Una crisi alimentare e due presidenti, una partita a poker tra superpotenze e una manifestazione al giorno.
E' una lente bifocale quella con cui Nicolás Maduro (presidente eletto) e Juan Guaidò (presidente autoproclamato) guardano
al disastro in Venezuela: lo scenario interno e quello internazionale.
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I governativi e gli oppositori di Caracas, certo. Ma le prossime mosse, quelle determinanti, saranno dell'Esercito venezuelano,
e delle superpotenze: da una parte Cina, Russia e Turchia. Con Maduro. Dall'altra Stati Uniti, Ue e vari Paesi latinoamericani.
Con Guaidò. In mezzo c’è l’Italia, a cui Guaidò si è rivolto con un appello, non comprendendo «perché il Paese europeo a
noi più vicino non prenda una posizione chiara e netta contro il dittatore Maduro e non chieda, con forza, libere elezioni
sotto l’egida della comunità internazionale e lo sblocco degli aiuti umanitari».
La mediazione del Vaticano riprende forza in queste ore: «Una delegazione venezuelana è stata ricevuta oggi in Segreteria
di Stato. È stata ribadita la vicinanza del Santo Padre e della Santa Sede al popolo venezuelano, principalmente a quelli
che soffrono. E' stata sottolineata la profonda preoccupazione perché si trovi con urgenza una soluzione giusta e pacifica
per poter superare la crisi, nel rispetto dei diritti umani e cercando il bene di tutti gli abitanti del Paese, evitando uno
spargimento di sangue». È quanto ha riferito il direttore della Sala stampa vaticana, Alessandro Gisotti.
Ciò avviene all'indomani di un atteggiamento sempre più “sfidante” tra Maduro e Guaidò. Le esercitazioni militari denominate
'Bicentenario de Angostura', nello Stato venezuelano di Miranda, sono state definite da Maduro «le più grandi della nostra
storia». Dureranno fino al 15 febbraio.
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Obiettivo delle manovre, ha segnalato il comando della Forza armata nazionale bolivariana (Fanb), è esaltare le capacità operative
e tecniche a disposizione nel momento in cui il capo dello Stato denuncia che il Paese affronta «un colpo di Stato» da parte
degli Stati Uniti che vogliono «invaderlo militarmente».
In un tweet Maduro ha sottolineato che «dal Forte Guaicaipuro, in compagnia dello Stato maggiore superiore, avviamo l'Operazione
civico-militare 'Bicentenario de Angostura 2019', una dimostrazione di capacità di dispiegamento operativo della nostra Fanb
per la difesa della sovranità e della pace nazionale».
Sull'altro fronte la risposta di Guaidò che ha rivolto un appello ai venezuelani a scendere in piazza in occasione del 'Giorno
della gioventù per inviare un messaggio alle nostre Forze armate.
In un tweet Guaidó ha dichiarato: «Ci mobiliteremo in tutto il Paese per ottenere l'ingresso degli aiuti umanitari che permettano
di far fronte alla crisi».
Allegato al messaggio c'è un manifesto intitolato «Venezuela parla alla Forza armata nazionale bolivariana» in cui si indicano
i punti di concentrazione dei manifestanti a Caracas e si propone lo slogan: «Leali alla Costituzione sempre! Traditori della
nostra gente, mai!'»
Sullo sfondo, uno scontro ormai frontale tra Stati Uniti e Russia.
Gli appelli di Washington all'Esercito di Caracas affinché venga meno il sostegno al presidente Maduro sono osteggiati da
una presa di posizione forte di Mosca, secondo cui si tratta di «palesi interferenze negli affari interni di un paese sovrano».
Lo ha detto Alexander Shchetinin, direttore del dipartimento latinoamericano del ministero degli Esteri russo a Interfax.
«Un appello diretto da uno stato straniero alle forze armate di un altro Paese, non importa in che forma sia fatto, per cambiare
la loro posizione e, di fatto, per violare il loro giuramento è un'interferenza assolutamente inaudita negli affari interni
di un Paese sovrano», ha detto Shchetinin.
Un funzionario delle Nazioni Unite che chiede di non essere citato parla «guerra per procura tra superpotenze».
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