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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2014 alle ore 06:38.

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Dario Deotto
Le nuove norme sulla responsabilità dei liquidatori e dei soci delle società estinte – contenute nel decreto delegato sulle semplificazioni in via di emanazione – non si coniugano granché con le semplificazioni e, anzi, determineranno un notevole contenzioso.
Occorre partire dal fatto che, con la riforma del diritto societario, l'articolo 2495 del Codice civile sulla cancellazione delle società ha dato origine a una serie di perplessità. Tant'è che è dovuta intervenire la Cassazione a Sezioni unite, con le sentenze 4060, 4061 e 4062 del 2010, stabilendo che la cancellazione dal registro delle imprese delle società – sia di capitali che di persone – ne determina l'estinzione, anche se ci sono creditori insoddisfatti o rapporti giuridici non ancora definiti.
Le regole attuali
La ricaduta per il diritto tributario è che gli atti impositivi riferiti a una società estinta devono ritenersi inesistenti (non nulli) e, quindi, improduttivi di effetti per la società, i liquidatori, gli ex amministratori e i soci. Questo fatto salvo quanto disposto dallo stesso articolo 2495, secondo cui i creditori insoddisfatti possono rivalersi sui soci, fino a concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, in presenza di colpa imputabile a questi (per le società di persone vale l'articolo 2312 del Codice civile). Inoltre, occorre tenere conto di quanto dispone, sul piano fiscale, l'articolo 36 del Dpr 602/1973, che detta responsabilità per soci, liquidatori ed ex amministratori, oggi in relazione alla sola Ires (si veda l'articolo in basso).
Oggi, quindi, il Fisco deve emettere gli atti impositivi soltanto nei confronti di liquidatori e soci, e soltanto quando si verificano le condizioni previste dagli articoli 2495 del Codice civile e dell'articolo 36 del Dpr 602/1973. Per eventuali atti emessi nei confronti di una società estinta, invece, deve essere dichiarata (da parte dei giudici) la cessazione della materia del contendere, posta l'inesistenza della società.
Occorre però segnalare che nel 2013 è intervenuta nuovamente la Cassazione a Sezioni unite (sentenze 6070, 6071 e 6072 del 12 marzo). Confermando che si devono considerare estinte le società cancellate dal registro delle imprese, la Corte ha precisato che l'estinzione determina un fenomeno di tipo successorio – ancorché non accostabile a quello della morte di una persona fisica – da individuarsi comunque nei limiti dell'articolo 2495 del Codice civile. La conseguenza è che se la cancellazione interviene nel corso del processo si verifica, entro i limiti dell'articolo 2495, la successione nel processo (in quello tributario si dovrebbero applicare gli articoli 40 e seguenti del Dlgs 546/1992).
Il decreto semplificazioni
Con la norma prevista dal decreto sulle semplificazioni questo quadro viene a essere modificato, per "tutelare" maggiormente l'Amministrazione finanziaria (e no). Viene stabilito che ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione, l'estinzione della società ha effetto trascorsi cinque anni dalla cancellazione dal Registro delle imprese. Si tratta di una norma che determina una serie di incongruenze non da poco: un soggetto che giuridicamente è inesistente non può risultare esistente solo per il Fisco, e peraltro solo sul piano "passivo" (mentre, ad esempio, non ha la possibilità di chiedere rimborsi).
La norma avrebbe due finalità: dare più tempo agli enti impositori e sollevarli dall'onere di verificare se davvero si sono realizzati i presupposti previsti dagli articoli 2495 del Codice civile e 36 del Dpr 602/1973.
Peraltro, queste due finalità – che comunque portano a una serie di complicazioni – stridono con i compiti affidati dalla legge 23/2014 in materia di semplificazione: non si rinviene, infatti, una disposizione di delega in tal senso. E resta la sensazione che la norma sia di dubbia costituzionalità.
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Le regole
01|L'ARTICOLO 2495
Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi
01|LE SENTENZE DEL 2010
Con le sentenze n. 4060, 4061 e 4062 del 22 febbraio 2010 la Cassazione ha stabilito che la cancellazione dal Registro delle imprese delle società, sia di capitali che di persone, ne determina l'estinzione, anche in caso di creditori rimasti insoddisfatti e se restano rapporti giuridici non ancora definiti.
02|IL CHIARIMENTO DEL 2013
Con la sentenza 6071 del 12 marzo 2013 la Corte ha affermato che la chiamata in responsabilità dei soci operata dall'articolo 2495 implica un meccanismo di tipo successorio

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