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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2014 alle ore 20:15.
L'ultima modifica è del 30 luglio 2014 alle ore 09:31.

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Ma il clou è arrivato con la bocciatura dell'emendamento 1.88, sempre a firma Sel, che proponeva di sostituire i primi 20 articoli del ddl con cinque articoli, tra cui uno che disponeva l'elezione di entrambe le Camere «a suffragio universale e diretto». Gli emendamenti successivi proponevano la cancellazione di un sottoinsieme gradualmente più piccolo. È qui che il presidente del Senato Pietro Grasso ha fatto scattare il meccanismo del "canguro", facendo decadere 1.400 emendamenti tra le proteste di Sel e M5S, che ha parlato di «colpo alla democrazia».
Per il Pd questo voto contrario è la fine del Senato elettivo: a detta dei senatori dem, tutti gli emendamenti che puntano a introdurre l'elettività sono a questo punto automaticamente neutralizzati. Il M5S sulle barricate domanda: «La stragrande maggioranza degli italiani vi chiedono un Senato eletto dal popolo e non nominato dai partiti. Perché su questo fate orecchie da mercante?».

Giornata di caos in aula
La giornata è stata tutta all'insegna dello scontro. Prima la conferenza dei capigruppo che ha bocciato - nonostante l'appoggio di Pd, Ncd, Sc, Gal, Fi e governo - la proposta di mediazione lanciata dal "dissidente" dem Vannino Chiti (concentrare l'esame su poche decine di emendamenti sui temi forti, completare entro l'8 agosto il voto sulle modifiche e rinviare a settembre dichiarazioni e voto finale), poi il nuovo muro contro muro tra la maggioranza e le opposizioni di Sel e M5S che hanno scelto di non fermare l'ostruzionismo. Risultato: il calendario è stato confermato. L'esame del ddl andrà avanti con sedute a oltranza dalle 9 alle 24 e l'obiettivo del voto finale entro l'8 agosto. Se non si dovesse farcela? «Si andrà avanti anche oltre l'8 agosto», dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti.

Botta e risposta Lotti-Vendolasulle alleanze elettorali locali
Lotti ha attaccato Sel sul fronte delle alleanze elettorali locali: «Non possono dire che usiamo parole irricevibili e poi governiamo insieme tutte le regioni... Eh, no. Non abbiamo mica l'anello al naso». Lotti ha detto di averne già parlato con Dario Stefano, senatore di Sel, che correrà alle primarie del centrosinistra per la candidatura alla presidenza della regione Puglia. Piccata la reazione del leader di Sel, Nichi Vendola, che su twitter scrive: «7 senatori #Sel che non si piegano a ricatti sono problema Italia? E i nuovi Padri della Patria sono Berlusconi e Verdini? #lottistaisereno».

"Lodo" Grasso: votare l'articolo 3, accantonare l'1 e il 2. Governo contrario
Al centro della conferenza dei capigruppo era andato il "lodo" proposto dal presidente del Senato Pietro Grasso per superare l'impasse che blocca la riforma. Grasso - oggi continuo bersaglio degli insulti delle opposizioni («zerbino», lo hanno bollato i Cinque Stelle) - in sostanza aveva proposto di riprendere in Aula l'esame del ddl a partire dall'articolo 3 del provvedimento, accantonando i primi due articoli che costituiscono il nucleo della riforma. La proposta però non è piaciuta alla maggioranza e al Governo, che per bocca del sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti ha ricordato che «sui voti delle riforme costituzionali c'è una logica sequenziale, vengono prima gli articoli 1 e 2 e poi l'articolo 3».

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