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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2013 alle ore 07:08.
CERNOBBIO - «Non sono i soldi che mancano, ma le idee». Potrebbe essere questo lo slogan di Nicolas Shea, il "guru" cileno che ha lanciato «Start-up Chile». Di cosa si tratta? Molto semplice. A Santiago hanno realizzato una delle (poche) repliche riuscite della mitica Silicon Valley californiana, nata qualche decennio fa sull'onda degli investimenti del governo Usa nello sviluppo delle tecnologie. Ovvio, parliamo di una "replica" in scala minore, ma dobbiamo anche tenere conto che non siamo negli Stati Uniti ma in Cile, un Paese conosciuto soprattutto per le miniere di rame e il vino a buon mercato, più che per l'innovazione.
La "Chilecon Valley" è comunque un'esperienza dalla quale l'Italia avrebbe molto da imparare. E questo per parecchi motivi. In primo luogo per attrarre gli investimenti esteri, ma anche per far crescere in modo intelligente l'innovazione e le nuove aziende, creando così occupazione qualificata e, soprattutto, posti di lavoro appetibili per le nuove generazioni, evitando appunto la "fuga dei cervelli". Anzi, mettendo a frutto questa esperienza, l'Italia potrebbe vedere cambiare profondamente il mix dei suoi extracomunitari, passando dai clandestini degli sbarchi nelle isole a un'immigrazione di ricercatori o comunque di giovani businessman.
Molti paesi hanno cercato di creare le proprie versioni della Silicon Valley. Quasi tutti, per motivi diversi, hanno fallito. Eppure il successo cileno è interessante per le sue peculiarità, come ci racconta lo stesso Shea a margine della riunione del servizio di "Aggiornamento permanente" di Ambrosetti che apre il weekend di lavori a Villa d'Este (Cernobbio) durante il Workshop the European house: «Start-up Chile è un programma che seleziona giovani imprese promettenti e dà ai loro fondatori un "regalo" di 40mila dollari, oltre al visto di un anno per venire a lavorare sulle loro idee in Cile. Dal 2010, quando abbiamo iniziato, oltre 500 aziende (quasi 150 americane, un centinaio cilene, una trentina indiane) e più di 1.300 imprenditori hanno preso parte all'iniziativa, producendo brevetti per 8.500 applicazioni). I giovani businessman provengono da 65 paesi. Ma solo una trentina di ragazzi sono italiani, magari a fianco di imprese portoghesi e spagnole».
Dottor Shea, come ha maturato questa idea, basata sulla facilità di fare impresa (anche in un paese difficile), su un pacchetto finanziario minimo e sulla concessione del visto per poter lavorare senza problemi burocratici?
«Ho studiato a Stanford - risponde Shea - e là, nel cuore della Silicon Valley ho visto molte persone intelligenti messe ai margini perché non avevano i visti. Allora ho pensato di portare alcune di loro in Cile».
Come molti altri paesi, tra cui Brasile e Messico, il Cile vuole affermarsi come il centro imprenditoriale dell'America Latina. E per far questo ha lanciato incentivi finanziari governativi per le start-up locali, e facilitato rendendola più veloce, la costituzione di una nuova società: «Con Start-up Chile abbiamo anche "importato" parecchi imprenditori stranieri, nella speranza che possano sostenere e ispirare quelli locali. Il nostro obiettivo è di arrivare l'anno prossimo ad avere installate circa mille nuove star-up, con un costo di 40 milioni di dollari. Da notare che finora il capitale raccolto per investimenti è già stato di 28,2 milioni di euro. Direi che, decisamente, il gioco vale la candela. Inoltre dobbiamo considerare l'indotto turistico rappresentato da amici e parenti degli imprenditori stranieri e la pubblicità del cosiddetto "world of mouth"».
Insomma, da come la racconta lei, sembra che il Cile sia diventato il paradiso degli imprenditori. Suggerimenti per l'Italia?
«Guardi - conclude Shea - che sono talmente scontati e banali al punto che quasi mi vergogno a dirglieli. Serve rendere il Paese più attrattivo soprattutto riducendo al minimo la burocrazia. Gli incentivi, poi, non guastano, anche se non è necessario che presentino costi altissimi per la spesa pubblica; è sufficiente che siano ben articolati. Infine, noi abbiamo trovato vantaggio dall'aver facilitato i visti di ingresso per chi viene a creare nuove imprese in Cile. Semplice, non le pare?». Facile a dirsi, ma assai più complesso da realizzare. Almeno in Italia.
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