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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2015 alle ore 06:38.

L’agenzia delle Entrate sta notificando innumerevoli inviti a presentarsi e questionari a residenti italiani che negli ultimi otto–dieci anni hanno stipulato polizze assicurative denominate «Life portfolio international» presso agenzie svizzere del Credit Suisse Life, senza dichiararle nel quadro RW della propria dichiarazione dei redditi. È il risultato di una verifica condotta dalla Guardia di finanza su mandato della procura della Repubblica di Milano presso la sede italiana del Credit Suisse Life (si veda «Il Sole 24 Ore» del 24 febbraio 2015). Le polizze, seppur contratte a Lugano, Ginevra o Zurigo, venivano in realtà confezionate in Liechtenstein o nelle isole Bermuda e i versamenti solo formalmente avevano natura di premi assicurativi, ma in realtà dissimulavano investimenti e trasferimenti all’estero sottratti a tassazione in Italia, nonché al monitoraggio fiscale e valutario.

L’agenzia delle Entrate sta richiedendo ai contribuenti i contratti, le evidenze e le modalità dei pagamenti dei premi, i redditi maturati o percepiti, le somme eventualmente già riscattate e l’origine dei fondi utilizzati. Successivamente notificherà gli avvisi di accertamento che potrebbero avere risvolti economici molto pesanti: i premi corrisposti, infatti, sono considerati redditi non assoggettati a tassazione cui si applica l’aliquota Irpef massima del 43% più quella del 2% per le imposte comunali e regionali, le sanzioni dal 200 al 480% dato che la Svizzera è ancora un Paese black list, gli interessi del 3,5% annui, la sanzione dall’1 al 40% per omessa compilazione del quadro RW e l’eventuale sanzione per l’esportazione clandestina di capitali dal 30 al 50% oltre ai reati di omessa o infedele dichiarazione dei redditi puniti con la reclusione da uno a tre anni. Se poi il contraente è un imprenditore individuale o un lavoratore autonomo potrebbero essergli contestati anche l’Iva e i contributi previdenziali.

Alla luce di tali conseguenze è senz’altro consigliabile adottare ogni prudenza nelle risposte a tali inviti. Essi precludono la possibilità di aderire alla procedura di voluntary disclosure, ma non a quella di ravvedimento operoso o di accertamento con adesione. Qualora, invece, l’accertamento sia infondato perché il contribuente non ha mai stipulato tali polizze, occorre farlo presente, anche ricorrendo alle Commissioni tributarie, considerando che l’onere della prova è a carico dell’amministrazione finanziaria e chiedendo ai giudici di verificare la legittimità della verifica e dell’accertamento.

L’agenzia delle Entrate, inoltre, contesta anche i premi pagati anteriormente al 1° luglio 2009, data di entrata in vigore del raddoppio dei termini di accertamento per attività finanziarie detenute in Paesi black list, contrariamente a quanto hanno, invece, deciso molte Commissioni tributarie regionali e provinciali.

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