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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2013 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 24 ottobre 2014 alle ore 18:25.
Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono stati condannati a un anno e otto mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena, per la presunta evasione fiscale di 200 milioni di euro. Alla stessa pena è stato condannato anche il commercialista dei due stilisti, Luciano Patelli, mentre altri tre manager del gruppo (Cristiana Ruella, Giuseppe Minoni e Alfonso Dolce, fratello di Domenico) sono stati condannati a un anno e quattro mesi. Assolta invece la manager belga Antoine Noella, così come avevano chiesto i pm. A tutti sono state riconosciute le attenuanti generiche e il beneficio della sospensione della pena.
Il giudice della seconda sezione penale del tribunale di Milano, Antonella Brambilla, nella sentenza pronunciata al termine del processo di primo grado ha riconosciuto gli imputati colpevoli di omessa dichiarazione dei redditi, ma ha assolto Dolce e Gabbana dall'accusa di dichiarazione infedele per 800 milioni di euro, «perché il fatto non sussiste». I pm Laura Pedio e Gaetano Ruta avevano chiesto la condanna dei due stilisti a due anni e sei mesi di reclusione. Secondo l'accusa, Dolce e Gabbana avrebbero realizzato un'operazione di esterovestizione attraverso la creazione nel 2004 della società lussemburghese Gado, alla quale erano stati ceduti i marchi della maison.
«Faremo certamente appello perché crediamo nell'innocenza di Domenico Dolce e Stefano Gabbana», ha commentato l'avvocato Massimo Dinoia, che difende gli stilisti insieme ad Armando Simbari e Ferdinando Taglioretti. Per Giuseppe Bana e Fabio Cagnola, legali di Patelli, invece, «la sentenza del tribunale, pur condannando, non ha tuttavia condiviso lo schema di pena proposto dal pm». Gli imputati dovranno versare 500mila euro all'agenzia delle Entrate e gli avvocati di Dolce e Gabbana lanciano un allarme: «Non disponendo i due stilisti di questa somma, il fisco aggredirà il bene principale del loro patrimonio che è la loro partecipazione nell'azienda Dolce&Gabbana».
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