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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2014 alle ore 16:35.
L'ultima modifica è del 31 luglio 2014 alle ore 16:36.

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La saga dell'Argentina e' infatti diventata, per parafrasare il maestro stesso del realismo magico Gabriel Garcia Marquez, la cronaca di un default annunciato. Negli ultimi giorni i colloqui a oltranza a New York avevano alimentato speranze, soprattutto sui mercati argentini, che un compromesso fosse a portata di mano in extremis. Cosi' non e' stato. "Era una situazione di estorsione", ha incalzato Kicillof. Agli hedge la delegazione di Buenos Aires avrebbe presentato ancora una volta gli stessi termini gia' offerti in precedenza e accettati dal 90% degli investitori sul vecchio debito argentino.

Un passo indietro per chiarire: nel 2001-2002 Buenos Aires dichiaro' default su quasi cento miliardi di dollari di debito estero, scatenando terremoti sull'economia domestica e sui mercati globali. Nel 2005 e 2010 orchestro' una ristrutturazione del debito con perdite fino al 70% per gli invertitori. Il 7% di questi non accetto' e tra loro anzitutto due hedge americani, NML Capital di Paul Singer e Aurelius, specializzati nel comprare a basso prezzo debito in crisi. Sono proprio loro che hanno deciso di sfidare nei tribunali americani l'Argentina, chiedendo il pagamento per intero del valore dei loro bond, pari a 1,3 miliardi oggi saliti a 1,5 miliardi con gli interessi. La magistratura americana, fino alla Corte Suprema, ha dato loro ragione, in sentenze controverse perche' intervengono su porzioni in dollari del debito sovrano di un altro paese.

Buenos Aires, in anni di polemiche e battaglie, ha anche sostenuto di essere nell'impossibilita' materiale e legale di raggiungere rapidamente un nuovo accordo con gli hedge. Questo a suo avviso farebbe scattare una clausola contenuta nelle intese gia' raggiunte con i creditori chiamata RUFO, Rights Upon Future Offering, che fino al 2015 consentirebbe loro di pretendere i nuovi termini piu' generosi. Una clausola, cioe', che costerebbe 15 miliardi di dollari. Ma il giudice ha respinto le obiezioni. E il default potrebbe esporre adesso il paese a un'altra procedura, definita "acceleration clause", nella quale i creditori possono richiedere il pagamento immediato e completo di quanto loro dovuto: un conto da almeno 29 miliardi che svuoterebbe le casse della Banca centrale di Buenos Aires.

Neppure soluzioni ideate in extremis, anzitutto una proposta perorata dall'associazione delle banche argentine, hanno avuto esito, ma potrebbero ancora essere resuscitate. Le banche di Buenos Aires hanno ipotizzato di farsi carico loro dei pagamenti agli hedge, per poi essere risarcite dal governo. E hanno offerto di finanziare un fondo di garanzia da 250 milioni di dollari a favore dei fondi ribelli come gesto di fiducia. Per il momento, pero', l'Argentina salira' nuovamente agli onori della cronaca sui mercati per un default dalle incerte e pericolose conseguenze.

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