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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2014 alle ore 16:05.
L'ultima modifica è del 04 dicembre 2014 alle ore 16:46.

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La legge per il rientro dei capitali dall'estero, per l'emersione del nero “domestico” e per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale è stata definitivamente approvata questo pomeriggio dal Senato con 119 sì, 61 no e 12 astenuti.

Ora dopo un passaggio al legislativo dei ministeri per la stesura definitiva del testo – passaggio che si preannuncia comunque rapido - e dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il provvedimento entrerà definitivamente in vigore, rimediando alla falsa partenza del decreto legge 4/14 sulla voluntary disclosure (governo Letta) che decadde a fine marzo e non venne convertito dal nuovo gabinetto.

Come accaduto mercoledì notte nelle commissioni giustizia e finanze di Palazzo Madama, il dibattito dell'Aula ha registrato forti contrasti e polemiche tra i sostenitori della legge e chi invece si è opposto fino all'ultimo, chiedendo più tempo e maggiore ponderazione sui punti più sensibili della norma. Che sono in sostanza due, entrambi puntati sui riflessi penali: il nuovo reato di autoriciclaggio ( che rende in sostanza punibile in un ampio ventaglio di ipotesi anche e soprattutto gli evasori fiscali) e la presunta mancata copertura “integrale” dal rischio incriminazione per chi deciderà di rimpatriare o di far emergere il proprio “nero”.

Il rimpatrio o l'emersione questa volta, a differenza dei tre scudi fiscali dello scorso decennio, non rappresentano un condono a tariffa forfettaria. I capitali ancora sotto accertamento (cioè non ancora prescritti fiscalmente) saranno assoggettati a tassazione integrale (generalmente il 43%, visti gli importi a 5, a 6 o più zeri in questione), con il riconoscimento di forti sconti solo sulle sanzioni per mancata dichiarazione fiscale (quasi sempre sotto la soglia del 3%). In aggiunta, si pagheranno comunque le tasse anche sui rendimenti annuali del capitale depositato all'estero.

Ma, prima ancora, chi rimpatrierà o farà l'emersione questa volta dovrà farlo svelando il proprio nome ed esibendo tutti i documenti bancari e degli intermediari utili a ricostruire la storia, e i rendimenti, dell'investimento. Chi pensasse di “dimenticare” una parte, o di produrre una attestazione falsa, rischierà una condanna fino a sei anni di carcere per un nuovo reato specifico.

Chi aderirà alla nuova voluntary disclosure – e potrà farlo entro il 30 settembre dell'anno prossimo per violazioni commesse prima del 31 dicembre 2013 – oltre a non rispondere dei reati fiscali (a parte ipotesi di gravi condotte fraudolente, per le quali comunque la pena è diminuita) andrà immune anche dal nuovo illecito di autoriciclaggio, che può comportare un aumento di pena fino a 8 anni (4 se il reato all'origine del lavaggio non è particolarmente grave).

L'autoriciclaggio è in sostanza il “bastone” , per usare un'espressione echeggiata nell'aula del Senato, per “convincere” i candidati al rientro. Una sorta di ultima chance, considerato che dal 2018 – ma forse anche prima - la Svizzera, dove risiedono almeno 200 dei 230 miliardi ufficiali in fuga dall'Italia, aderirà alla procedura di scambio automatico di informazioni fiscali. Da quel momento il Fisco non avrà più bisogno di andare a caccia degli evasori internazionali, semplicemente perché la Svizzera – e anche tutti gli altri paesi ad economia e finanza evolute, inclusi molti ex paradisi fiscali - dovrà inviare i dati dei risparmiatori italiani.

Quanto al gettito, il Governo non ha prodotto stime a causa della infinita varietà di situazioni e di modalità di calcolo – la differenza la fa la prescrizione fiscale, che fa perdere il 45% secco sul capitale al Fisco - calcolo che conviene valutare attentamente con il proprio consulente prima di presentarsi all'agenzia delle Entrate. Ma se l'operazione avrà il successo atteso, è prevedibile che la forchetta potrà oscillare tra i 5 e i 20/25 miliardi di euro.

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