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Questo articolo è stato pubblicato il 26 luglio 2014 alle ore 09:28.
L'ultima modifica è del 26 luglio 2014 alle ore 10:06.

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Dalla guerra del Kippur del 1973, tutti i conflitti combattuti da Israele – Intifade comprese – sono costati il posto al primo ministro che li aveva guidati: dal punto di vista militare erano stati tutti vinti, politicamente il successo è stato quasi sempre opinabile o effimero.

Ora toccherebbe a Netanyahu rischiare, se "Soglia di protezione" si avviasse davvero al suo esaurimento. Ma non lo farà, per ora: quali siano le condizioni del cessate il fuoco, nessuna trattattiva con Hamas, è la decisione del governo. Si continua a cercare una via diplomatica ma quando il cessate il fuoco alla fine verrà, altri morti si saranno aggiunti al bilancio delle vittime. È difficile dire se questa tregua sia la grande occasione per l'infinito conflitto fra israeliani e palestinesi o solo la calma in attesa della prossima tempesta. Momento decisivo sarà quando i due nemici riprenderanno la trattativa per arrivare alla nascita di una Palestina indipendente .

I tre punti del compromesso fissati da John Kerry per concordare la tregua di una settimana e avviare anche una trattativa più sostanziale, sono logici e possibili. Cessato il fuoco, Stati Uniti, Nazioni Unite, Ue e Lega Araba si fanno garanti perché si discuta della priorità delle due parti: per Israele il disarmo di Gaza, niente più missili né tunnel; per i palestinesi la fine dell'assedio della striscia di Gaza, niente più gabbie. Un'eventuale accettazione della tregua comporta tuttavia una condizione implicita che tocca un tabù d'Israele: trattare con Hamas.

Il gabinetto ristretto israeliano ha respinto il piano Kerry perché vuole modificare alcune delle sue condizioni: soprattutto lasciare i soldati dentro Gaza e continuare la ricerca dei tunnel anche durante la tregua. Ma la ragione più importante del no è che con il nemico non ci deve essere trattativa diretta. Oggi il Netanyahu guerriero gode di una maggioranza di un centinaio di deputati sui 120 della Knesset. In generale anche l'opinione pubblica è con lui, adesso. Il negoziatore Netanyahu si troverebbe in difficoltà, rischierebbe il posto come molti dei suoi predecessori. Nel suo governo i favorevoli alla trattativa sono solo due importanti ministri: la moderata da sinistra Tzipi Livni e il moderato da destra Moshe Ya'alon con i quali in questi giorni il premier ha avuto numerosi incontri a porte chiuse.

Gli altri ministri e molti deputati vogliono continuare "Soglia di protezione", convinti come in passato che la guerra che si combatte sia finalmente quella risolutiva. La diplomazia continuerà il suo lavoro ma il rifiuto d'Israele a un passo dalla tregua apre una fase nuova che potrebbe peggiorare la posizione d'Israele. Mentre le bombe cadono su Gaza, alle spalle dello schieramento israeliano, in Cisgiordania dove in 24 ore sono già morti sette palestinesi, sono iniziate le prove generali di una nuova Intifada.

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