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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2014 alle ore 18:46.
L'ultima modifica è del 24 ottobre 2014 alle ore 18:54.

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Sette anni di contenzioso, tre giudizi e due passaggi in Cassazione, una serrata per indignazione che ha fatto scalpore nel mondo: è arrivata oggi la parola fine, con l'assoluzione da parte della suprema corte, sul procedimento per evasione fiscale aperto dalla Procura di Milano a carico di Dolce e Gabbana. Ad aprile era arrivata per gli stilisti l'ultima condanna, a un anno e sei mesi in appello. Per lo stesso contenzioso erano già stati assolti dal gup nel 2011, ma la decisione era stata annullata dalla Cassazione.

L'indagine su Domenico Dolce e Stefano Gabbana e su altri cinque amministratori del colosso della moda, cui vengono contestati fatti relativi al biennio 2004-2005, è nata nel 2007 da una verifica fiscale. Eccone le tappe principali.

- 15 ottobre 2010: la procura di Milano chiude le indagini su Dolce e Gabbana e cinque amministratori del gruppo, tra cui il fratello di Domenico Dolce, accusati a vario titolo di truffa aggravata ai danni dello Stato e di dichiarazione infedele dei redditi. Viene contestata una presunta evasione di circa 1 miliardo di euro (420 milioni a testa per i due stilisti e altri 200 milioni riferibili alla società). L'ipotesi del pm è che sia stata creata una società lussemburghese, la Gado, di fatto gestita dall'Italia ma proprietaria dei marchi del gruppo, in modo che i proventi derivanti dallo sfruttamento del brand venissero tassati all'estero. Un mese dopo il pm di Milano, Laura Pedio, chiede il rinvio a giudizio.

- 1 aprile 2011: il gup di Milano, Simone Luerti, assolve i sette imputati «perché il fatto non sussiste». Secondo il gup, tutti i passaggi che portarono alla creazione della Gado furono compiuti «alla luce del sole». La sentenza sarà impugnata a metà maggio in Cassazione dal pm.

- 23 novembre 2011: la Cassazione annulla il proscioglimento dei due stilisti e degli altri imputati. L'elusione fiscale, secondo la suprema corte, può assumere rilevanza penale.

- 21 gennaio 2012: gli stilisti vengono condannati a pagare 343 milioni di euro di multa al fisco. La condanna sara' confermata un anno dopo dalla commissione tributaria di Milano.

- 8 giugno 2012: il nuovo gup di Milano, Giuseppe Gennari, restituisce gli atti alla Procura, che chiamerà i due stilisti a processo con citazione diretta senza passare attraverso l'udienza preliminare. L'inizio del processo viene fissato per il 3 dicembre.

- 29 maggio 2013: condannare Domenico Dolce e Stefano Gabbana in quanto «soggetti che hanno maggiormente beneficiato» dell'operazione che ha portato alla maxi-evasione fiscale. E' la richiesta del pm di Milano, Gaetano Ruta, che riguarda il solo reato di omessa dichiarazione dei redditi perché per la dichiarazione infedele è intervenuta la prescrizione. L'agenzia delle entrate, parte civile, chiede 10 milioni di euro per danno all'immagine.

- 19 giugno 2013: Dolce e Gabbana vengono condannati a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per omessa dichiarazione dei redditi. Assolti dall'accusa di «dichiarazione infedele dei redditi» perché il fatto non sussiste.

- 19 luglio 2013: gli stilisti proclamano una «chiusura per indignazione» di tutti i negozi di Milano per tre giorni. Nodo del contendere le parole dell'assessore al commercio della giunta Pisapia, Franco D'Alfonso, secondo il quale il Comune avrebbe dovuto negare a «evasori fiscali» l'uso di spazi comunali, qualora ne avessero fatto richiesta.

- 25 marzo 2014: il procuratore generale di Milano Gaetano, Santamaria Amato, chiede l'assoluzione. Gli stilisti, afferma, sono creativi che «pensano in grande»; nella requisitoria, cita anche il caso Fiat: «Posso aspettarmi un intervento su Marchionne e sulla Fiat quando verrà trasferita in Olanda?».

- 30 aprile 2014: per Dolce e Gabbana arriva la condanna a un anno e sei mesi in appello.

- Sei mesi dopo: l'assoluzione finale della Cassazione.

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