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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2014 alle ore 06:39.
L'ultima modifica è del 13 agosto 2014 alle ore 13:23.

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La Corte di cassazione fa vacillare la norma della legge di Stabilità che avrebbe dovuto mettere in sicurezza le vecchie delibere delle Casse di previdenza che hanno ridotto gli assegni pensionistici. Lo fa ritenendo innovatrice quella che il legislatore ha qualificato come norma di interpretazione autentica, valida anche per il passato. Non ci sarebbero motivi imperativi di interesse generale per introdurre norme con valore retroattivo: la stabilità finanziaria di lungo periodo delle Casse – in generale – non costituirebbe «motivo» sufficiente.

Eppure, senza addentrarci nei meccanismi prescelti dalle singole Casse, se non si preserva – con ragionevolezza – la sostenibilità dei bilanci, a rischio sono tutte le prestazioni rivolte alle platee professionali. La sostenibilità finanziaria non è un bene esclusivo per chi è lontano dalla pensione, ma lo è anche per chi già percepisce l'assegno. Non solo perché molti hanno accolto figli e nipoti in studio, ma perché – soprattutto in un sistema a ripartizione, dove le pensioni sono pagate con i contributi degli attivi – non c'è garanzia per se stessi se si mette a rischio la garanzia di altri, soprattutto dei più giovani.

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