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Questo articolo è stato pubblicato il 04 novembre 2014 alle ore 06:41.

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L'operatore che fornisce beni o servizi all'esportatore abituale sarà sanzionato solo se emette fattura non imponibile prima di aver ricevuto dal cliente la dichiarazione d'intento e di aver riscontrato telematicamente la sua presentazione alle Entrate. È quanto prevede il nuovo comma 4 bis dell'articolo 7 del Dlgs 471/97, riscritto dal decreto semplificazioni per tener conto della soppressione dell'obbligo a carico del fornitore di comunicare le lettere d'intento rilasciate dagli esportatori abituali, ai quali competerà in futuro tale adempimento.
La sanzione è quella indicata nel terzo comma della medesima norma (dal 100 al 200% dell'imposta non applicata) per l'ipotesi dell'emissione della fattura senza addebito di Iva in assenza della dichiarazione d'intento. In questo caso, il fornitore è altresì tenuto al pagamento del tributo. Il soggetto che, invece, semplicemente "anticipa" (magari di poco) la fatturazione rispetto al ricevimento e al successivo riscontro della ricevuta di avvenuta presentazione all'agenzia delle Entrate dei dati contenuti nella dichiarazione d'intento dovrebbe scontare solo la sanzione (e non è poco), ma non dovrebbe pagare anche l'Iva. In assenza di indicazioni diverse, infatti, una simile soluzione potrebbe apparire legittima, sia perché la norma richiama espressamente solo la sanzione «prevista nel comma 3» dell'articolo 7 del Dlgs 471/97, senza menzionare l'obbligo di versare l'imposta, sia perché, in caso contrario, il pagamento risulterebbe dovuto anche se, ancorché tardivamente, i requisiti di legge sono verificati.
Dovrà inoltre essere chiarito se il riscontro (telematico) dell'avvenuto rilascio della ricevuta riguardi unicamente il fatto che la dichiarazione è stata presentata alle Entrate (com'è auspicabile) oppure se occorra qualche altra verifica di conformità, come potrebbe far ritenere la relazione illustrativa al decreto, la quale precisa che la ricevuta riporterà l'indicazione dei dati contenuti nella lettera d'intento trasmessa dall'esportatore abituale. Il punto potrebbe essere affrontato dal provvedimento che definirà le regole attuative della disciplina (articolo 20, comma 3 del decreto).
Un ulteriore aspetto, assai delicato, riguarda gli effetti della nuova normativa con riferimento alle violazioni commesse nella vigenza delle precedenti disposizioni. Il principio di legalità di cui all'articolo 3 del Dlgs 472/97 stabilisce che, salvo diversa previsione di legge (previsione assente nel testo della nuova norma), non è sanzionabile la condotta che, secondo una normativa posteriore, non costituisce più violazione punibile. Nonostante che la relazione al decreto semplificazioni qualifichi la modifica come una «diversa modalità dell'adempimento», non paiono esservi molti dubbi sul fatto che scompare completamente l'obbligo di comunicazione in capo al cedente/prestatore e, di conseguenza, la relativa previsione sanzionatoria, essendo stato spostato l'invio della comunicazione in capo all'esportatore abituale. Fra l'altro, la questione s'intreccia con la responsabilità solidale del fornitore per il versamento dell'imposta (prevista dall'articolo 1, comma 384 della legge 311/2004 e che ora parrebbe lecito considerare abrogata), quando eventuali evasioni collegate all'infedeltà della lettera d'intenti rilasciata dall'esportatore abituale coesistevano con una comunicazione omessa, incompleta o inesatta trasmessa dal fornitore stesso.

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