. E mi sono reso conto che questa è la mia casa. Io sono europeo così come sono irlandese. L’idea di un patriottismo
allargato è esaltante. Io qui, oggi, mi sento a casa». Già , in Irlanda, in Europa, ma anche in Olanda.
Due fondazioni per gli Stones
Quella degli U2 è una presenza discreta ad Amsterdam rispetto ai più irriverenti Rolling Stones. Il logo «Lips and tongue», la celebre bocca rossa con la linguaccia, fu disegnato nel 1971 e comparve per la prima volta all’interno della copertina
dell’album Sticky Fingers. È diventato il simbolo dei Rolling Stones e si staglia su una targhetta di ottone sulla solita facciata del numero 566 di
Herengracht: raffigura la bocca di Mick Jagger e la lingua della dea Kali.
Il logo appartiene, assieme al marchio «The Rolling Stones» e ai relativi diritti d’autore, alla Promogroup, una delle numerose società controllate dagli Stones e registrate in Olanda.
Una delle tante, ma non una società qualsiasi. Promogroup è proprietaria, e non solo titolare della licenza, di tutti i diritti
di proprietà intellettuale degli Stone in tutto il mondo.
Come ha spiegato lo stesso Favié ai parlamentari della commissione d’inchiesta, i diritti degli Stones hanno una gestione
complessa dovuta al fatto che i testi e le musiche sono scritte solo da due dei componenti della band: Mick Jagger e Keith
Richards. I due, dunque sono amministratori di una fondazione registrata ad Amsterdam, la Stichting Administratiekantoor Herengracht
B, che controlla la Promopub Bv, società che incassa i diritti dei testi e delle musiche degli Stones. Nel 2016 la fondazione
registrava attività correnti per 12,7 milioni di dollari, in calo rispetto ai 14,1 del 2015 ma doppi rispetto ai 6,3 del 2014.
Più sostanziose le cifre dell’altra fondazione nella quale vengono raccolti i diritti intellettuali del marchio e del logo, la Stichting Administratiekantoor Herengracht A, di cui sono amministratori tre i componenti della band: Jagger, Richards e Charles Watts, storico batterista. Aspetto curioso: nelle scatole societarie esaminate dal Sole 24 Ore non figura Ronnie Wood, chitarrista che a partire dal 1975 è entrato a far parte della band come membro effettivo. Nel 2016 la fondazione aveva attivi netti per 35,5 milioni di dollari e registrava un risultato netto positivo per 233.614 dollari. È quest’ultima fondazione, costituita assieme all’altra il 3 aprile 2006, a controllare la Promogroup e, a cascata, la Musidor (proprietaria del logo «Lips and tongue»), la Promogracht, la Promolane, la Promotone e la Promotours. La Musidor, in particolare, registrava attività correnti per 5,8 milioni di dollari nel 2016, in calo rispetto ai circa 12 milioni registrati sia nel 2015 sia nel 2014.
È attraverso queste entità che viene gestito l’insieme delle proprietà intellettuali della rock band britannica. Tutti i soldi
incassati (o quasi), in pratica, arrivano in Olanda. Nel 2016, secondo i dati di Billboard, i Jagger e compagni hanno incassato
10,9 milioni di dollari.
Ma la galassia societaria degli Stones non si ferma tra i canali di Amsterdam. La Promogroup, infatti, controlla alcune societÃ
negli Stati Uniti: la Stone Service, domiciliata in Delaware, uno dei più piccoli stati degli Usa dove ci sono più societÃ
che abitanti, e la 50 Years Llc, in California, fondata per gestire i concerti dei Rolling Stones negli States nel 50° anniversario
della nascita della band. Fino a qualche anno fa la band possedeva una società anche a Curacao, paradiso fiscale delle Antille.
Secondo il sito celebritynetworth.com, Mick Jagger possiede una ricchezza stimata in 360 milioni di dollari, Keith Richards
di 340 milioni e Carles Watts di 170 milioni. La loro avversione alle tasse è celebre e ha scandito la loro intera vita artistica,
dall’esilio fiscale in Francia da cui nel 1972 nacque l’album Exile on Main St., in poi.
L’Eldorado fiscale degli artisti
Davanti ai parlamentari olandesi che indagavano sui paradisi fiscali, il manager delle società degli U2 e dei Rolling Stones
non deve essere stato molto convincente. Favié non è riuscito ad allontanare il sospetto che U2 Limited e Promogroup siano
soltanto delle cassette postali. Le due società hanno, infatti, solo 5 dipendenti ciascuna ed esternalizzano la maggior parte
delle loro attività .
«Lei ha negato chiaramente di essere una società bucalettere - ha chiesto Renske Leijten, un deputato del Partito socialista
- e la domanda è: che valore sta creando quando esternalizza tutto?».
Più duro è stato Chris van Dam, del partito cristiano-democratico Cda: «Le società non creano valore aggiunto in termini
di proprietà intellettuale qui nei Paesi Bassi. Sono semplicemente un ufficio amministrativo. Ci deve essere un incredibile
flusso di entrate in royalties con queste band e lei ammette che l’Olanda è una delle poche giurisdizioni che offre la possibilitÃ
di non tassare i diritti d’autore in uscita dal paese, ma poi aggiunge che le società non hanno nulla a che fare con questo.
Lo trovo incredibile».
Incredibile o meno, da queste parti i Rolling Stones sono arrivati nel 1972 dopo che il principe Rupert Zu Loewenstein, un
banchiere che lavorava a Londra e che possedeva un vecchio titolo bavarese, divenne il loro consulente d’affari per volere
di Mick Jagger, che aveva studiato alla London School of Economics.
Il Sole 24 Ore ha contattato Favié più volte, per email e per telefono, per chiedergli un’intervista ma l’amministratore delle
società degli U2 e dei Rolling Stones ha declinato l’invito per mancanza di tempo chiedendo di inviare una nuova email. L’email
è stata inviata ma Faviè finora non ha mai risposto.
Il muro di gomma è una costante non soltanto con Favié ma con tutti gli interlocutori, anche italiani, vicini alle star della
musica.
Spuntano anche gli Ac/Dc
Anche gli Ac/Dc, gruppo di hard rock nato in Australia nel 1973 ha scelto l’Olanda come luogo di approdo per i diritti intellettuali.
Alla periferia di Amsterdam, in un enorme palazzo di marmo e acciaio, è domiciliata la Leidseplein Presse Bv, fondata nel
1976 e amministrata dalla Intertrust (Netherlands) Bv, società di servizi corporate e finanziari con sedi nelle principali
piazze finanziarie e nei più rinomati paradisi fiscali del mondo. Sono migliaia le società domiciliate nell’edificio della
Intertrust al numero 200 di Prins Bernhardplein di Amsterdam.
Nel 2016 la società che controlla i diritti degli Ac/Dc ha registrato utili netti per 794mila dollari, contro i 583mila del
2015 e i 400mila del 2014. Le spese operative nel 2016 sono ammontate a 10,2 milioni di dollari. Le attività correnti sono
state invece di 10,5 milioni di dollari contro i 26 milioni del 2015 e i 22,5 del 2014.
Anche in questo caso, come per gli U2, i nomi di Angus Young, Brian Johnson e compagni non sono indicati nei documenti ufficiali,
schermati dalla Intertrust. Negli anni 70 gli Ac/Dc controllavano i diritti attraverso la società Alkmaar Presse Nv di Curacao,
oggi non più attiva.
La controversia fiscale di Gianna Nannini
Non è solo Amsterdam il «buen ritiro» dei cantanti e delle rock band. O meglio: delle società a loro direttamente o indirettamente
riconducibili. A Rotterdam, che da Amsterdam distanza appena un’ora di treno (ce ne sono 60 al giorno), abbiamo seguito le
tracce di Gianna Nannini, star della musica italiana e apprezzata anche all’estero. A Rotterdam, a poche centinaia di metri
da Erasmusbrug (il ponte Erasmo) sul fiume Nieuwe Maas e ad appena 17 minuti di autobus dalla moderna stazione centrale, si
staglia un grattacielo che ha ospitato anche Z-Music Enterprises Bv, una società di diritto olandese. Questa società ed una
di diritto irlandese sono state al centro di un lungo contenzioso giudiziario e fiscale.
La vicenda si è chiusa il 30 giugno 2015, in sede penale, con il patteggiamento della pena di un anno e due mesi di reclusione
(sospesa e con la non menzione nel casellario giudiziario) preceduto da un accordo conciliativo con l’Agenzia delle entrate
stipulato dalla Gng Musica Srl. Nannini era accusata di una presunta evasione fiscale. Il gup di Milano Fabio Antezza il 30
giugno di oltre tre anni fa ha accolto infatti l’istanza di patteggiamento, dopo che l’allora difensore della rockstar, Giulia
Bongiorno, oggi ministro per la Pubblica amministrazione, aveva raggiunto l’accordo con il pm Adriano Scudieri.
Ricordiamo che il patteggiamento non presuppone l’ammissione di alcuna responsabilità e dunque dalla sentenza non deriva l’accertamento
del reato ma solo la volontà di definire la questione, evitando il processo.
Nannini era accusata di aver sottratto al fisco, tra il 2007 e il 2012, tre milioni e 750mila euro interponendo tra la società milanese Gng Musica srl, della quale risultava essere proprietaria e amministratrice unica, e le case discografiche Sony e Universal (totalmente estranee alle accuse) una società di diritto irlandese (Bad&Worth limited) e un’altra di diritto olandese (Z-Music Enterprise B.V), secondo l’accusa prive di una vera e propria struttura. Sempre secondo l’accusa, questo avrebbe permesso alla cantante di non pagare al Fisco italiano le royalties dei dischi e dei concerti, poiché delocalizzati in Stati in cui la tassazione è più favorevole.
Già nella fase delle indagini, però, il collegio difensivo della rockstar aveva depositato documenti che avrebbero portato
a escludere dal computo della presunta evasione fiscale una serie di fatture. In questo modo, secondo la difesa, l’importo
dell’evasione contestata si sarebbe ridotto a circa un milione e mezzo di euro, in quanto «è stato dimostrato che l’Iva è
stata pagata dalla Sony».
«La decisione della Gng Musica Srl di sancire un accordo conciliativo con l’Agenzia delle entrate - spiegò all’epoca l’avvocato
Bongiorno - deriva dalla volontà di mettere al più presto la parola fine a un doloroso capitolo giudiziario. Gianna Nannini,
amareggiata e sorpresa dalla vicenda, nel ribadire l’assoluta trasparenza della propria condotta, nega decisamente qualsiasi
interposizione fittizia con società estere e sottolinea che gli addebiti sono riferibili esclusivamente all’operato di soggetti
terzi nei quali nutriva una sconfinata e tuttavia malriposta fiducia».
Il Sole 24 Ore ha provato in ogni modo a riannodare i fili del discorso per avere un quadro non solo più esaustivo dalla viva
voce della cantante ma anche per conoscere dettagli finora rimasti ignoti.
Nel corso delle scorse settimane lo studio legale Bongiorno di Roma (dalla quale però l’attuale ministro è uscita da alcuni mesi per incompatibilità tra la professione forense e la carica ministeriale) ha ricevuto decine di telefonate dal Sole 24 Ore che ha esplicitamente chiesto un contatto diretto con chi all’epoca affiancò l’avvocato Bongiorno, per avere un quadro preciso a disposizione. All’iniziale cortesia si è via via sostituito un distacco che si è concluso con un «se saremo interessati vi richiameremo noi e comunque l’avvocato Bongiorno è uscita da questo studio legale».
L'ultimo tentativo, poche ore fa, ha sortito lo stesso effetto. Non è mai giunta alcuna telefonata, non indispensabile, ma
certo utile ad aggiungere, dal punto di vista dell’interessata, eventuali ed ulteriori precisazioni, forse utili per una miglior
comprensione della vicenda.
La rotta ha dunque virato verso Goigest, l’ufficio stampa milanese della cantante. L’approccio - con le stesse identiche richieste
di far ricostruire alla stessa rock star italiana la vicenda e raccogliere ogni ulteriore elemento utile a farla meglio comprendere
- è stato positivo sulle prime, anche se con il solito «vi chiameremo».
Cosa che è puntualmente avvenuta ma senza stabilire alcun contatto diretto o indiretto con la cantante. Anzi. Il 22 settembre
alle ore 12.47 ecco arrivare questa mail dalla legale milanese Antonella Rizzi: «Scrivo a nome di Gianna Nannini in risposta
alla richiesta che le avete fatto pervenire tramite l’ufficio stampa Goigest. Gianna Nannini non ha mai avuto alcun interesse
in Olanda, né in altri paradisi fiscali. La questione sollevata dall’Agenzia delle Entrate si riferiva a tutt’altro ed è stata
definitivamente chiusa da tempo. Non è intenzione della signora Nannini aprire discussioni in proposito. Faccio salva ogni
iniziativa della mia cliente in caso di violazione di suoi diritti».
Un muro di gomma isolato? Per niente. Scene analoghe si sono ripetute (ma con maggiore disponibilità in vero) quando abbiamo
provato a seguire dall’Italia le tracce olandesi di Renato Zero e Tiziano Ferro per avere dalla viva voce degli interessati
o quantomeno dai loro legali o uffici stampa il loro racconto, che potesse aggiungere dettagli e chiarimenti rispetto a quanto
finora uscito sui media.
Renato Zero e le Antille olandesi
Se non erano sorci erano comunque «sorcini» verdi quelli che Renato Fiacchini (in arte Renato Zero) ha visto nel 2010 quando,
a fine anno, i media svelarono che il pm della procura di Napoli Vincenzo Piscitelli aveva chiuso un’indagine relativa ad
una presunta evasione e frode fiscale per un giro di fatture false tra il 2001 e il 2004 per due milioni e 311 mila euro,
presuntivamente messa in atto attraverso una serie di società in Italia e all’estero.
In soldoni Zero, secondo l’accusa, avrebbe evaso le tasse e portato soldi all’estero. Oltre all’Italia, i Paesi coinvolti
erano Monaco, le Antille olandesi e i Paesi Bassi.
La gestione delle strutture estere passò, sempre secondo l’accusa, attraverso diverse tappe. Tra il 2001 e il 2002 è stata
costituita una struttura estera destinata all’acquisto dalla Zeromania Srl con la duplice finalità di ridurre la tassazione
nel caso di futura cessione a terzi del catalogo musicale dell’artista e di ridurre la tassazione sui diritti annualmente
percepiti dalla Siae. Per poter beneficiare sino al 2019 delle agevolazioni fiscali riconosciute alle società antilliane giÃ
esistenti, non previste per quelle di nuova costituzione, venne acquistata una società delle Antille olandesi, la Edgehill
investment Nv, il cui capitale sociale era interamente posseduto da Renato Fiacchini.
La Edgehill investment Nv costituì a sua volta come unico socio, la Blij Music BV, società di diritto olandese, con sede ad
Amsterdam. Questa società avrebbe riversato 530 mila euro sul conto monegasco di Renato Zero nel 2004. Secondo la Finanza
la società olandese venne creata perché acquistasse da Zeromania srl i diritti editoriali dell’artista ad un prezzo consistentemente
inferiore a quello potenzialmente realizzabile in caso di cessione a terzi. Da quel momento la Siae avrebbe pagato i diritti
d’autore alla società olandese con un meccanismo fiscale pianificato con l’assistenza di uno studio tributario olandese, con
un notevole vantaggio rispetto alla situazione attuale.
Il giorno stesso in cui i media riportarono la notizia il suo avvocato romano, Bruno Assumma, dichiarò che Renato Zero avrebbe
facilmente dimostrato «l’assoluta estraneità e buonafede di Renato che ha sempre dimostrato totale trasparenza nelle sue attivitÃ
e rispetto integrale delle norme di legge».
Aveva ragione: ogni contenzioso fiscale è stato chiuso e quello penale archiviato ma il Sole 24 Ore avrebbe voluto conoscere
meglio, dall’avvocato Assumma, al quale si è ripetutamente rivolto e dal quale ha sempre ricevuto risposte cortesi, se non
proprio dalla voce di Renato Zero, i contorni di questa vicenda complicatissima e che è stata sintetizzata nei suoi aspetti
più importanti. Avremmo voluto sapere ad esempio se Zero si sia avvalso o meno dello scudo fiscale per far rientrare eventualmente
e lecitamente le somme dal conto monegasco.
Questo ed altro ancora avremmo voluto sapere partendo proprio, come nel caso di Gianna Nannini, da un indirizzo. In questo
caso quello della Blij Music BV, società di diritto olandese, con sede ad Amsterdam. Non è stato possibile.
L’assoluzione di Tiziano Ferro
Così come non è stato possibile approfondire la vicenda che ha coinvolto Tiziano Ferro, assolto perché il fatto non sussiste
il 19 dicembre 2017 dal Tribunale di Latina, sua città natale, dall’accusa di evasione fiscale per circa tre milioni (il pm
Alessio Sterzi aveva chiesto un anno di reclusione).
L’Agenzia delle Entrate contestava che i profitti del cantante venissero incassati da due società straniere: ancora una volta
una di diritto olandese e l’altra di diritto anglosassone. Secondo l’accusa il cantante inoltre avrebbe spostato fittiziamente
la residenza a Londra tra il 2006 e il 2008.
Il collegio difensivo, anche in questo caso capitanato all’epoca dall’avvocato Giulia Bongiorno, è riuscito a dimostrare che
la residenza in Gran Bretagna non era fittizia, al punto che vennero prodotti anche i pagamenti delle palestre frequentate
dal cantante e i documenti che riguardavano il ricorso a prestazioni sanitarie in un periodo compreso dal 31 maggio 2005 al
22 febbraio 2006.
Il 26 giugno 2018 - come riporta il sito latinaoggi.eu - in oltre venti pagine il giudice monocratico Giorgia Castriota ha
motivato l’assoluzione confermando che «è emerso effettivamente come il Ferro si sia effettivamente trasferito all’estero
e la prova di questa affermazione è nella documentazione che è finita agli atti tra cui l’acquisto di un appartamento e un
documento che attesta la stipula per un mutuo per la durata di 10 anni».
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