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Questo articolo è stato pubblicato il 07 settembre 2013 alle ore 11:40.

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Quagliariello avverte i falchi: se cade il governo di nuovo larghe intese dopo il voto

"Per ora il governo è salvo, in questi ultimi giorni abbiamo evitato il disatro". Il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, arrivato a Cernobbio per partecipare al Workshop Ambrosetti con una tavola rotonda sulle riforme costituzionali alla vigilia del voto in Giunta sulla decadenza di Silvio Berlusconi, si limita a tirare un respiro di sollievo. Per ora. E in sala, a porte chiuse, la "colomba" del Pdl spiega i rischi politici prima che economici di una eventuale crisi.

"Nei due grandi partiti che sostengono il governo delle larghe intese – dice Quagliariello – ci sono due partiti trasversali: uno che ha accettato con responsabilità la missione di questo governo, che è quella di fare le riforme che servono per tornare a confrontarsi dopo, credendo che sia possibile fare un tratto di strada insieme; l'altro che considera il partito avversario come il nemico ed è assolutamente contrario a proseguire l'esperienza delle larghe intese. Ebbene, per paradosso e per conseguenza inintenzionale, se vincesse il secondo partito contrario alle larghe intese ci ritroveremmo a breve nella stessa condizione di ingovernabilità e dunque constretti a rifare ancora una volta le larghe intese".

Nel mirino, ovviamente, la legge elettorale, che in una situazione di sostanziale tripolarismo produce una "distorsione eccessiva della volontà popolare" per via del premio di maggioranza che viene assegnato al primo arrivato indipendentemente dalla percentuale raggiunta. Quagliariello non entra qui, nel contesto di Cernobbio, nel merito della discussione sulla legge elettorale, che va comunque fatta anche per prevenire la sentenza della Consulta attesa per dicembre. Il ministro si limita a ricordare che "la legge elettorale da sola non basta". C'è da superare anche il bicameralismo perfetto che rallenta inutilmente l'iter legislativo con l'istituzione di una Camera delle regioni; c'è da intervenire sulla forma di governo introducendo l'elezione diretta del capo dell'esecutivo (o premierato o semipresidenzialismo alla francese) proprio per rafforzare attraverso l'investitura popolare la governabilità e la stabilità; infine va riformato il titolo V per rivedere i livelli di governo.

Una missione quasi impossibile quella ricordata da Quagliariello, a giudicare dalle continue minacce di crisi di governo che vengono proprio dal suo partito. Ma c'è appunto quella "conseguenza inintenzionale": interrompere le larghe intese ora vuole dire rifarle pari pari nel giro di due mesi.

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