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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2011 alle ore 16:21.
Le finalità delle norme introdotte dalla legge di conversione del Dl 138/2011 sono abbastanza chiare: contrastare il fenomeno della concessione in godimento di beni a soci e familiari per un corrispettivo "non congruo". La normativa, tuttavia, necessità di approfondimenti per quanto riguarda una serie di aspetti applicativi: determinazione del reddito dei beneficiari; individuazione dei beni interessati; effetti in capo alle imprese concedenti.
Il reddito degli utilizzatori
L'articolo 2, comma 36-terdecies del Dl 138 introduce, a decorrere dal 2012, una nuova fattispecie impositiva di reddito diverso, (nuova lettera h-ter dell'articolo 67, comma 1, del Tuir) disponendo che costituiscono redditi diversi, se non conseguiti nell'esercizio di arti o professioni, imprese commerciali o in relazione alla qualità di lavoratore dipendente, la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni d'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Questo reddito è quantificato in misura corrispondente alla differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo.
Gli utilizzatori di tali beni dovranno pertanto fare riferimento a un parametro (il valore di mercato) non espressamente disciplinato dal Tuir. La relazione tecnica alla legge di conversione precisa che la nuova lettera h-ter) dell'articolo 16 del Tuir «disciplina l'ipotesi in cui i beni non fuoriescano dal regime di impresa, tuttavia vengano concessi in godimento a soci o familiari a condizioni diverse da quelle che caratterizzano il mercato, quindi senza corrispettivo ovvero con un corrispettivo inferiore a quello che sarebbe ritraibile secondo una libera contrattazione tra parti contrapposte e consapevoli». Successivamente la relazione, per quantificare il gettito atteso, assume come elemento di stima il "valore normale" dei beni in questione, dato desunto dal modello Unico, (altre variazioni in aumento, codice 5 del rigo RF32 del modello Unico 2011 SC). Pertanto appare verosimile che, ancorché il legislatore abbia adottato una particolare formulazione della norma, si sia inteso fare riferimento al valore normale per la concessione in godimento da soci e/o familiari come definito dall'articolo 9 del Tuir.
I beni d'impresa
La norma non individua quali siano i beni il cui utilizzo da parti dei soci o familiari faccia scattare il presupposto impositivo dell'articolo 67, comma 1, lettera h-te, ma rinvia a un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate l'obbligo di comunicare i dati relativi ai beni concessi in godimento. Verosimilmente il provvedimento individuerà le categorie di beni interessati dalla normativa in questione. Quanto al presupposto che i beni siano dell'impresa si dovrebbe far riferimento non solo all'articolo 65 del Tuir e quindi, di norma ai beni indicati nel registro dei cespiti ammortizzabili, includendo tuttavia, si ritiene, anche beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà. La norma dispone che i costi relativi ai beni in questione non siano, in ogni caso, ammessi in deduzione dal reddito imponibile (Irpef e Ires).
Effetti per le aziende
Per l'Irap, la relazione tecnica quantifica il gettito solo per le società di persone e imprese individuali per i quali non si applica il principio di derivazione dai dati di bilancio. La lettura della norma lascerebbe pertanto intendere che nel caso in cui nell'anno 2012 una società metta a disposizione del socio un bene, a fronte di un corrispettivo non allineato al valore di mercato, per la società scatterebbe comunque l'indeducibilità di tutti i costi a esso relativi contabilizzati nell'anno e non invece dell'eccedenza rispetto al corrispettivo addebitato.
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