Quota 100, opzione donna, precoci, usuranti, Ape volontario e sociale, isopensione. Sette canali di uscita flessibile dal lavoro a partire dai 58 anni di età. Un ventaglio di possibilità a cui potrebbe arrivare il nostro sistema previdenziale con il varo annunciato della sperimentazione di “quota 100”, lo sbandierato intervento per superare la riforma Fornero che, in realtà, aggiunge misure più che tagliare quelle esistenti. Resta infatti in vita il canale “standard” della pensione anticipata: con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) nel 2019 si potrà andare in pensione, tre mesi dopo aver maturato i requisiti a prescindere dall’età anagrafica.
GUARDA IL VIDEO - Pensioni: ecco i 7 canali flessibili di uscita dal lavoro
PER SAPERNE DI PIÙ - Leggi la bozza del decreto
Non solo quota 100
In base a quanto previsto dal decreto che dovrebbe approdare domani sul tavolo del consiglio dei ministri quota 100 sarà sperimentale - dal 2019 al 2021 - e permetterà l’uscita di lavoratori privati e pubblici con 62 anni e 38 di contributi. Si potrà uscire anche con 63, 64, 65 e 66 anni con un minimo di 38 anni di anzianità contributiva (per ulteriori dettagli si veda l’infografica a lato). Ma come s’incastrerà con le altre possibilità rimaste aperte o rilanciate dal decreto che il Consiglio dei ministri povrebbe varare in settimana?
PER SAPERNE DI PIÙ / PENSIONI 2019: CALCOLO, REQUISITI, NOVITÀ E APPROFONDIMENTI
Partiamo da opzione donna: in base alle ultime bozze, viene prorogata per altri 12 mesi per mandare in pensione con 35 anni di contributi le lavoratrici di 58 anni (59 se autonome).
In questo caso, ricalcolando l’assegno con il metodo contributivo, si garantisce un pensionamento prima dei 60 anni, soglia raggiunta anche da “quota 100” nei casi particolari in cui l’azienda decida di finanziare il ritiro fino a tre anni prima ai propri dipendenti con 59 anni e 35 di contributi ”coprendo” lo scivolo con i fondi bilaterali oggi utilizzati per la formazione a patto che a ogni uscita corrisponda una nuova assunzione. Chi sceglie opzione donna deve comunque aver ben presente che l’assegno sarà ricalcolato per intero con il metodo contributivo, che porta a un “taglio” fino al 40% per le lavoratrici che abbiano maturato contributi con i sistemi retributivo e misto (meno penalizzanti).
Appena un anno dopo, a 63 con 20 di contributi si potrà lasciare il lavoro con l’Ape volontario, strumento di cui si sono perse le tracce ma che continuerà a funzionare per tutto il 2019: un prestito bancario agevolato fino a 43 mesi e rimborsabile nel primo ventennio di pensionamento. Non avendo oneri per lo Stato potrebbe essere confermato in via strutturale con la prossima legge di Bilancio e tornare utile , nella versione aziendale, per la gestione di turnover generazionali per i quali “quota 100” potrebbe non bastare. Anche il parente più stretto, l’Ape sociale, dovrebbe essere prorogato come opzione donna dal decreto sul tavolo del Governo: ci dovrebbe essere un altro anno a disposizione per uscite flessibili a 63 anni con 30 di contributi (o 36 in casi particolari) di lavoratori in situazioni di difficoltà.
Le opzioni per precoci e usuranti
Ma ci sono altre opzioni in campo. In base al testo in fase di approvazione, dovrebbe restare a 41 anni il requisito di uscita per i lavoratori precoci con
almeno un anno di contributi prima del 19° compleanno e che si trovino in condizioni di difficoltà. In più per tutti i lavoratori
che scelgono l’anticipo ai sensi della legge Fornero (di cui si è detto in precedenza) il requisito contributivo dovrebbe
restare a 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi se donne), visto che l’incremento di 5 mesi dovuto alla maggior speranza di vita
molto probabilmente sarà congelato, sia pure con l’introduzione di un posticipo-finestra di tre mesi per la decorrenza della
pensione. Tra gli esentati dall’adeguamento alla speranza di vita ci sono poi i lavoratori che hanno svolto, da almeno 7 anni
nei 10 precedenti il pensionamento, determinate attività (ad esempio conduttori di treni, operatori ecologici, insegnanti
alla scuola dell’infanzia, infermieri e ostetriche ospedaliere su turni), oppure chi svolge lavori usuranti (Dlgs 67/2011)
con un’anzianità contributiva di almeno 35 anni.
Il cumulo allarga il raggio d’azione
Il nuovo si andrà ad aggiungere a norme che continuano a vivere moltiplicando i loro effetti. È il caso del cumulo gratuito, la possibilità di sommare periodi contributivi versati su gestioni diverse per raggiungere
“prima” la pensione. Dopo l’entrata in vigore del decreto, lo si potrà utilizzare anche per arrivare ai 38 anni necessari
a un candidato quota 100, ma solo tra le gestioni Inps. Resta in vigore, perché già a regime, anche la Rendita integrativa
temporanea anticipata (Rita) efficace come traghetto verso la pensione di vecchiaia alimentato dai contributi accantonati
dagli iscritti a una forma di previdenza complementare. Per usarla servono i requisiti Ape.
Per chiudere questa rassegna delle flessibilità vecchie e nuove, vale ricordare l’isopensione. Si tratta dell’anticipo fino
a 4 anni rispetto alla legge Fornero a patto che l’azienda versi, con oneri interamente a suo carico, un assegno ai lavoratori
pari alla pensione per tutto il periodo di esodo, sino al perfezionamento dei requisiti per il pensionamento. Una via di uscita
con un iter amministrativo complesso e molti costi per le aziende. Il periodo di 4 anni è stato esteso, per il triennio 2018-2020,
a 7 anni, come prevede la legge 205/17 (ultima manovra Gentiloni). E il Governo Conte, anche in questo caso, ha confermato.
(L’infografica è stata corretta, conteneva una imprecisione)
© Riproduzione riservata