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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2011 alle ore 16:07.

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MILANO. Clausola di salvaguardia sì, ma per pochissimi. La via alternativa pensata per non rendere troppo pesante il contributo di solidarietà sui redditi più alti riguarderà una platea ultra-ristretta di contribuenti, che troveranno più conveniente chiedere di applicare il 48% anziché il 43% sull'ultima fascia di reddito anziché farsi decurtare le quote di entrate superiori ai 90mila euro.

Il nodo emerge dalla versione definitiva del provvedimento, che chiede ai redditi alti (ufficiali) di contribuire nella difficile risalita verso il pareggio del bilancio pubblico. Riprendendo la vecchia tagliola introdotta l'anno scorso per gli statalie e nella manovra di luglio per i pensionati, la manovra bis prevede una tagliola del 5% sulle quote di reddito superiore a 90mila euro e del 10% su quelle oltre i 150mila. Se però il contribuente lo ritiene più conveniente, può chiedere di evitare questa doppia sforbiciata applicando però un'aliquota maggiorata, al 48 anziché al 43%, sull'ultima fascia di reddito, quella superiore ai 75mila euro. Le due previsioni, però, non sono perfettamente parallele: nel primo caso la quota di reddito "devoluta" alla causa del bilancio pubblico viene dedotta dalle entrate dell'anno successivo, mentre nella via alternativa non scatta alcuna deducibilità. Risultato: l'alternativa introdotta in extremis diventerebbe conveniente (si fa per dire) solo quando l'imponibile dell'anno supera i 441.428,6 euro, una condizione che riguarda pochissime dichiarazioni dei redditi. La soglia effettiva, però, è ancora più alta, perché il contributo deducibile permette di risparmiare anche sull'addizionale Irpef regionale e comunale. Un reddito da 400mila euro, per esempio, il primo anno paga 24mila euro di «solidarietà», ma con la deduzione dell'anno successivo risparmia 12.040 euro di Irpef nazionale e 476 euro di imposte locali (in base a un'aliquota media, per questi redditi, dell'1,4% in Regione e del 3 per mille in Comune). Alla fine del dare-avere, l'alternativa diventa conveniente sopra quota 544.520 euro. Un pezzettino di solidarietà, di conseguenza, sarà pagata anche dalle amministrazioni territoriali: la relazione tecnica, infatti, stima un miglioramento per il bilancio dello Stato di 674,4 milioni nel 2012, di 1.557 milioni nel 2013 e di 1.586 milioni nel 2014 (perché l'Irpef si paga l'anno successivo alla maturazione del reddito), ma calcola che la misura costerà 105 milioni in tre anni alle Regioni e 39,6 milioni ai Comuni.

Non tutti i contribuenti, poi, ricevono cattive notizie dal contributo previsto dalla manovra-bis. Per i dipendenti statali con alto reddito e i pensionati "d'oro", la novità ha un segno positivo perché cancella le tagliole previste sui loro redditi dalla manovra 2010 e dal decreto di luglio, che non erano deducibili. A un dipendente statale con 100mila euro di reddito, il passaggio dal vecchio al nuovo contributo fa risparmiare 670 euro in tre anni (addizionali comprese), e il peso della deduzione cresce naturalmente insieme alle dimensioni della busta paga: per un reddito da 500mila euro all'anno, livelli su cui viaggiano per esempio i presidenti di Authority come l'Antitrust o quella per l'energia e il gas, il nuovo regime alleggerisce il conto di quasi 20mila euro all'anno. Pessima, invece, la notizia per gli uffici amministrativi degli enti pubblici, che dovranno stoppare le trattenute in busta paga su cui si basa il vecchio meccanismo e inerpicarsi nei calcoli dei conguagli per il 2011.

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TAG: Fisco

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