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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2014 alle ore 07:05.
L'ultima modifica è del 12 agosto 2014 alle ore 07:13.
Moody's vede nero: Pil italiano 2014 a -0,1% (come JP Morgan). Ma vede anche uno spiraglio di luce: il debito/Pil toccherà il punto massimo quest'anno, dal 2015 calerà. Chi investe nelle società quotate italiane, in high yield bonds, nell'economia reale e nelle Pmi, con M&A e private equity, è molto influenzato dal Pil e la recessione "tecnica" dell'Italia ha suonato un primo campanello d'allarme. Chi investe in BTp, chi sottoscrive in asta ogni anno qualcosa come 450 miliardi di titoli di Stato italiani e fa acquisti netti sul secondario, oltre a guardare il Pil monitora il rapporto debito/Pil.
Il creditore ha continuamente bisogno di essere tranquillizzato, di confidare nella capacità del debitore di generare ricchezza per ripagare il debito e interessi, puntualmente e integralmente. Le agenzie di rating misurano questa capacità assieme alla volontà politica. Nel caso di uno Stato debitore, le entrate fiscali (senza aumenti imposti per legge) si riducono con la recessione, salgono con la crescita: se il Pil cala, i creditori si rassicurano se c'è avanzo primario (quando lo Stato spende meno di quello che "guadagna", al netto della spesa per interessi sul debito). I creditori di uno Stato molto indebitato, come l'Italia, si rasserenano quando si punta al pareggio di bilancio, all'azzeramento del deficit. E si consolano convincendosi che le dimensioni di un debito monstre scenderanno con privatizzazioni e dismissioni immobiliari.
«Prevediamo che il debito/Pil italiano toccherà il picco quest'anno (136,4% ndr.) per poi calare lievemente nel 2015 (135,8%)», conferma Sarah Carlson, vice president senior credit officer di Moody's. Il Pil italiano nel 2015, è il consensus, tornerà positivo. «Prevediamo anche che l'avanzo primario dell'Italia resterà stabile al 2,3% quest'anno e nel 2015, non aumenterà ma resterà stabile e questo è positivo per la dinamica del debito. L'impatto della minore spesa per interessi su un solo anno invece è di piccolo conto rispetto agli altri fattori che incidono sulla dinamiche del debito/Pil italiano», aggiunge Carlson.
Ma quali sono queste dinamiche? Il debito aumenta in primis per il fabbisogno, l'equivalente di "cassa" dell'indebitamento netto (deficit) al quale si aggiunge la quota italiana degli Efsf bond e gli aiuti italiani bilaterali alla Grecia; i pagamenti dei debiti pregressi PA; gli esborsi per acquisizione di attività finanziarie (Monti-bond o Tremonti-bond). Il debito sale per effetto dell'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (depositi presso la Banca d'Italia e impieghi presso le banche, un totale che lo scorso giugno ha raggiunto a quota 100 miliardi). Il debito pubblico invece cala quando la disponibilità liquida e gli incassi da privatizzazioni e dismissioni vengono usati per rimborsare i titoli di Stato, quando i Monti bond vengono ripagati. L'emissione di titoli di Stato sopra la pari contiene l'aumento del debito a parità di fabbisogno. Il debito pubblico scenderà quando gli Efsf bond saranno rimborsati. L'avanzo primario migliora la dinamica del debito pubblico come il calo della spesa per interessi, sebbene quest'ultima risenta delle dimensioni, della composizione (titoli a tasso fisso o variabile) e della vita media del debito. E pesa la sensibilità alle variabili macro (Pil e inflazione).
La recessione "tecnica" e il rischio di un Pil 2014 negativo gelano i mercati. Un debito/Pil che, contro il consensus, sale nel 2015 li manderebbe in tilt.
isabella.bufacchi@ilsole24ore.com
@isa_bufacchi
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