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Questo articolo è stato pubblicato il 31 luglio 2014 alle ore 07:26.
L'ultima modifica è del 31 luglio 2014 alle ore 11:27.

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Possibile? Potrebbe capitare anche in Italia un balzo del 4% del Pil come è successo all'economia americana a fronte di una caduta del 2,1% nel primo trimestre? La risposta è no. Nell'Italia di oggi non potrà mai esserci da un trimestre all'altro un rimbalzo pari a 6 punti percentuali del Pil da quel poverissimo 0,3% di crescita media, la stima più recente del Fondo Monetario. Questo perché l'America rispetto a noi ha due vantaggi.

Il primo è quello di poter introdurre aggiustamenti immediati all'innovazione e tempi di azione reazione generalmente rapidissimi anche dal punto di vista della macchina burocratica. Il secondo: non ha una Germania sopra la testa che impone altre rigidità, questa volta fiscali, irrinunciabili per il Cancelliere Angela Merkel.
Il dato di ieri per il secondo trimestre 2014 risponde anche a chi sbertucciava profezie disastrose: «Problemi strutturali, non climatici - dicevano i bene informati riferendosi alla flessione americana - il freddo? Una scusa». Invece l'inverno americano è finito davvero: possiamo generalmente attribuire la forte crescita al bel tempo, all'estate (comunque più fredda del normale, un po' come in Italia) e alla mancanza di quel Polar Vortex che nei primi mesi del 2014 ha messo in ginocchio l'economia del Paese.
Ma un marcato passaggio climatico non basta da solo a spiegare un balzo che nelle ultime settimane quasi nessuno anticipava così forte. Alcuni dei numeri chiave impliciti nel dato di ieri portano una doppia lezione per l'Europa e per l'Italia disperatamente in cerca di aumenti del Pil. Cominciamo dai consumi, che hanno fatto la parte del leone, con un aumento medio del 2,5% per il trimestre. L'aumento è una diretta conseguenza del miglioramento dell'occupazione. Stimolare la crescita puntando a disavanzo di bilancio superiore a livelli di guardia nel breve termine funziona. Lo stimolo incoraggia l'occupazione e l'aumento dell'occupazione, finora per 9 milioni di posti di lavoro, genera un ciclo virtuoso che aiuta sia i consumi che il disavanzo pubblico grazie a un forte aumento degli introiti fiscali. Ma in questo secondo trimestre sono anche aumentate le scorte di magazzino a un ritmo di 93,4 miliardi di dollari e sono aumentati gli investimenti, addirittura del 5,9%, due indicatori "leading" che esprimono fiducia nel futuro.

Aggiungiamo un tasso di inflazione attorno al 2%, in aumento, ma pur sempre all'interno dei parametri prestabiliti, per poter concludere che pur in questa situazione probabilmente, nelle sue attese riunioni di martedì, la Fed resterà neutrale.
Ma il momento della svolta in materia di politica monetaria si avvicina. Finito il "tapering" - la riduzione degli acquisti straordinari sul mercato dei titoli obbligazionari - la Fed dovrà riflettere sui tempi per introdurre un aumento dei tassi a breve. A meno di un rimbalzo forte dell'inflazione o di alcune componenti dell'occupazione (partecipazione alla forza lavoro), ci sarà tempo fino alla prima metà dell'anno prossimo. E non c'è dubbio che il mercato reagirà preoccupato alle prime avvisaglie di stretta. Ma la Fed di Janet Yellen, grande esperta dell'interazione statistica dei dati macroeconomici, punta su un altro scenario, quello dell'"atterraggio morbido": con i dati di ieri su consumi e investimenti per la Banca Centrale americana, e contro ogni scommessa, l'ipotesi diventa possibile. E se non fosse? Sempre meglio preoccuparsi di come atterrare bene piuttosto che di un decollo impossibile. Come succede in Europa e in Italia, in ritardo di almeno 5 anni sui ritmi americani.

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