Il decreto legge su pensioni e reddito di cittadinanza non ha in alcun modo modificato le caratteristiche della pensione di vecchiaia, così come da ultimo disegnata dal decreto Salva Italia (convertito nella legge 214/2011).
Secondo la riforma Monti-Fornero, nelle gestioni Inps ci sono due accessi alla pensione di vecchiaia. Il primo, percorribile da tutti gli assicurati, è quello che richiede un requisito anagrafico e uno contributivo.
Il primo è sottoposto agli adeguamenti a speranza di vita della legge 122/2010 che, dal 2019, sono aggiornati a cadenza biennale e determinano quindi un allontanamento progressivo del traguardo pensionistico. Tale requisito dallo scorso anno è uguale per uomini e donne e fino alla fine del 2020 è pari a 67 anni di età.
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Il requisito contributivo è invece pari a 20 anni di contributi che, accanto alla normale contribuzione da lavoro, possono essere raggiunti dagli assicurati anche attraverso riscatti di laurea, accrediti gratuiti del servizio militare o contribuzione figurativa correlata alla indennità di disoccupazione Naspi.
Dal 2017, grazie al cumulo contributivo gratuito modificato dalla legge 232/2016, i 20 anni possono essere raggiunti considerando anche carriere frammentarie con contributi sparsi in tutte le gestioni Inps o anche presso Casse privatizzate per iscritti ad albo professionale. Rientrano poi nel computo dei 20 anni richiesti anche i contributi, cronologicamente non sovrapposti, accantonati in un altro Paese membro dell’Unione europea o anche extra Ue, purché legato all’Italia da una convenzione internazionale in materia di sicurezza sociale (come gli Usa o la Turchia).
Deve poi essere tenuto in considerazione che i lavoratori che non hanno contributi prima del 1996 per potere andare in pensione a 67 anni, oltre i 20 anni di contributi, devono anche avere un valore dell’assegno lordo mensile pari a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (per il 2019 pari a 458 euro).
Accanto a questa pensione “ordinaria” di vecchiaia, la legge Fornero ha previsto anche una forma alternativa che richiede un requisito anagrafico più alto e sottoposto anch’esso a speranza di vita (inizialmente previsto a 70 anni e pari a 71 anni dal 2019 al 2020), ma una dote contributiva minore. Per tale forma di pensionamento di vecchiaia sono infatti richiesti solo cinque anni di contribuzione effettiva (escludendo quindi quella da figurativa da disoccupazione o malattia) senza alcun importo-soglia del trattamento pensionistico maturato.
Questa particolare modalità di pensionamento di vecchiaia è tuttavia riservata ai lavoratori il cui primo accredito contributivo decorre solo a partire dal 1° gennaio 1996 nella gestione di riferimento. Qualora l’assicurato vanti anche solo un contributo settimanale anteriormente a tale data, non potrà quindi accedere alla pensione di vecchiaia a contributi “ridotti”, a meno che non percorra la strada del computo in gestione separata.
La legge di bilancio del 2018 ha inoltre previsto che, per chi svolge attività gravose o quelle usuranti, la pensione di vecchiaia non registri l’adeguamento a speranza di vita di cinque mesi nel biennio 2019-2020, rimanendo così accessibile al compimento dell’età anagrafica di 66 anni e 7 mesi. L’anzianità contributiva, in questo caso, sale però a 30 anni di versamenti e si accompagna all’ulteriore requisito di avere svolto per almeno sette anni negli ultimi 10 una o più delle 15 attività gravose codificate dal decreto del ministero del Lavoro del 5 febbraio 2018 o rientrare nelle precedenti condizioni previste dal decreto legislativo 67/2011.
Qualora si ricorra alla totalizzazione dei contributi sparsi in più gestioni (soluzione oggi poco vantaggiosa dopo l’estensione delle possibilità di utilizzo del cumulo), il requisito anagrafico attualmente è di 66 anni, a cui va aggiunta la finestra di 18 mesi prima della decorrenza.
In ultimo, rimane ancora efficace una forma di pensionamento di vecchiaia “anticipata” residuale e prevista dalla riforma Amato. Si tratta di quello riservato a coloro che hanno una invalidità certificata dall’istituto di previdenza in misura non inferiore all’80%: questi soggetti, in presenza di almeno 20 anni di contributi, vedono ridotto il requisito anagrafico a 55 anni per le donne e a 60 per gli uomini.
A tale requisito va però aggiunto l’adeguamento a speranza di vita (1 anno nel 2019-2020) e la vecchia finestra di differimento mobile, pari a 12 mesi, che portano la decorrenza della pensione a 57 o 62 anni, rispettivamente per donne e uomini.
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