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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2013 alle ore 19:08.

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Letta, un discorso rivolto al futuro. Ora inizia la settimana più difficile

«L'instabilità ha un costo altissimo: è un costo sui tassi di interesse, che pagano tutti i cittadini e pagano le imprese. Quindi l'inno alla stabilità non è un inno astratto ma riguarda la vita di tutti noi». In effetti dalla tre giorni di Cernobbio è venuto un vero e proprio inno alla stabilità politica. Prima di Enrico Letta, che lo ha ribadito del suo discorso conclusivo dei lavori del Workshop Ambrosetti, l'appello a far proseguire il governo delle larghe intese da lui presieduto è venuto da pressoché tutti gli ospiti. Per ultimo da due "colombe" Pdl dello stesso governo, ossia il vicepremier Angelino Alfano e il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello.

Il premier si affaccia dunque sulla sua settimana più difficile - quella che inizierà con l'esame da parte del Senato della decadenza di Silvio Berlusconi e che potrebbe finire con l'uscita del Pdl dal governo - forte dell'appoggio del mondo finanziario e produttivo italiano, oltre che dei suoi stessi ministri azzurri. Nonostante i molti indicatori contrari che arrivano da Arcore, il premier continua a ritenere che si abbia il dovere di andare avanti proprio perché il costo di una crisi sarebbe altissimo per il Paese. Anche per questo il suo discorso davanti al gotha dell'imprenditoria e della finanza raccolto a Cernobbio è stato un discorso rivolto soprattutto al futuro, alle cose da fare per «liberare l'Italia dalle catene che la tengono legata».

Le riforme indicate dal premier sono quelle da lui già elencate in altre occasioni, a cominciare dal suo discorso di insediamento, e sono le stesse che sono state invocate in questi giorni a Cernobbio da economisti e operatori dell'economia e della finanza: fortissima sburocratizzazione della Pa e riforma dei livelli di governo (il premier ha anche citato in proposito l'editoriale di domenica del Sole 24 Ore a firma Roberto Napoletano dal titolo "Si liberi l'Italia dal ricatto della burocrazia"); e poi abbattimento del cuneo fiscale, dismissioni immobiliari, incentivazioni fiscali per gli investimenti, lotta all'evasione fiscale e ai paradisi fiscali, riforma della giustizia civile e amministrativa. Su tutto la riforma della legge elettorale e la modifica della Costituzione per superare il bicameralismo perfetto e ridurre il numero dei parlamentari in modo da garantire governabilità e iter legislativo veloce. Fino a indicare un obiettivo lontano e ambizioso: «L'Italia è pronta a candidarsi per ospitare le Olimpiadi del 2024. Perchè se abbiamo delle scadenze ci impegnamo meglio», ha detto Letta.

Non si tratta solo di un elenco di buoni propositi, perché come ha ricordato lo stesso Letta nei suoi 130 giorni di vita il governo ha lavorato nella direzione indicata, a cominciare dalle incentivazioni per l'edilizia e dalla decontribuzione per l'assunzione di giovani a tempo indeterminato. Però il programma di governo rischia di restare effettivamente un elenco di buoni propositi di fronte al quel «caos politico permenente che provoca un sottofondo rumoroso», per usare l'efficace espressione usata dal premier. La distinzione fatta più volte da Letta tra l'azione e la durata del governo da una parte e la vicenda giudiziaria di Berlusconi dall'altra non risolve purtroppo il problema politico del voto in Senato sulla decadenza del leader del Pdl. E il vero rischio, per il governo Letta come per il Paese, non è tanto la decisione di Berlusconi in un senso o nell'altro, ma il fatto che la sua vicenda finisca per paralizzare ancora per settimane se non per mesi il dibattito pubblico e l'azione del governo.

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