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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 08:13.
L'ultima modifica è del 05 ottobre 2014 alle ore 14:51.

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I professionisti pagano duramente la crisi. Con il calo del lavoro e con una perdita costante di redditi. A questo si aggiunge l'ingresso continuo di giovani leve in cerca di lavoro. Un fenomeno che riguarda l'intera Europa ma che in Italia - dove la presenza di professionisti è superiore alla media Ue - ha un effetto ancora più evidente e infatti i redditi hanno registrato un calo del 15% negli ultimi sei anni (si veda Il sole 24 Ore di ieri).

In questo contesto difficile i fondi europei sono, per i professionisti, una fondamentale risorsa che potrebbe consentire di ridare ossigeno al comparto. Ma il sistema fatica a mettersi in movimento.
In realtà, come sostiene Antonio Tajani, primo vicepresidente al Parlamento europeo, «è necessario che alla base del loro impiego ci sia un progetto chiaro» altrimenti si rischia la dispersione. Questo mentre si potrebbe arrivare a breve a un ampliamento delle risorse disponibili puntando sul settore dell'innovazione. «I fondi europei nel passato - ammette Gianni Pittella, presidente del gruppo S&D al Parlamento europeo - sono stati spesso utilizzati per incrementare il consenso; ora è necessario cambiare metodologia e puntare su investimenti che diano un reale ritorno nel tempo». E Pittella per individuare le priorità chiede aiuto ai professionisti, presenti ieri a Napoli all'incontro «Liberi professionisti come imprenditori in un'Europa per la crescita», organizzato dall'Adepp e da EurelPro.
Ma di quale risorse stiamo parlando? «Sono stati stanziati dalla Ue 42 miliardi - spiega Salvatore Pirrone, direttore generale politiche attive del ministero del Lavoro - cui vanno ad aggiungersi altri 20 miliardi nazionali. Nell'accordo di parternariato che abbiamo presentato i professionisti vengono assimilati alle Pmi anche per l'accesso alle politiche di incentivazione per l'assunzione di lavoratori svantaggiati. E ciò è sintomatico di un cambio di mentalità verso i professionisti». L'apertura ai fondi Ue deve però passare dalle Regioni che materialmente stanziano questi fondi attraverso bandi. Alcune – come Calabria, Campania, Sicilia, Toscana e Veneto – si sono già attivate, e attraverso il dialogo con le associazioni di categoria scrivono bandi che includono i professionisti, ma è necessaria una maggior comunicazione territoriale a professionisti ed enti locali per far conoscere queste possibilità. Andrea Camporese, presidente Adepp e Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, che recentemente hanno siglato l'accordo con il ministro del Lavoro per Garanzia giovani, stanno elaborando strategie condivise per una comunicazione congiunta sul territorio.

Se l'Europa, poi, guarda alle professioni con attenzione, alcuni Stati Ue guardano con «troppa attenzione» al patrimonio accantonato dalle Casse dei professionisti. Una denuncia che arriva dal presidente di EurelPro, Guy Morel: «In Francia c'è chi punta a gestire il nostro capitale previdenziale che ammonta a circa 20 miliardi». Un rischio che anche in Italia potrebbe concretizzarsi - secondo il presidente della Cassa di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti, Renzo Guffanti - se non sarà superato l'equivoco che si è creato da quando, nel 2008, gli enti di previdenza dei professionisti sono stati inseriti nell'elenco Istat. «In 20 anni abbiamo risanato una situazione fallimentare - afferma Guffanti -: nel 2001 il bilancio tecnico di Cnpadc a 40 anni dava una sofferenza molto pesante, abbiamo fatto le riforme necessarie e nel 2004 il bilancio tecnico di lungo periodo era in sicurezza». Una situazione finanziaria che evidentemente fa gola. «È vero che c'è un appetito nei nostri confronti che ogni tanto ritorna, ma è un errore metodologico - mette in guardia Camporese -: noi per lo Stato siamo un valore economico perché manteniamo in equilibrio un sistema che raccoglie 1,4 milioni di lavoratori, in welfare nell'ultimo anno abbiamo speso 540 milioni». E Camporese dalla legge di stabilità si aspetta un aiuto sul fronte fiscale: con la riduzione del prelievo sul risparmio previdenziale.

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