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Elliott rileva le librerie (in crisi) Barnes & Noble

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Elliott rileva le librerie (in crisi) Barnes & Noble

Il grande fondo attivista Elliott Management ha scovato un altro asset in crisi sul quale scommettere: le catene di librerie. Elliott ha conquistato la storica catena Barnes & Noble, una delle poche a fatica sopravvissute alla debacle del settore davanti all’avanzata dell’e-commerce di Amazon. Con i suoi 35 miliardi di dollari in gestione, Elliott ha comprato in contanti Barnes & Noble per 683 milioni di dollari, debito compreso. Il gruppo ha un valore di mercato di 311 milioni ma un ruolo ancora influente nell’editoria. Sull’onda della conclusione della saga, i titoli scambiati sotto il simbolo Bks hanno guadagnato nella serata di giovedì a Wall Street quasi il 30 per cento.

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Per il fondo americano non è la prima scommessa sulle librerie. L’anno scorso si è impadronito della britannica Waterstones per 279 milioni e, stando ai piani venuti alla luce, l’arrivo di Barnes & Noble dovrebbe ora potenziare la sua presenza nel comparto. Il progetto prevede di mantenere separati i due marchi ma sotto la direzione unica dell’attuale amministratore delegato di Waterstones, James Daunt. Il ceo installato da Elliott rivendica di essere riuscito a risanare i conti del gruppo britannico, che ha anche avviato un piano di espansione di questi tempi raro, fatto dell’apertura di nuovi negozi disegnate per assomigliare a librerie indipendenti - un look che meglio resiste alle pressioni dei giganti del digitale. Altri pretendenti si sono fatti avanti per Barnes & Noble negli ultimi otto mesi. Tra questi l’ormai 78enne chairman esecutivo e grande azionista del gruppo con una quota del 19,2% Leonard Riggio, che però appare destinato a soccombere all’offerta di Elliott.

Barnes & Noble - le cui origini risalgono al 1873, per poi assumere il nome attuale dal 1917 ed essere rifondato da Riggio nel 1971 - da anni sconta un declino che ha visto le sue quotazioni scivolare fino a minimi storici attorno ai 4,59 dollari. La market cap si è ormai ridotta a un decimo rispetti ai 3 miliardi vantati nell’era pre-recessione del 2008. Di recente, segno che un rilancio rimane un miraggio, ha anche ridimensionato le attese di performance per l’anno in corso. Nell’ultimo anno il bilancio della società ha evidenziato appieno le sfide aperte e finora irrisolte da ripetuti sforzi di riorganizzazione. Le perdite sono state di 125,5 milioni, contro profitti di 22 milioni nei dodici mesi precedenti. Le entrate sono a loro volta diminuite del 6% a 3,7 miliardi.

Ma non tutto è macchiato di pessimismo nel business di Barnes & Noble. Mantiene tuttora una rete di 627 negozi su scala nazionale, ragguardevole anche dovesse chiuderne alcuni. Ed è soprattutto considerato un partner cruciale per le case editrici nel promuovere libri e autori, sia rinomati che nuovi, al grande pubblico. Elliott, fondato dal controverso finanziere Paul Singer , è da parte sua da sempre alla ribalta per le sue aggressive scommesse sui cosiddetti «distressed asset». Tre le più note quelle sul debito sovrano di paesi in crisi, quali l’Argentina, e su attività immobiliari in difficoltà. In Italia ha fatto notizia per aver puntato su due asset nella bufera: la squadra di calcio del Milan e Telecom Italia, dove ha una influente partecipazione.

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