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Questo articolo è stato pubblicato il 26 agosto 2011 alle ore 09:46.

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La manovra di Ferragosto interviene sulla contrattazione aziendale con l'obiettivo di farla diventare la sede centrale in cui si scrivono le regole del lavoro.
L'articolo 8 del decreto 138/2011 contiene un lungo elenco di finalità che devono essere perseguite dai contratti aziendali e individua una serie di materie che possono essere disciplinate dagli stessi.

Quanto alle finalità alcuni obiettivi sono molto ampi e generici e, proprio per questo, già oggi sono a pieno titolo nell'agenda della contrattazione di secondo livello (la creazione di nuova occupazione, la definizione della qualità dei contratti di lavoro, l'emersione del lavoro irregolare, gli investimenti e l'avvio di nuove attività). Altri obiettivi sono già regolati da norme di legge (gli incrementi di competitività e di salario, la gestione delle crisi aziendali e occupazionali).

Se si va vedere la lista delle materie che possono essere disciplinate dagli accordi aziendali (per attuare gli obiettivi prima elencati) figurano: gli impianti audiovisivi e le nuove tecnologie (si ripete, aggiornandone la terminologia, l'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori), le mansioni e gli inquadramenti (come già accade oggi, su questo tema i contratti aziendali avranno spazio solo se gli verrà lasciato dai contratti nazionali), il part time e i contratti flessibili, compresi i contratti a termine e la somministrazione.

I contratti aziendali già disciplinano i casi di ricorso al lavoro flessibile, restringendo o ampliando, dove consentito, i limiti del contratto nazionale.

Se il riferimento ai contratti a termine o alla somministrazione fosse però inteso come possibilità per il contratto aziendale di dettare una disciplina diversa da quella contenuta nella legge, la novità sarebbe rilevante. In questo caso sarebbe forse opportuno utilizzare una formulazione più esplicita, chiarendo al di là di ogni dubbio che le regolamentazioni sul lavoro flessibile possono essere approvate in deroga alla legge.

Altre materie assegnate alla contrattazione collettiva sono innovative: si parla del regime di solidarietà negli appalti, delle modalità di assunzione e della disciplina del rapporto di lavoro comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite Iva.

Si tratta di chiarire se la contrattazione aziendale debba limitarsi a introdurre regole aggiuntive rispetto a quelle di fonte legale, oppure possa apportare delle deroghe alle norme di legge.

L'ultima parte della norma afferma che il contratto aziendale può disciplinare la "trasformazione e conversione dei contratti di lavoro" e anche le "conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro".

Lo scopo della disposizione è chiaro: si vuole consentire al contratto aziendale di escludere che dalla nullità di un termine apposto al contratto di lavoro, dalla mancanza delle causali da un contratto di somministrazione, o dal licenziamento ingiustificato derivino necessariamente la conversione del rapporto o la reintegrazione sul posto di lavoro (se si applica l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori).

La finalità è chiara ma occorrerebbe sancire esplicitamente la volontà del legislatore precisando il carattere derogatorio (o meno) rispetto alla legge.

Il rafforzamento della contrattazione aziendale è un obiettivo di politica del lavoro condiviso, come dimostra l'accordo interconfederale del 28 giugno. Un richiamo all'accordo si trova nell'ultima parte della norma, dove si prevede di dare efficacia erga omnes ai contratti aziendali votati a maggioranza dai lavoratori prima del 28 giugno, evidente il riferimento al caso Fiat. La norma, dunque, vale per il passato.

Nel complesso, la valutazione dell'articolo 8 deve essere fatta rispetto allo scopo che si prefigge il decreto 138: aiutare lo sviluppo e la competitività delle imprese. Sicuramente aumenterà l'intensità del negoziato sindacale a livello aziendale. Le aziende, in altri termini, se vorranno più flessibilità, dovranno contrattarla e guadagnarla a livello aziendale.

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