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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2014 alle ore 20:15.
L'ultima modifica è del 30 luglio 2014 alle ore 09:31.

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L'appello di Chiti: lavorare su pochi emendamenti, voto finale a settembre
In apertura di seduta, il dem "dissidente" Vannino Chiti aveva formalizzato la richiesta di una revisione del calendario dei lavori (che al momento prevede lavori fino all'8 agosto con sedute fino alle 24) chiedendo di "concentrare" il dibattito in aula su alcuni temi forti della riforma: modalità di elezione dei senatori, numero dei deputati, immunità, platea per l'elezione del capo dello Stato, competenze del Senato in tema dei diritti dei cittadini, referendum, ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni. Per «non disperdersi in migliaia di emendamenti, ma concentrare il tempo a disposizione prima della pausa estiva» su un numero ristretto di emendamenti («alcune decine, non centinaia»), ascoltando le repliche dei relatori e le controproposte dei relatori. Dunque, concentrarsi sugli emendamenti essenziali, rimandando le dichiarazioni di voto e il voto finale alla prima settimana di settembre.

D'accordo con Chiti governo, Pd, Fi, Ncd, Pi Gal e Scelta civica
La proposta di Chiti era stata accolta favorevolmente dalla ministra Boschi, ma anche da Popolari per Italia, Gal e Scelta civica. Per Ncd, il capogruppo Maurizio Sacconi ha spiegato che la richiesta di rinviare il voto finale a settembre «ha senso se riscontra un largo consenso». D'accordo con il suo compagno di partito anche il capogruppo Pd, Luigi Zanda, che aveva comunque posto il «problema dei tempi» alla luce «dell' importanza delle questioni e dal calendario che è stato approvato in capigruppo e in aula a larga maggioranza». Quanto a Forza Italia, l'azzurro Donato Bruno legava l'appoggio alla proposta con il taglio del numero degli emendamenti, alla condivisione di tutti e al non stravolgimento del patto del Nazareno.

M5S e Sel sulle barricate. No della Lega
Non hanno indietreggiato M5S e Sel: i primi hanno ribadito l'intenzione di sostenere i propri 220 emendamenti, la capogruppo di Sel Loredana De Petris ha spiegato di «garantire amplissima disponibilità se si vuole entrare nel merito della riforma» ma di non ritenere significativa «la concessione di un'altra settimana di discussione». Anche la Lega ha respinto ha risposto ogni ipotesi di un accordo sui tempi di approvazione ma ha sollecitato dal premier, tramite Gian Marco Centinaio, «proposte concrete e risposte concrete. Poi decidiamo un percorso altrimenti grazie e arrivederci».

L'apertura del premier a trattare sui nodi dell'Italicum
Il round di oggi a palazzo Madama è seguito a una lunga giornata di trattative, aperta ieri mattina dalla lettera di Matteo Renzi ai senatori dem, in cui Renzi si è detto disponibile a valutare modifiche su alcuni punti e nodi ancora da sciogliere, in particolare sul fronte legge elettorale (preferenze, soglie, genere), vera preoccupazione di chi osteggia la riforma del Senato. Disponibilità accolta favorevolmente dalla minoranza interna "dissidente", guidata dal senatore Vannino Chiti. L'apertura (in realtà generica) di Renzi a discutere la legge elettorale potrebbe però incrinare il patto del Nazareno, perché tocca un pilastro dell'intesa con Forza Italia, che sulle preferenze non sembra disposta a cedere. Soddisfatto invece Ncd, alleato di governo di Renzi, da sempre a favore delle preferenze.

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