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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 07:36.
L'ultima modifica è del 08 agosto 2014 alle ore 07:42.

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Non è bastato "bagaglio selvaggio". Come in altre tristi stagioni alcuni dipendenti Alitalia sembrano orientati a "marcare visita" in massa nel giorno della firma dell'accordo storico che potenzia Fiumicino, salva loro il posto di lavoro e garantisce, forse per la prima volta, una vera strategia industriale di lungo periodo. La vigliaccheria di "certificato selvaggio" contro la razionalità di un piano credibile.

Un atto di follia last minute. Troppa disinvoltura a immaginarsi come una scolaresca goliardica e indisciplinata, troppa superficialità a pensarsi come categoria di ottimati da anni 70, quando il mercato è arrivato alle low cost e ha distrutto – per fortuna – i santuari delle corporazioni aprendo spazi impensabili per nuovi clienti. Il sindacato deve affrettarsi a far cambiare rotta a questi scriteriati: non deve restare da solo Raffaele Bonanni nel condannare queste forme di protesta. Se hanno vera capacità di leadership anche Cgil e Uil devono dissociarsi.

La codardia è l'arma agitata da questi irresponsabili. Non c'è giustificazione: l'accordo salva la compagnia, ha ridotto sensibilmente il numero degli esuberi, prospetta ivestimenti cospicui. È probabile, come accaduto in altre stagioni, che sia difficile perseguire, al di là delle minacce, questi atteggiamenti. Formalismo e giuridicismo sono le sbarre più forti a difesa di un Paese malato.

L'Authority per gli scioperi ha fatto bene a lanciare l'allarme, si spera che i medici aumentino la vigilanza nel concedere le esenzioni. La levata di scudi immediata della Fimmg non fa ben sperare. Ha rimandato subito la palla alle visite fiscali dell'Inps, ben sapendo che servirebbero migliaia di medici fiscali che non ci sono. Resta il fatto che è, come minimo, autolesionista questa strada del peggiore corporativismo cieco e sordo. Se salta l'intesa con Etihad, obiettivo di questi facinorosi, non c'è un altro futuro migliore per l'Alitalia. C'è l'alta velocità ferroviaria sulla Roma Milano e le altre compagnie per le tratte europee e intercontinentali. Insomma, l'uscita di scena.

Un disastro per l'immagine di un Paese in cerca di una via per la ripresa della sua economia, che cerca capitali esteri per salvare il salvabile, che ha bisogno di flessibilità e di pochi ostacoli per consentire alle energie migliori di dispiegare ogni loro effetto. Questa bassezza del marcare visita è retaggio dell'Italietta del "tengo famiglia", miope, egoista e piagnona. Che ha i minuti contati. Purtroppo, però, quel count down ci riguarda tutti.

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