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Questo articolo è stato pubblicato il 06 settembre 2013 alle ore 14:28.
«La sfida che la Cina deve affrontare nella gestione dell'economia e nell'avvio delle riforme strutturali è un aspetto ancora poco compreso in Europa», dice Alan Friedman, giornalista, conduttore televisivo e scrittore statunitense nonché grande esperto di economia, che ha appena fondato il suo nuovo sito www.alanfriedman.it, a margine del Workshop Ambrosetti a Cernobbio.
«La Cina ha davanti a sé un periodo di grandissimo cambiamento che secondo me implica tassi di crescita molto più bassi del passato. Nouriel Roubini parla del 7% o poco meno, io credo che andiamo verso il 6% l'anno prossimo. Proprio perché i cinesi vogliono evitare gli errori di europei e americani e vogliono fare le riforme strutturali prima che sia troppo tardi».
E l'India? «L'India è stata per troppo tempo troppo compiaciuta del suo stato. L'economia indiana è stata abbandonata a sé stessa a causa dei giochi politici del partito di Sonia Gandhi. L'India così ha perso un'opportunità d'oro, negli ultimi anni, di fare le riforme necessarie sulla deregulation e il risultato è che l'India è davanti a una crisi macroeconomica e di fiducia, nella rupia che è passata da 44 a 70 contro contro il dollaro nell'arco di meno di 6 mesi. E questo è un fatto pesante. Quindi vedo la Cina alle prese con la ristrutturazione interna che durerà anni, l'India che è in crisi con un effetto frenante sulla crescita».
Quindi stiamo parlando delle due economie maggiori dell'Asia? «Sì, due Paesi che pesano per 2,4 miliardi di persone su 3 miliardi complessivi. Gli altri 600 milioni di asiatici comprendono il Giappone che è alle prese con le riforme del Governo Abe e il Sud-est asiatico che forse va un po'meglio (Malesia, Singapore, Indonesia) ma non è abbastanza grande per sostenere la crescita. Quindi non siamo di fronte a una crisi asiataica tipo quella del 1997-98, ma siamo davanti sicuramente a una rallentamento dell'Asia».
Torniamo all'Europa. «In Europa non vedo una ripresa dell'Europa o dell'Italia. Anzi, credo che quando il ministro del Tesoro Saccomanni dice che c'è una ripresa dietro l'angolo è tecnicamente corretto ma una ripresa di 0,4% o 0,5% non crea occupazione, non stimola la domanda interna, non aiuta le Pmi che stanno chiudendo e non fa rilasciare i crediti al sistema bancario che sono ancora bloccati. Parlare di ripresa in questo momento è un atto puramente politico». E la Bce? «Molto meglio quanto detto da Mario Draghi che ha parlato di una ripresa molto fragile e ha lasciato i tassi di interesse invariati. La Germania va avanti, la Francia è meno forte di quanto sembri e anche l'America ha una ripresa che è più debole di quanto appaia». In sintesi? «Non vedo una grande ripresa mondiale. Vedo l'Asia che rallenta, l'America che ha una ripresa meno forte del previsto e l'Europa che va verso una crescita dallo zero all'1%, una stagnazione economica».
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