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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2014 alle ore 06:38.
Più responsabilità per i liquidatori e i soci delle società estinte, con l'aggiunta di una sorta di inversione dell'onere della prova a loro sfavore. È questo il punto d'arrivo del decreto semplificazioni in fase di emanazione.
Ma andiamo per gradi. Oltre alla previsione civilistica dell'articolo 2495 del Codice civile, bisogna tenere conto dell'articolo 36 del Dpr 602/1973. Una norma, quest'ultima, su cui si sono avuti molti dubbi in passsato, ma sulla quale è ormai chiaro che si tratta di una disposizione che coesiste con quella civilistica e che riguarda solo i soggetti Ires.
Con l'intervento del decreto sulle semplificazioni, si delinea questo scenario:
- si amplia l'ambito oggettivo della responsabilità, estendendola a tutti i tributi iscrivibili a ruolo (o "intimabili" attraverso l'atto di accertamento esecutivo), fermo restando che la previsione non riguarda le sanzioni e gli accessori dei tributi, ma le sole imposte dovute;
- sotto il profilo soggettivo, nulla cambia, dal momento che la norma resta rivolta solo ai soggetti Ires;
- si ampliano notevolmente le responsabilità dei liquidatori e dei soci. Viene confermato che i liquidatori che non adempiono all'obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo di liquidazione e per i periodi precedenti rispondono in proprio del pagamento delle imposte «se non provano di avere soddisfatto i crediti tributari anteriormente all'assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari». In più viene integrata la previsione sulla responsabilità dei soci (per le imposte che fanno carico anche ai liquidatori), che entra in gioco quando gli stessi soci, nei due periodi precedenti alla liquidazione, hanno ricevuto beni in assegnazione dagli amministratori o dal liquidatore nel corso della liquidazione (la responsabilità si ha nei limiti dei beni stessi). In particolare, il decreto sulle semplificazioni prevede che il valore dei beni ricevuti in assegnazione, «avuto riguardo al patrimonio della società all'inizio della liquidazione», si presume proporzionalmente equivalente alla quota detenuta dal socio, salvo prova contraria da parte di quest'ultimo.
In sostanza, con queste previsioni si punta a far in modo che l'ente impositore non debba "chiamare in causa" i liquidatori e i soci, introducendo una sorta di subentro automatico di questi ultimi nei rapporti con l'Amministrazione (salvo prova contraria dei liquidatori e soci).
Questo porterebbe all'applicazione delle regole relative alla successione nel processo. Ma ci sono almeno due perplessità di fondo: da un lato, quella relativa all'applicazione sul piano pratico della sentenza 6071/2013 della Cassazione al processo tributario; dall'altro, il decreto semplificazioni fa nascere dei dubbi sull'oggetto del contendere. Infatti, l'articolo 36 del Dpr 602/1973 riguarda soltanto le imposte e non le sanzioni, per le quali l'ufficio dovrebbe invece provare quanto è stato riscosso dai soci in base al bilancio finale di liquidazione oppure eventuali colpe dei liquidatori (seguendo il dettato dell'articolo 2495 del Codice). Il quadro, in definitiva, sarebbe questo:
eper le imposte, vi sarebbe il subentro automatico dei soci e dei liquidatori, con eventuali inversione dell'onere della prova che viene a gravare su di loro;
rper le sanzioni, l'amministrazione dovrebbe provare la sussistenza delle condizioni richieste dall'articolo 2495 Codice civile.
Infine, va ricordato come lo stesso articolo 36 stabilisca che la responsabilità dei liquidatori e dei soci deve essere accertata con atto motivato. La motivazione, però, non sembrerebbe più necessaria in presenza delle novità previste dal decreto semplificazioni.
Insomma, il quadro normativo diventerà molto più ingarbugliato di quello attuale.
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