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Vertice Ue, Macron boccia il candidato tedesco alla Commissione

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Vertice Ue, Macron boccia il candidato tedesco alla Commissione

Tra i veti degli uni e i desideri degli altri, sono proseguiti ieri i negoziati in vista della nomina di un nuovo presidente della Commissione europea. Mentre il Parlamento europeo si è detto pronto a votare a favore di uno dei capilista alle recenti elezioni, e non necessariamente a favore del capolista del partito che ha ottenuto la maggioranza relativa, i Ventotto hanno affidato al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk un mandato perché trovi il candidato più appropriato.

Per la prima volta dal voto della settimana scorsa, i leader dei gruppi politici nel Parlamento europeo si sono riuniti ieri a Bruxelles per un primo confronto. All’uscita della riunione, è stato pubblicato un comunicato lambiccato, ma dal quale traspare una apertura nei confronti del Consiglio europeo, che all’inizio del mese aveva rifiutato il principio secondo cui il capolista del partito giunto primo alle elezioni diverrebbe automaticamente presidente della Commissione.

«I gruppi politici – si legge nella dichiarazione – hanno riconfermato il (loro) impegno a favore dell’iter basato sui candidati principali (vale a dire gli Spitzenkandidaten, ndr), il quale prevede che il prossimo presidente della Commissione europea abbia già reso noto il suo programma e la sua personalità prima delle elezioni e si sia impegnato in una campagna su scala europea». Molti osservatori hanno visto nella presa di posizione un atteggiamento più morbido in questa fase politica.

Nel 2014 emerse una forma di automaticità tra la vittoria del capolista del partito arrivato primo (in quest’ultimo voto il popolare tedesco Manfred Weber) e la sua nomina alla guida della Commissione. Nel suo comunicato il Parlamento europeo apre la porta all’ipotesi che tra i candidati vi siano anche altri Spitzenkandidaten. Tendenzialmente il socialista Frans Timmermans e la liberale Margrethe Vestager. La frase è abbastanza vaga da includere anche Michel Barnier, il capo-negoziatore per Brexit.

È interessante notare che proprio il popolare Weber ieri ha affermato che il PPE è «pronto a tutti i compromessi necessari». Dietro alla presa di posizione del Parlamento europeo vi sono almeno due fattori: la frammentazione del quadro politico nel quale per formare una maggioranza saranno necessari tre o quattro partiti e le pressioni dei Ventotto perché abbiano margini di scelta e l’ultima parola nel scegliere il successore di Jean-Claude Juncker.

Ciò detto, la partita è tutt’altro che terminata. Ieri i capi di Stato e di governo si sono riuniti a Bruxelles per una cena in cui hanno dato mandato al presidente Tusk di trovare un candidato appropriato per la presidenza della Commissione (che dovrà essere eletto dal Parlamento europeo). In ballo ci sono anche le cariche di presidente del Consiglio europeo, di Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza e di presidente della Banca centrale europea.

Il presidente Tusk vuole guardare alle diverse nomine in quanto pacchetto, anche per ottenere un equilibrio politico, geografico e di genere. Arrivando alla cena di ieri sera, la cancelliera Angela Merkel ha appoggiato “naturalmente” il candidato Weber. Di avviso diverso è il presidente francese Emmanuel Macron che interpellato sulla figura del prossimo presidente della Commissione, ha citato il socialista Timmermans, la liberale Vestager, il popolare Barnier, ma non Manfred Weber.

La giornata di ieri è stata segnata da una girandola di incontri a due, tre, quattro pur di far quadrare il cerchio. Parigi vuole che l’occasione comporti un rinnovamento della strategia per i prossimi anni, e forse proprio questo spirito volontarista fa paura a una Germania che preferisce i piccoli passi alle trasformazioni troppo radicali. Gli stessi risultati elettorali spiegano le posizioni divergenti dei due Paesi. Indeboliti in patria, sia la cancelliera Merkel che il presidente Macron cercano un successo in Europa.

Attualmente nel Consiglio europeo siedono tra gli altri nove esponenti liberali, nove popolari, cinque socialisti (la decisione è presa a maggioranza). Secondo esponenti diplomatici, la discussione di ieri sera si è concentrata soprattutto sul metodo e in parte anche sulla necessità di preparare il terreno a una probabile uscita di scena onorevole della candidatura Weber, che ancora ieri la cancelliera ha dovuto appoggiare soprattutto per difendere la sua posizione negoziale.

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