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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2014 alle ore 19:57.
Lo stop al segreto bancario consente al Fisco di utilizzare i dati contenuti nella lista Falciani. I giudici tributari della Lombardia segnano un punto a favore dell'agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza per impiegare le informazioni sui conti correnti detenuti da contribuenti italiani presso la filiale di Ginevra della banca Hsbc.
Tutto nasce nel 2009 quando le autorità francesi hanno acquisito la documentazione che il tecnico informatico Hervè Falciani aveva abusivamente sottratto dal database della Hsbc di Ginevra. C'erano le schede di sintesi (fiches) di circa 300mila stranieri che detenevano denaro in Svizzera. Di questi circa 6mila erano italiani.
Le modalità irrituali nell'acquisizione dei dati hanno subito posto il problema se il Fisco potesse o meno utilizzarli per dare la caccia ai (presunti) evasori italiani. Da allora si è scatenata una querelle sia nelle aule della giustizia penale che tributaria con orientamenti spesso antitetici anche tra sezioni diverse dello stesso organismo giudicante.
Ora la Commissione tributaria regionale della Lombardia torna ad affrontare la questione dopo un ricorso presentato da un contribuente a cui era stato contestato maggiori ricavi complessivamente per circa 360mila euro su tre diversi anni d'imposta per non aver dichiarato le somme detenute all'estero. Il diretto interessato ha fatto leva sull'inutilizzabilità dei dati per il Fisco perché erano stati acquisiti dalla lista Falciani.
Già in primo grado i giudici avevano dato ragione all'amministrazione finanziaria.E la sentenza d'appello conferma la correttezza dell'operato facendo due osservazioni.
1) La direttiva comunitaria 2011/16/Ue sulla collaborazione tra gli Stati dell'Unione nello scambio di informazioni fiscali ha fatto venir «meno il segreto bancario». Pertanto, «anche qualora le circostanze utilizzate come presupposto per gli accertamenti provenissero dalla lista Falciani, l'operato dell'Agenzia si dovrebbe ritenere legittimo».
2) L'irritualità nell'acquisizione dei dati per le verifiche fiscali non comporta automaticamente l'inutilizzabilità «in mancanza di una specifica previsione in tal senso», naturalmente ad esclusione dei «casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio». Inoltre la sentenza cita un precedente della Cassazione secondo cui «l'acquisizione irrituale di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento fiscale non comporta l'inutilizzabilità» se manca un divieto ad hoc in tal senso.
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